Frammenti di riflessione / 1 vincitori e vinti nella società del rancore
Data: Mercoledì, 07 febbraio 2018 ore 09:00:00 CET
Argomento: Redazione


Con la compassione si lenivano un tempo le molte sofferenze degli uomini. A volte fatta solo di parole. Oggi nemmeno questo. Si accompagnano le sventure dei diseredati, degli sconfitti, dei fuggiaschi e dei disperati con l'odio e con l'ostilità sfrontata e violenta. Per le ferite di moltitudini di donne, uomini e bambini(povertà, guerre, migrazioni di popoli, fame, respingimenti, violenze) non c'è una politica che voglia pensarle ed affrontarle; non ci sono nemmeno arte, letteratura e filosofia che si premurino di sollecitarne la responsabilità. Ma quando il pensiero manca, si affaccia la violenza; ci si chiude pensando che sia la soluzione del problema. Se si rompono le dighe, però, non ci sarà salvezza nemmeno per i pochi che si credono in sicurezza.

Si sta sottovalutando lo slabbramento della convivenza, la perdita quotidiana di reciproca accettazione e l'oscuramento della necessità dei vincoli comuni. Una società complessa senza coesione sociale e culturale non può essere retta dalla sola forza coercitiva. Pagheremo ad alti prezzi la sistematica demolizione degli enti intermedi tra istituzioni e società, come anche l'indebolimento del sentimento religioso, che ha sostituito in molti casi la crescente indifferenza pubblica verso le sofferenze sociali. Il mondo non è solo dei vincitori e degli uomini di successo; di quelli che non si voltano indietro. Ci sono anche i vinti, gli scartati e gli umiliati dalle vicende della vita. Per questi ultimi ai nostri giorni anche la beffa di non avere nessuno che li voglia rappresentare e difendere. A stare con loro non si vince, ma non si perde la faccia. I più ricchi non vogliono più sentire parlare di solidarietà e i governi si mettono al loro servizio.

Uno dei valori che nella cultura occidentale è stato coltivato tenacemente contro fanatismi di ogni genere, contro le più svariate forme di ascetismo, contro tutte le sventure procurate dalla violenza degli uomini e della natura è stato l'amore per la vita. La vita di questa terra e in questa terra, la vita di ognuno di noi. E' forse questo il fondamento della vera laicità e il vero discrimine da ogni genere di integralismo, religioso o politico che sia. Chi non ama la propria vita difficilmente rispetterà quella degli altri; chi sacrifica la propria vita, non avrà imbarazzi a sacrificare quella degli altri. Si puo' essere costretti alla morte, ma non sceglierla per la propria testimonianza.
La differenza tra razionalità e fanatismo sta nella convinzione che non si hanno solo doveri, a cui sacrificare tutti i diritti; ma che si hanno diritti col dovere di rispettare i diritti. Quelli degli altri.. "Un fine che ha bisogno di mezzi ingiusti, non è un fine giusto. (A. Camus).

La dismisura nell'esercizio del potere è causa della dissoluzione dei vincoli comunitari. Non è una questione che si risolve con le esortazioni ai potenti o prepotenti di turno a tenere sotto controllo il carattere o i comportamenti; non è un problema di singoli individui, ma un problema di garanzie, di equilibrio tra gli organi e i poteri dello Stato; un problema di contrappesi da porre a difesa dei cittadini contro gli abusi di chi gestisce il potere.

I problemi da affrontare non sono riconducibili a cause esclusivamente locali e proprio per questo evocano una radicale conversione delle scelte politiche delle nazioni, delle relazioni tra i popoli, degli assetti economico-sociali, degli stili di vita. Problemi troppo grandi rispetto alla piccolezza degli uomini che hanno in mano il destino dei popoli. Mancano idee, volontà, organizzazioni e personalità adeguate.

Raimondo Giunta





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