Viva la nostalgia
Data: Mercoledì, 13 marzo 2019 ore 09:30:00 CET
Argomento: Redazione


Non è un caso se il romanzo, oggi, è diviso tra visioni distopiche (il futuro come inevitabile apocalisse, il trionfo della tecnologia come controllo tirannico e soppressione delle libertà, l'omologazione come trionfo della mediocrità acritica) e nostalgie regressive (ritorni alla terra, saghe familiari, arcadie contadine e utopie libertarie). Escludo, ovviamente, i romanzi intimisti, che non mi interessano, e l'inflazione di gialli da consumo. Nei romanzi di qualche interesse il presente è schiacciato tra quel futuro da temere e quel passato da rimpiangere: letteratura a favore della "decrescita"?

Può anche darsi, o più semplicemente, ancora una volta, è il romanzo e non le scienze sociali o peggio la politica a metterci sulla strada della verità. Che poi, per chiunque ragioni libero da interessi e pregiudizi, è ovvia: siamo sull'orlo dell'abisso, con una terra devastata, interi continenti sfruttati e affamati, ceti dirigenti inconsapevoli o incapaci se non corrotti e malavitosi, un Potere anonimo e astratto mai così dispotico e tuttavia inattaccabile, un post-capitalismo finanziario rapace avventuriero e discriminatorio che ci fa rimpiangere i "padroni delle ferriere", una tecnologia spersonalizzante e illiberale, l'agonia nelle scuole nelle università nei media e nell'editoria del pensiero critico.

E allora via alla nostalgia, sdoganiamola, non per favoleggiare di paradisi perduti ma per capire ciò che per via abbiamo perso, che va recuperato a costo di fare molti passi indietro, e di azzerare la tronfia hybris di un Io collettivo possessivo e ossessivo che spaccia per "progresso" il successo e la sopraffazione, il dominio e la disuguaglianza. E giacché ci siamo, sdoganiamo pure il "populismo", pensando non tanto ai sedicenti populismi nostrani marpioni e cialtroni, ma a quell'ondata di giovani puri, eredi dei Vangeli, che nella Russia dell'Ottocento si misero al servizio del popolo, ne condivisero gli stenti e le speranze, non per imporre loro ideologie strategie leadership e rivoluzioni illiberali ma per rinascere insieme a loro, liberi e uguali, in un mondo liberato dal profitto e dal bisogno, dal potere e dalla povertà, dall'ignoranza e dalla violenza.

E allora, che il romanzo ci dica dei nutrimenti terrestri, dell'avvicendarsi della luce e della tenebra, del mistero dell'esistere, delle lucciole e dei mendicanti, degli angeli sprigionati dal sonno della Ragione.

Antonio Di Grado





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