Protezionismo e globalizzazione
Data: Giovedì, 01 febbraio 2018 ore 12:00:00 CET
Argomento: Redazione


E' facile farsi prendere da concetti altisonanti senza andare a vedere come funzionano e se ancora funzionano. Di fatto si assimilano pacificamente parole d'ordine e strategie politiche ed economiche che vanno a incidere pesantemente sulle nostre condizioni di vita. Solo per il fatto che venga solennemente proclamato a Davos, il NO al protezionismo dovrebbe metterci in allarme,suscitare dubbi e perplessità; dovrebbe indurci a cercare di capire che cosa ne viene. Il protezionismo ha consentito ai nuovi soggetti del consesso delle nazioni di potere avviare un proprio processo di sviluppo economico e di garantirsi un certo grado di autonomia rispetto ad altri stati e ad altre economie. Non è detto che protezionismo sia sinonimo di autarchia, come non è detto che siano sinonimi di sviluppo e di libertà le politiche economiche neo-liberali, che FMI, OCSE e Comunità Europea impongono alle nazioni.

Oggi l'assenza di politiche intelligenti di difesa dell'assetto produttivo della nostra nazione, in combinato disposto con l'obbligo europeo di smantellamento delle partecipazioni statali, ha impoverito la società italiana, perchè dispone di minori risorse strumentali e di un apparato industriale rimpicciolito nel suo insieme e nella sua qualità e soggetto tra l'altro agli interessi e ai voleri dei produttori di materie prime e di semi-lavorati.

La globalizzazione che non sarebbe fine e civilmente educato contrastare ci ha riempito di merci di mediocre valore; ha spinto molte aziende a delocalizzare presso nazioni dove si fanno più facili ed alti profitti;ha favorito e sollecitato tutti i processi di precarizzazione dei rapporti di lavoro, dai quali sono conseguiti l'abbassamento dell'ammontare dei salari e il peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori dipendenti.

Con la globalizzazione la nostra nazione è diventata preda delle multinazionali, si sono allargate le disuguaglianze sociali e si è esteso a macchia d'olio il rancore sociale delle moltitudini, spinte verso la marginalità. Rancore che per ora ha trovato un interprete accettato in formazioni politiche con venature antidemocratiche e razziste.
E' ora di capire che una parte di società ha bisogno di protezione e che certe forme di protezionismo potrebbero disinnescare l'esplosione di malessere che cova nel suo seno.

Raimondo Giunta





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