Charlie tra la vita e la morte
Data: Martedì, 11 luglio 2017 ore 08:54:05 CEST
Argomento: Redazione


Con una decisione del 27 giugno 2017, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dato torto ad una coppia britannica che si batte perché il proprio figlio di 10 mesi, affetto da rara patologìa genetica degenerativa che non lascia, umanamente, scampo, non venga "scollegato" dalle apparecchiature che lo tengono in vita e possa beneficiare di un trattamento sperimentale di "ultima possibilità" negli Stati Uniti o all'ospedale Santo Bambino di Roma. La Corte di Strasburgo ha giudicato, a maggioranza, che le giurisdizioni britanniche potessero legittimamente ritenere, visti i rapporti di esperti in medicina, che non sarebbe nell'interesse del bambino continuare a vivere con la respirazione artificiale, né ricevere un nuovo trattamento sperimentale. Secondo i giudici britannici, tali cure non gli procurerebbero alcun beneficio e il bambino soffrirebbe considerevolmente.

Di conseguenza, l'ospedale britannico in cui Charlie è ricoverato ha il potere di trattenerlo contro la volontà dei genitori e di interrompere la respirazione artificiale, fino alla sua morte naturale.
Per l'ospedale e i giudici britannici, il suo interesse consiste nel morire per non soffrire; per i genitori, invece, nel tentare di tutto per vivere. Su questo punto, i giudici di Strasburgo ritengono "evidente" che l'interesse dei genitori si oppone a quello del loro bambino.

Le autorità britanniche hanno designato un tutore per rappresentare il bambino. In maniera surreale, la Corte ha immaginato che il piccolo abbia una propria «volontà», quella di morire, e che essa è espressa dal tutore. La Corte nota, infatti, con soddisfazione che «visto che (Charlie) non poteva esprimere le sue volontà, le giurisdizioni interne hanno vegliato a che queste volontà fossero espresse tramite il suo tutore, un professionista indipendente espressamente nominato allo scopo dalle giurisdizioni interne»
Trattandosi del diritto al rispetto della vita, la Corte si è nascosta ancora una volta dietro la constatazione dell'assenza in Europa del consenso in materia di fine vita o di eutanasia, per accordare al Regno Unito un largo margine di apprezzamento sulla protezione della vita delle persone malate, come nel caso: Lambert contro Francia del 5 maggio 2015.
Così, i genitori del piccolo Charlie, che l'accompagnano coraggiosamente in questa prova, hanno avuto la tristezza di vedere la Corte confermare che, in sostanza, sarebbero dei cattivi genitori e quindi devono decidersi a lasciar morire il loro figlio... nel suo stesso interesse.

Più generalmente la Corte sottolinea che questa questione è «eccezionale», e tuttavia essa pone un precedente che è grave, poiché accetta il principio che la morte di un bambino possa essere decisa, contro la volontà dei genitori, in ragione del suo stato di salute.

Questo principio potrebbe condurre all'accettazione dell'eutanasia dei neonati, già praticata e tollerata in certi paesi europei. Basterà applicarlo per altri bambini portatori di handicap gravi ma non mortali, che, come nel caso di Vincente Lambert, potranno essere abbandonati alla morte per disidratazione e sedazione.
Riflettendo sul caso del piccolo Charlie Gard - di cui sono piene le odierne cronache , anche mediante lettere, appelli, preghiere - si constata come la scienza umana, secondo i Minosse della Corte Europea dei Diritti Umani, non ha al momento conoscenze e strumenti idonei ad assicurare un'esistenza dignitosa al piccino che, pertanto, deve morire, violando il suo diritto personale a vivere, quello genitoriale e, soprattutto, ignorando con supponenza il comandamento di Dio, padrone della vita e della morte: "Non uccidere" .
La problematica è di grande valenza sociale e morale che interpella la coscienza anche di giudici cattolici e laici. E' compito dello Stato garantire e sostenere la ricerca, perché possa raggiungere migliori traguardi per il benessere dei cittadini.

E' compito di ogni uomo e del giurista cattolico annunciare e testimoniare a questo mondo che non spera, non prega, non ama, che Dio esiste. Alla luce di questa verità la vita di Charlie è nelle mani di Dio e i medici hanno il dovere di sostenerla fino all'ultimo respiro ed i giudici hanno il dovere di "amare la giustizia".
La guarigione di Charlie apre una nuova via in difesa della vita e a favore della ricerca.

Giuseppe Adernò





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