Grande cultura a Catania ... e prima di Adelson e Salvini, opera di esordio di Vincenzo Bellini, in scena al Teatro Massimo 'Bellini'
Data: Venerdì, 05 ottobre 2018 ore 17:00:00 CEST Argomento: Redazione
A
Catania nel corso dell'ultima settimana di settembre, tra il 21 e il
28 col leitmotiv in sottofondo delle interessanti iniziative
Wondertime, si è respirata, sotto il profilo culturale, aria fina di
alta montagna per merito delle maggiori istituzioni culturali
cittadine: l'università e il Teatro Massimo Bellini. Si è iniziato con
la due giorni "Il teatro di Bellini, spettacolo, prassi esecutiva,
multimedialità", organizzata da: Disum (Dipartimento Scienze
Umanistiche), Fondazione Bellini, Centro Documentazione Studi
Belliniani, e il Teatro Massimo "Bellini" che ha richiamato studiosi e
musicologi anche stranieri, invitati e coordinati dal comitato
scientifico (Fabrizio Dalla Seta, Maria Rosa De Luca, Graziella
Seminara), ospitati nel coro di notte del Monastero dei Benedettini,
poi al foyer del Teatro Massimo.
A seguire, domenica 23 la prima di Adelson e Salvini, per terminare il
venerdì successivo con "Sharper.it/Sharper Catania"/"Metro di
Scienza"/"I colori della Scienza" promosso da Laboratori Nazionali del
Sud, Università di Catania, Inaf, Ingv, Infn sezione di Catania, Centro
siciliano Fisica nucleare e Struttura della Materia, Cnr - Imm,
Fce-Metro e Officine Culturali, coinvolti oltre 20 partner cittadini.
Un evento che, dal pomeriggio di venerdì 28 fino a notte fonda, ha
richiamato in 17 luoghi della città migliaia di cittadini, bambini e
ragazzi.
Il mio inossidabile ottimismo mi faceva pregustare almeno un pezzo sul
"Domenica" del Sole24ore che, oltre tutto, si stampa a Catania; invece,
solo notizie sul quotidiano locale, seppur vergate dalla raffinata
penna illuminista di Sergio Sciacca ed altri, secondo il tradizionale
brand cronicistico de La Sicilia, per il resto suffuru (zolfo)!
conforme al consueto modello sabaudo per il quale Sud e Sicilia sono
solo da depauperare e denigrare, mai valorizzare.
L'Adelson e Salvini portata in scena dal Teatro Massimo "V. Bellini",
compendia e condensa oltre trent'anni di studi e ricerche
musicologiche ad altissimo livello e, per molti aspetti,
rappresenta una prima assoluta: si tratta del terzo step
dell'operazione culturale avviata due anni fa assieme alla Fondazione
Pergolesi Spontini di Jesi, eseguita in forma di concerto nel 2016 al
Barbican Center di Londra e poi, con scene costumi e regia teatrale, il
9 novembre al Teatro "Pergolesi" di Jesi.
Prima di addentrarci "sul pezzo" va dato merito a Casa Ricordi che nel
2001, bicentenario della nascita di Bellini, ha avviato il
progetto dell'Edizione critica delle opere del Cigno catanese;
iniziativa all'interno della quale, per dirla con Giuseppe Montemagno,
"Adelson e Salvini rappresenta forse il 'cantiere' più appassionante",
assegnato a Candida B. Mantica, la cui edizione richiede un periodo di
studio e preparazione "Non prevedibile".
Si tratta dell'opera di esordio di Vincenzo Bellini: la tesina di
diploma con la quale il nostro si licenziava dal Real Collegio di
Musica San Sebastiano di Napoli; "la riuscita di quest'opera - è
Bellini che scrive a Luigi Remondini (30 luglio 1831) - il Premio
destinato dal Re, che consistea nell'onore di scrivere un'opera nel
Real teatro di S. Carlo".
