Un dubbio iperbolico
Data: Lunedì, 19 novembre 2018 ore 18:00:00 CET Argomento: Redazione
Giorno otto dicembre dell’anno scorso è stato pubblicato
su Aetnanet un
mio contributo dal titolo All’angolo!
In quel lavoro evidenziavo le difficoltà e le incongruenze che sorgono
con l’introduzione della nozione di angolo come“parte di piano”,
argomentandole, a mio avviso, puntualmente. Tra esse alcune non
marginali:
- La somma di angoli ha senso solo per angoli “non troppo grandi”,
quindi non si può parlare di multiplo di un angolo e, conseguentemente,
di una sua misura.
- Date due semirette qualunque di origine comune, la somma dei due
angoli da esse individuate non ha senso perché essi non sono
consecutivi avendo in comune due lati, e non uno solo.
- L’angolo giro non dovrebbe esistere.
- La somma degli angoli interni di un poligono di n lati non può essere
n-2 angoli piatti perché, pur ammettendo l’angolo giro e che questi sia
tutto il piano, non può esistere un sottoinsieme del piano che contiene
in senso stretto il piano stesso.
- Non si può dimostrare che: in ogni quadrilatero convesso inscritto in
una circonferenza gli angoli opposti sono supplementari.
Già alcuni matematici: Clairaut (1741), Hilbert, Veronese, Prodi, hanno
espresso, invano, riserve di
carattere generale; e le mie, molto più modeste,sono esposte
nell’articolo citato, che è stato pubblicato anche sull’importante sito
di matematica Matematicamente.it. Precisamente sotto la voce:
Didattica
Articoli e risorse di didattica della
matematica: programmazioni e idee per la matematica in classe.
In esso concludevo le mie riflessioni critiche chiedendo se non era
opportuno sostituire la definizione di angolo come parte di piano con
la nozione moderna di rotazione, come aveva già proposto il Choquet già
nel Congresso internazionale di Royamont sull’insegnamento della
matematica nel 1959 e puntualizzato ne L’insegnamento della geometria del 1964.
Suggerivo di prendere le mosse, dal punto di vista didattico, dal
concetto intuitivo che abbiamo di rotazione, per passare gradualmente a
quello di trasformazione del piano.
Guardando sul sito ho riscontrato che a tutt’oggi l’articolo è stato
letto, almeno nel riassunto,
che ne chiarisce lo scopo, da 748 colleghi. E mi sono chiesto come mai
ancora non ho ricevuto alcun commento sulla consistenza o
sull’infondatezza delle mie osservazioni critiche.
La prima risposta che mi è venuta in mente è che il lavoro fosse una
tale congerie di strafalcioni da non meritare riscontro alcuno. Però,
mi sono anche detto che, se fosse stato così, non credo che avrebbero
pubblicato il mio lavoro.
Poi ho pensato di essere stato poco chiaro. Ma, anche per ciò, ho
ritenuto che, in parte, poteva valere la considerazione precedente:
come mai nella risposta al mio intervento il direttore del sito non ne
abbia fatto alcun cenno. E comunque avrei gradito che qualcuno mi
avesse indicato, con argomentazioni motivate, gli eventuali errori.
Infine mi è venuto il dubbio iperbolico, che esporrò subito dopo avere
ricordato quanto si verifica – e si è in genere verificato - nella
riunione di dipartimento di inizio d’anno. Raramente si concorda un
programma comune di matematica dal primo al quinto anno, anche tenendo
conto delle esigenze dei colleghi di fisica che utilizzano da subito
equazioni e grafici: ognuno si chiude di solito nella propria Turris eburnea.
Ecco allora il mio dubbio iperbolico.
Non è allora che noi insegnanti di matematica siamo un pò refrattaria
rimetterci in discussione, ad ampliare la sicura nicchia culturale e
metodologico-didattica che ci siamo costruiti? E questo anche in
conseguenza dei tanti adempimenti burocratici e dei troppi progetti a pioggia, che i dirigenti
dànno, spesso come una mancia, e non hanno in genere alcuna verifica
della loro ricaduta sulla formazione civile e culturale degli studenti?
Una piccola digressione personale.
Ho partecipato a due incontri con un’icona della didattica, la
professoressa Emma Castelnuovo. Ho seguito inoltre diversi corsi
nazionali di aggiornamento tenuti dai i professori Chiellini, Vita,
Lombardo Radice, Mancini Proia, Prodi, Villani, Palma., ein ciascuno di
essi ho arricchito sia il mio bagaglio culturale sia la mia didattica, soprattutto in virtù degli scambi
di idee con i colleghi.
Chiedo allora se non sarebbe più valido, dal punto di vista pedagogico,
approntare un progetto di
revisione della nostra didattica, scambiandoci periodicamente le idee
per rendere più interessante e quindi più efficace il nostro
insegnamento.
