Se e come è possibile andare oltre l'aula. Riflessioni a margine dell’alternanza
Data: Sabato, 01 dicembre 2018 ore 18:00:00 CET
Argomento: Redazione


La crisi della forma scuola,come si è venuta a costituire a partire dal XVII secolo, induce a oltrepassare lo spazio paradigmatico dell'aula come luogo identitario dei processi formativi e a rimettere in discussione i dispositivi metodologici che vi fanno ancora riferimento; induce a misurarsi con le dimensioni dell'attività, della contestualità, della ricerca di significato. Induce a misurarsi con le pratiche sociali più diffuse, con i problemi emergenti nella società. Questa esigenza, forte e imprescindibile per alcuni aspetti negli indirizzi tecnici e professionali, ma presente anche nei licei e negli altri ordini di scuola, si deve confrontare col problema costituito dal fatto che l'aula può essere oltrepassata,ma non cancellata. Con qualsivoglia impostazione didattica delle attività formative arriva sempre il momento in cui vi si deve ritornare per fare il punto, tracciare una linea e tirare le somme.

Nella formazione tecnica e professionale ancora non si riesce a eliminare la separazione fra il tempo dell'apprendimento e quello della pratica effettiva, perchè anche nelle stesse attività pratiche, se qualcosa deve essere seriamente e solidamente appreso,si deve restare dentro la logica della formazione "curriculare".
L'inserimento di un sistema di pratiche, come quelle del'alternanza, del tirocinio e dello stage, nel curriculum equivale alla sua collocazione in un "discorso". Alla parola organicamente compresa nell'azione si aggiunge la parola che la trascende, la descrive e la controlla. Una parola "scritturale" secondo Rey.

In questo modo il saper fare personale carismatico e ineffabile può essere sostituito da una tecnica codificata con cui si espone la sequenza necessaria per realizzare un determinato fine; in questo modo le pratiche possono essere trasmesse in modo didattico, in modo esplicito e secondo un ordine sistematico.
L'inserimento in un curricolo di un sistema di pratiche conduce necessariamente ad un'operazione di teorizzazione, la cui validità dipende dalla coerenza interna del discorso con cui viene formulata e dalla sua adeguatezza alla realtà di riferimento. Con la teorizzazione si creano le condizioni per la trasferibilità e la generalizzazione dei saperi pratici, che di per sè sono locali, contestuali, singolari.

Per essere insegnabile una pratica e oggetto di apprendimento deve essere ricostruita nella sua identità e struttura, nella sua ragione d'essere; deve entrare nella logica del discorso e del "testo". E' insegnabile ciò di cui si ha scienza. L'esperienza in quanto tale non è generatrice di competenze e lo sapevano bene anche gli antichi greci che distinguevamo tra empeiria e technè. Aristotile affermava "L'esperienza, poi, sembra alquanto simile alla scienza e all'arte". Ma "non c'è esperienza senza categorizzazione e sistematizzazione dei dati in una sintassi di concetti" (J. Bruner). "Le esperienze possono essere vivide e interessanti, ma la loro incoerenza e la mancanza di coordinamento può dar luogo ad abiti dispersivi, disintegrati e centrifughi" (J. Dewey).

Non ogni esperienza, quindi, genera apprendimento, anche se ogni apprendimento si radica in un'esperienza ed è un'esperienza. Per fare dell'esperienza un apprendimento bisogna problematizzarla,reinterpretarla con un dispositivo di aspettative e di criteri; riconsiderarla attraverso le concezioni apprese per darle un significato e per potere affrontare nuove esperienze.
La via che porta dal concreto all'astratto è tanto impegnativa e incerta quanto quella che porta dall'astratto al concreto e forse è impossibile apprendere saperi complessi d'alto livello solo attraverso la pratica, dimenticando l'aula...

Il ricorso all'esperienza e alle pratiche sociali deve essere considerato come una sollecitazione a creare le migliori condizioni per un apprendimento sociale, riflessivo, situato, contiguo con con altri processi della vita quotidiana e ben soccorrono per questo percorso lo stage formativo e l'alternanza scuola-lavoro, patrimonio acquisito nella formazione professionale e a scuola stessa.
E' ormai assodato che ci debba essere una forma di alternanza, meglio ancora una circolarità tra il tempo in cui si va avanti con l'assimilazione delle conoscenze e un altro in cui ci si esercita a mobilizzarle in specifiche attività laboratoriali o di lavoro: tempi significativi, adatti per una metodologia che non deve avere fretta.

Con il dovuto rigore l'esperienza può essere punto di partenza e anche un punto d'arrivo. Questo genere di metodologia necessita, però, di strumenti e di risorse; necessita di un'organizzazione rigorosa e di competenze elevate del docente in termini di controllo, di conoscenze didattiche e di tecniche di lavoro.
Partire dal mondo reale, predisporre percorsi di apprendimento complessi e sfidanti, promuovere il ruolo attivo e costruttivo dello studente, sviluppare il senso e l'uso possibile degli apprendimenti senza renderli utilitari, apprendere attraverso attività laboratoriali, promuovere l'apprendimento sociale e l'atteggiamento riflessivo sono le giuste proposte per emancipare il processo formativo dalla tirannia della routine e renderlo vivido e interessante, motivante per chi apprende.
Una strada, forse quella giusta, perchè gli alunni abbiano una testa ben fatta e non una testa piena (Montaigne e Morin).

Raimondo Giunta





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