L’Elogio della Biodiversità
Data: Venerdì, 19 aprile 2019 ore 09:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Ho conosciuto una storia, tanto tempo fa. L’ho appresa in una città lontanissima, in un tempo indefinito, quasi alla fine del mondo. Me l’ha narrata un amico che l’aveva sentita da un altro, e poi da un altro ancora… Un Uomo soleva girare per le vie del mondo a piedi, percorreva, ogni giorno, chilometri e chilometri, senza stancarsi, senza mai lamentarsi, anzi, esultava, si rallegrava a “girovagare”, ad incontrare tante persone ed a parlare con tutti; amava, soprattutto, visitare i villaggi, i paesini di montagna, le periferie delle città, dove c’erano i “piccoli”, la “gente vera”, come diceva lui.
Si fermava un giorno, a volte due, il tempo giusto di conoscere e di farsi riconoscere, di raccontare, dialogare con tutti, parlare con i poveri, visitare gli infermi, intrattenersi con i bambini; mangiava poco, dove capitava, dove veniva invitato, poi ripartiva, per altri luoghi, altri paesi, altre genti. Di notte dormiva dove poteva, in una capanna, in un rifugio, in una grotta, non dava molta importanza al luogo. Non temeva il freddo, né i ladri. Ripeteva spesso: “Osservate gli uccelli del cielo: essi non seminano, non mietono e non raccolgono in granai; eppure il Padre li nutre”.

Si, proprio così! Faceva strani discorsi quell’Uomo, raccontava storie, aneddoti, “parabole”, così li chiamava, qualcuno sosteneva persino che faceva dei miracoli. E le persone accorrevano sempre più numerose, appena si spargeva la voce del suo arrivo in un paese, la gente correva, faceva la fila per vederlo, per udirlo, per toccarlo. Ascoltavano i suoi discorsi con attenzione, in silenzio, seguivano i suoi ragionamenti, anche se spesso nessuno riusciva a comprenderli fino in fondo.

Avveniva sempre così, la solita storia, si fermava un poco e poi all’improvviso, così com’era venuto ripartiva, senza lasciare traccia, senza dire dove andava, lasciando il ricordo delle sue parole e del suo sguardo. A dire il vero, lo seguivano sempre un gruppo di giovani, una dozzina d’uomini “da lui scelti, da lui chiamati”, che non lo lasciavano mai, dovunque andava, erano sempre appresso a lui. Erano persone comuni, gente semplice, alcuni tra loro erano fratelli, quasi tutti pescatori, c’era persino un ex esattore delle imposte. Lo chiamavano “Maestro”, e lui li chiamava “fratelli”.

Ricordo che una volta quell’Uomo, seduto su una vecchia panca di legno, posta nella piazza principale del paese, attorniato dal suo solito gruppo e da una piccola folla di paesani e di curiosi, che avendo saputo della sua presenza s’erano precipitati per ascoltarlo, raccontò una storia strana, bizzarra, che a noi risultò oscura, incomprensibile. “Un mattino, un padrone di casa uscì ad ingaggiare operai per la sua vigna. Si accordò con gli operai per un denaro al giorno e li mando nella sua vigna. Uscito verso mezzogiorno, trovò altri che stavano nella piazza inoperosi, e disse loro: “andate anche voi nella mia vigna e vi darò la giusta ricompensa”. Di nuovo uscì verso le tre, e poi verso le sei e fece lo stesso con altri operai. Uscì poi quasi all’imbrunire e vide altre persone e disse loro: “Perché state qua tutto il giorno senza fare nulla?” E loro gli risposero: “Perché non abbiamo trovato lavoro”. “Andate anche voi nella vigna”.

Alla sera il padrone disse al suo fattore: “Chiama gli operai e dà loro la paga, cominciando dall’ultimo, fino al primo”. Tutti gli operai ricevettero un denaro ciascuno. Tanto che i primi cominciarono a protestare: “Quest’ultimi hanno lavorato per un’ora sola e tu li paghi come noi che abbiamo sopportato il peso e il caldo dell’intera giornata!?”. Ma quell’Uomo gli disse: “Amico, stamattina con te abbiamo fatto un accordo! Prendi il tuo denaro e vattene! Agli altri voglio dare quanto ho dato a te! Forse non sono libero di decidere cosa fare dei miei soldi!? O forse sei invidioso per il mio comportamento!? Per me gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi!”.

Cosa voleva dire l’Uomo con quel discorso? Che significato aveva? A chi si rivolgeva?
Adesso, dopo tanti anni, ricordando quelle parole, forse ho capito cosa voleva dire il Maestro.
Il valore della libertà, della gratuità, del dono. Ogni uomo vale per ciò che è, per ciò che dà, per ciò che fa. Senza badare alla quantità, senza pensare alla misura, senza guardare la somma. Ogni uomo dà quel che può, poi ci sarà qualcuno che saprà valutare il “lavoro” svolto; qualcuno che “giudicherà” con saggezza, senza guardare il conto. Il dono non accetta nessuna regola, ha un valore “in sé e per sé”, senza condizionamenti, senza vincoli. Anzi di più: il dono è l’unico maniera per “regolare i conti”, il miglior modo possibile per costruire un nuovo mondo.

E poi il valore del tempo e del lavoro. Non è importante il tempo impiegato, l’apporto dato, come si è dato, e quanto si è dato. L’importante è che si dà, che si è, che si fa. Importante è dare. Con impegno, con sacrificio, con passione, con il cuore. Dare sempre. Ogni uomo è diverso dall’altro. Ognuno ha proprie qualità, dei  “talenti” unici e irripetibili. Ma tutti ugualmente importanti. Dal primo all’ultimo, dal più piccolo al più grande. Non siamo noi a “sceglierci” i talenti giusti, tutto ci viene donato, con gratuità e generosità. A noi compete solo di “mettere a frutto” i talenti ricevuti, dare “corpo” alle nostre capacità, valorizzarle, darle un senso, indipendentemente dal risultato e dalla produzione. Tutto sarà “valutato” in egual misura, equamente, secondo giustizia.

E’ il valore grande della diversità di ogni uomo, la bellezza di essere diversi, la grandezza della biodiversità. E’ la metafora della vita. A nessuno è dato sapere il tempo concesso sulla terra, non lo conosciamo, non dipende da noi; ma ognuno, per il proprio tempo, deve compiere fino in fondo il proprio dovere, ciascuno deve fare la “sua parte”, questo dipende da noi. Non importano gli anni, importa la vita, importa il “lavoro svolto”. Da questo saremo “giudicati”.
Questo è il messaggio del Maestro. Il significato del suo discorso.

Poi smise di parlare, e senza aggiungere nient’altro, salutò con lo sguardo la moltitudine di gente che s’era radunata attorno a lui, si alzò e andò via. I suoi “apostoli” lo seguirono. Un uomo, in mezzo alla folla, lo chiamò a gran voce: “Maestro, rimani ancora un po’ con noi”. Lui si voltò, sorrise, e poi scomparve.

Angelo Battiato





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