Tornando al dubbio precedente, esso deriva anche dal fatto che i libri
di testo che noi scegliamo,
pur avendo ultimamente introdotto argomenti nuovi, li hanno
giustapposti a quelli precedenti senza modificare l’impianto
metodologico-didattico complessivo.
Merita qualche attenzione particolare la geometria, che viene trattata
alla fine come se fosse figlia di un Dio minore, mentre è una fonte
inesauribile di situazioni in cui applicare il tanto sbandierato Problem solving che, in effetti, è
ampiamente illustrato già nel Menone di Platone, in cui il grande
filosofo ne riporta un’attuazione di Socrate che guida uno schiavo
nella soluzione di un problema, ponendogli opportune domande.
Innanzitutto, nei due ultimi decenni, la geometria è stata, in genere, colpevolmente, molto
trascurata. Inoltre le isometrie vengono introdotte, en passant, dopo
avere peraltro trattato i criteri di congruenza dei triangoli: ma le
isometrie, le simmetrie in particolare, non solo sono ampiamente sostitutive di quelli, ma
consentono anche un accesso immediato, naturale ed efficace a proprietà
non banali. Infatti, dalla seconda metà degli anni settanta, con i
testi Il metodo matematico di
Lombardo Radice e Mancini Proia e La
matematica come scoperta di Prodi è stato proposto lo studio
della geometria con l’uso strutturale delle trasformazioni del piano,
in adesione al Programma di Erlangen
di Klein (1872), in cui il grande matematico propose – e la comunità
matematica fece proprio – che:
Una geometria è lo studio delle proprietà che rimangono invariate
quando si sottopone il piano (lo spazio) a un gruppo di trasformazioni.
Per quel che può valere la mia esperienza personale, dal 1977, ho
utilizzato Il metodo matematico di
Lombardo Radice e Mancini Proia – in cui l’assiomatica è all’inizio
sottointesa, e La matematica come
scoperta di Prodi, che usano l’assiomatica di Choquet.
Con questa, che presenta solo sette
assiomi invece dei ventuno di
Hilbert, ho potuto introdurre in
modo organico la geometria analitica, fino all’equazione della
retta, già al primo anno e svolgere al secondo la parabola e
interessanti problemi di programmazione lineare, legati all’economia,
che hanno coinvolto i giovani.
L’uso delle trasformazioni nella trattazione della geometria è
sostenuta, molto più autorevolmente dal prof. Villani, già Presidente
dell’Unione Matematica Italiana e dall’Ispettore Vita sulla rivista
Archimede.
Inoltre l’assiomatica di Choquet,
che utilizza le trasformazioni del piano:
- facilita il fusionismo fra geometria, algebra, teoria dei gruppi,
fisica;
- prospetta una strategia risolutiva con la ricerca di qualche
trasformazione – all’inizio in particolare la simmetria assiale – che
può indirizzare sia nella fase euristica sia in quella dimostrativa;
- consente d’introdurre subito la geometria analitica (poiché le
isometrie conservano le distanze, con la simmetria assiale si può
dimostrare immediatamente che: se due rette sono parallele la distanza
di ogni punto di una dall’altra è costante);
- propone l’identificazione fra traslazioni e vettori;
- permette dimostrazioni analitiche ( a esempio: ogni isometria è il
prodotto al più di tre simmetrie assiali);
- presenta un esempio di “prodotto” non commutativo (all’inizio quello
di isometrie).
Riguardo alla geometria è illuminante una riflessione di Prodi a
proposito della dimostrazione del teorema:
se un triangolo ha due angoli
congruenti, ha anche due lati congruenti.
«Cerco di convincere mio nipote della
bellezza del risultato, ma la dimostrazione che trovo sul libro di
testo del ragazzo mi disgusta: si prolungano i lati uguali, si fa
un’incastellatura orribile prima figura, poi si procede per differenza
di angoli(..)
Prodi prosegue poi:
La matematica deve, ovviamente,
conservare i suoi risultati fondamentali ma finisce spesso per prolungare certe
metodologie e certi abiti mentali al di là del loro limite naturale di
sopravvivenza».
(La dimostrazione cui si riferisce è quella riportata in molti libri di
testo che vanno per la maggiore, che è identica nella costruzione alla
Proposizione 5 del I Libro degli Elementi).
Con la simmetria assiale tutto è più spontaneo, semplice e motivato,
com’è evidente dalla seconda figura, perché un’isometria conserva
lunghezze dei segmenti e ampiezza degli angoli.
Un’ultima osservazione tratta da Orizzonte scuola 1917. «Nel problem solving gli studenti
italiani si trovano nella parte bassa della classifica OCSE»: c’è da
rifletterci.
Concludo questo mio intervento, il cui scopo è quello di sollecitare un
dibattito su metodologia e didattica,al fine di rendere più efficace la
nostra fatica quotidiana.
Sarò grato a chi voglia segnalare, con argomentazioni motivate,
eventuali errori nelle mie riflessioni critiche dell’articolo All’angolo!.
Alfio Grasso
grassoalfino@yahoo.it
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