Gli allievi del Pestalozzi allo Sherbeth: quando la scuola si fa (a) lavoro
Data: Martedì, 15 ottobre 2019 ore 07:30:00 CEST
Argomento: Istituzioni Scolastiche


Apprendere attraverso l’esperienza: allo Sherbeth, festival internazionale del gelato artigianale, la scuola incontra il mondo del lavoro. Protagonisti 15 allieve e allievi del Pestalozzi, l’Istituto Omnicomprensivo catanese che vanta, tra i diversi ordini, un nuovo e vivace istituto professionale, settore dei servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera. Da giovedì 26 a domenica 29 settembre, gli studenti del Pestalozzi, settori accoglienza turistica e sala e vendita, insieme ai colleghi del Wojtyla, sono stati l’anima del festival: hanno accolto alla Villa Bellini i numerosissimi visitatori dello Sherbeth, la cui XI edizione, tutta catanese, ha riscosso un enorme successo. Merito indubbiamente anche degli studenti che, in ciascuno dei 50 chioschetti che coloravano la Villa, hanno messo brillantemente il “sapere” al servizio del “saper fare” e “saper essere”, alla scuola dei maestri gelatieri, oltre che dei loro docenti curriculari.

Turni da veri professionisti: per 8 ore al giorno, tra briefing e servizio, instancabili, sempre sorridenti e con grande professionalità, hanno raccontato la creazione del maestro gelatiere la cui opera era loro affidata, hanno raccolto, palmare alla mano, l’ordinazione e servito alcuni tra i gelati più fantasiosi e invitanti mai degustati. Dal semplice, profumato e rinfrescante “limone e salvia”, servito da R. insieme al primo sorriso accogliente della fila dei chioschetti, al non facilmente dimenticabile gelato “ricotta mustìa e bolle affumicate”, brillantemente raccontato dallo splendido G. nel suo essere audace trasposizione, matrimonio inaudito, di due elementi della tradizione: la ricotta dolce e la ricotta infornata.  A far sgranare gli occhi e stupire le papille anche il pallore del profumatissimo “Aires De Los Andes”, il cui gusto fiorito era sapientemente proposto. Degni di nota lo stand del giapponesissimo “gelato Yomoghi alla stracciatella” che, molto frequentato da turisti stranieri, ha messo alla prova l’inglese degli studenti e lo stand del tradizionale e sempre apprezzatissimo “gelato al Pistacchio di Bronte” che, con le sue file interminabili, ha messo a permesso di mettere in gioco l’impeccabile professionalità, manualità, resistenza e gestione della fatica dei ragazzi.

Che cosa hai imparato allo Sherbeth?”, abbiamo chiesto alla nostra G., III anno. “Che il relazionarsi con le diverse e varie personalità dei clienti, accogliere tutte le loro richieste, richiede diplomazia e professionalità; che per servire un bel gelato occorre sviluppare una buona manualità, e quando accade, l’espressione soddisfatta sul viso del cliente è quanto di più gratificante si possa immaginare. Inoltre ho capito che a volte, l’innovazione nella tradizione, non è affatto una cattiva cosa”.

Che rapporto c’è tra la scuola e il lavoro e che cosa pensi dell’alternanza?”. “La scuola può e deve darti le basi per la tua professionalità, far apprendere le tecniche del servizio in sala, far imparare come ci si relaziona con il pubblico, ma la vera prova del nove è quando puoi relazionarti con un cliente vero. Allora impari che per comprendere e accogliere le esigenze più svariate, e venire incontro a tutti con pazienza, devi mettere in gioco tutta la tua serietà. Sul posto di lavoro dimostri che sei competente, mostri quella maturità che occasionalmente, a scuola, fai venir meno. Questo dimostra che noi ragazzi siamo capaci di dare il 100%. Per dirla in breve: la scuola dà le basi che nel lavoro sul campo mettiamo in pratica. Il lavoro completa e fortifica l’apprendimento. Per tutte queste ragioni l’alternanza scuola lavoro è importante per uno studente. Ci permette di maturare, ci aiuta nella “crescita mentale”, oltre che professionale, e ci proietta nel vero mondo del lavoro.

Infine, la nostra ultima domanda: “che cosa ha permesso, a una studentessa non ancora abituata ai ritmi di lavoro di un professionista, di lavorare per 8 ore con una brevissima pausa per la cena, e di non perdere mai il sorriso?” “Sapevo che mi veniva offerta l’opportunità di fare un’esperienza nuova nel modo in cui in futuro lavorerò. Lo desideravo molto, ho potuto fare pratica e sono entrata in contatto con clienti veri, che mi hanno trasmesso il desiderio di dare il meglio: avevo voglia di imparare il più possibile dal punto di vista pratico. Inoltre, il fatto che la mia “bravura” venisse riconosciuta dalla gente, e che la mia competenza in quei giorni si sia perfezionata molto, è stato ancora più motivante.

prof.ssa Marianna Nicotra





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