'E l’uomo trae canti dai suoi fallimenti. E monumenti dalle sue rovine' (A.P.)
Data: Sabato, 10 novembre 2018 ore 07:00:00 CET
Argomento: Redazione


Oggi il mio pensiero va a quei giovani che 100 anni fa furono strappati alle loro famiglie e ai loro campi o alle loro povere botteghe per morire nel fango di una trincea, uccisi da altri giovani simili a loro in tutto fuorché nel colore della divisa o dai loro stessi ufficiali che così intendevano punire la loro presunta codardia e dare un feroce ammonimento ai loro commilitoni. Morirono e la sola "menzione d'onore" che ebbero li chiamava vili e codardi.

Quanti di essi furono presi prigionieri, furono considerati disertori dal comando supremo che, in piena sintonia con il governo, non volle alleviare la durezza della loro condizione con l'invio di generi di conforto che altri governi fecero avere ai loro soldati prigionieri per il tramite della Croce Rossa.

"I soldati devono temere lo stato di prigionieri più delle trincee", fu la logica perversa di chi li comandava. A questi ultimi, a chi ordinò la fucilazione per i codardi e addirittura la decimazione "per sorteggio" dei reparti poco propensi al combattimento sono dedicate vie e piazze.

A quei poveri fanti improvvisati, che morirono senza capire perché dovessero uccidere per non essere uccisi, quelli stessi che li mandarono al massacro innalzarono monumenti ai caduti, che sarebbe meglio definire monumenti all'ipocrisia.

Maurizio Ternullo





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