È impressionante l'impeto giovanile e la sicurezza nei propri mezzi, di
Bellini: lavora su un libretto già musicato da un autore di successo
(Valentino Fioravanti autore di oltre 80 opere) realizzando uno
spartito che lo oscura: affascinato dalla storia, prende il rischio del
confronto.
La trama, tratta dal romanzo breve di François Thomas Marie de Baculard
d'Arnaud (1772), intreccia sentimenti e valori elevati e bassi, sul
contrasto tra socialità e impulsi istintivi irrefrenabili che agitava
il pensiero filosofico di J. J. Rousseau.
Ultima nota: Bellini compose per il teatrino del conservatorio, per
un'esecuzione degli allievi: poiché all'epoca le donne non andavano in
scena, i ruoli femminili furono composti per voci di contralto
(castrati o controtenori); unico tenore Salvini; gli altri ruoli
maschili per voci di basso, a rimarcare il noir della storia.
Proprio gli intrighi della trama e il mestiere di Salvini hanno
suggerito al regista Roberto Recchia una scenografia giocata su
riproduzioni delle opere di William Etty, pittore inglese coevo di
Bellini, "che con la sua ossessione per il nudo e le tele sovente non
terminate ben traduce i tormenti folli di Salvini. Anche i costumi sono
stati pensati come emanazioni del pennello del pittore ottocentesco".
Una scelta cólta non del tutto comprensibile al grosso pubblico, che
Recchia ha condiviso con lo scenografo Benito Leonori e la costumista
Catherine Buyse Dian (assistenti: alla regia Alessandro Idonea, alle
scene Lodovico Gennaro, ai costumi Giovanna Giorgianni).
L'Adelson e Salvini andata in scena ha, quindi, un pregresso filologico
interessantissimo a cominciare dalla magnifica sinfonia ouverture
sconosciuta su questa partitura sino al 2001, nella quale già si
avverte la maturità del giovane compositore e la sua padronanza dei
mezzi espressivi e delle parti orchestrali. Le opere successive, dieci
in tutto, beneficeranno di contributi tratti da questa opera prima, la
cui partitura Bellini riprese più volte, rimaneggiandola: rispetto alla
prima versione in tre atti, addirittura, la ridusse in due con
un'anticipazione di modernità sorprendente.
Colpo d'ala del giovane compositore è il parlato, alla maniera del
dell'opera buffa settecentesca e dell'opéra comique francese, in lingua
partenopea, soprattutto quello del personaggio di Bonifacio che, come
acutamente rileva Montemagno, ripropone la maschera di Pulcinella,
"scaltro e sempre affamato me e prodigo di saggi consigli, tanto da
farlo diventare autentico deus ex machina di un gliuommero
apparentemente impossibile da dirimere".
Certo è singolare che un personaggio, Salvini, che tiene agli alti
valori dell'amicizia abbia nascosto le lettere che il suo amico e
protettore ha inviato alla sua promessa sposa che a sua volta, turbata,
interpreta male il suo silenzio epistolare, ma la lirica è stracolma di
incongruenze.
Cast, orchestra e coro sono stati all'altezza dell'operazione culturale
e musicale su un testo che ha pochi riferimenti di confronto. Su tutti
giganteggia la direzione e l'orchestrazione dell'esperto Fabrizio Maria
Carminati che ha letto il testo teatrale e musicale con appassionato,
sapiente, felice equilibrio che ha trasmesso a tutta la compagine.
Nei ruoli principali: le mezzosoprano José Maria Lo Monaco (Nelly),
Lorena Scarlata (Fanny) e Kamelia Kader (Madama Rivers); il
baritono Carmelo Corrado Caruso (Adelson), il tenore Francesco Castoro
(Salvini), i bassi Clemente Antonio
Daliotti (Bonifacio), Giuseppe De Luca (Struley), Oliver
Purchauer (Geronio). Orchestra e Coro del Teatro Massimo
Bellini; maestro del coro Luigi Petrozziello.
Carlo Majorana Gravina - foto Giacomo
Orlando
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