Conflitto sociale e redistribuzione
Data: Giovedì, 22 giugno 2017 ore 06:30:00 CEST
Argomento: Redazione


Quello che è successo in Francia, puo’ succedere altrove e in parte è successo in Italia nel 2013 col Movimento 5Stelle. I partiti sradicati dalle classi sociali di riferimento, chiusi nella logica che impone loro la presenza nelle istituzioni, e sempre più restii a ripensare il senso e le prospettive della propria esistenza, sono diventati gusci vuoti, che al primo serio momento di difficoltà volano in aria senza rimpianti.
Avere scisso il politico dal sociale, salvo qualche richiamo rituale al proprio lessico del passato, ha determinato più che una duplice funzionale autonomia delle due sfere il conflitto tra società e istituzioni; tra bisogni sociali e attività politica. Non è un caso che all’inasprimento del malcontento sociale corrisponda il decremento costante della partecipazione popolare alle elezioni, anche in presenza di nuove offerte politiche.

La rottura del rapporto tra bisogni sociali e rappresentanza politica riguarda principalmente i ceti popolari e la parte bassa dei ceti medi; il resto si gode una vittoria schiacciante per rinuncia dei contendenti a scendere in campo per giocare la partita: l’eterna partita della lotta di classe.
Il riassetto del potere e delle risorse economiche su scala mondiale ,accompagnato da incontenibili migrazioni di sventurati, colpisce duramente gli equilibri politico-sociali dell’occidente, perchè infrange le sicurezze sulle quali si basavano, scardina le prospettive di mantenimento dello Stato sociale, impoverisce parte cospicua della popolazione anche del linguaggio con cui parlava delle proprie condizioni, esponendola inerme e senza strumenti all’odio e al rancore contro quelli più sfortunati.

Se come si va dicendo siamo agli sgoccioli della terza via, la cui luce avrebbe dovuto illuminare a tempo indeterminato i nostri tempi, è evidente che un nuovo inizio del mondo della sinistra impone una straordinaria, profonda riformulazione del proprio progetto e un radicale ripensamento della lettura e dell’interpretazione del disagio sociale, un atteggiamento convinto di attenzione alla diversità di opinione, il confronto aperto sulle prospettive, l’abbandono di ogni pretesa di superiorità intellettuale e morale. Con i troppi errori commessi, con lo smisurato ritardo accumulato sulle scelte da fare a nessuno dovrebbe essere consentito di impancarsi a leader e a maestro. Il lavoro che attende richiede fatica, impegno, umiltà e soprattutto il coraggio di riprendere la via del conflitto sociale e di pagarne i prezzi eventuali. Senza conflitto sociale, non c’è redistribuzione; non c’è giustizia sociale.

Raimondo Giunta





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