Maturità, ammessi solo dopo quiz Invalsi e stage in azienda
Data: Martedì, 11 aprile 2017 ore 08:30:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Fare un
tirocinio da McDonald’s e rispondere ai quiz Invalsi saranno requisiti
per essere ammessi all’esame di maturità a partire dal prossimo anno
scolastico. Insieme alla riforma del sostegno e dell’iter di formazione
dei nuovi insegnanti (addio Tfa e Pas, arrivano i Fit; confermato il
concorso 2018), sono queste le principali novità contenute negli otto
decreti attuativi della «Buona scuola» di Renzi approvati ieri dal
governo Gentiloni. L’«alternanza scuola-lavoro», ovvero i tirocini e
stage in azienda, è stata resa obbligatoria dalla riforma vergata
dall’ex ministro dell’istruzione Stefania Giannini ed è diventata
materia di esame con la subentrante Valeria Fedeli al Miur.
Si conclude il lungo processo di riforma neoliberale dell’istruzione
superiore basata sulla formazione alla precarietà e al lavoro gratuito
e sulla riduzione del sapere a «pillole», oggetto di una valutazione e
certificazione da parte dei docenti trasformati in somministratori di
test, come in una scuola guida. Avere legato l’esito dei quiz, come dei
«tirocini» in azienda, al voto della maturità sarà – probabilmente – un
ostacolo alle proteste degli studenti e un formidabile vincolo al
auto-disciplinamento per sottrarsi al ricatto di un «cattivo voto» alla
maturità. Non poteva esserci modo peggiore per celebrare il
cinquantesimo anniversario dalla scomparsa di Don Milani: in nome della
precarizzazione precoce degli adolescenti italiani, la scuola
«renzizzata» rafforza la sua identità di istituzione totale, di
fabbrica di precarietà e lavoro gratuito. Un dispositivo di governo
coerente con il mercato del lavoro stabilmente precario che attende
questi ragazzi una volta conclusa la prova di «maturità». Maturi, sì.
Alla precarietà a vita con il Jobs Act.
L’insieme dei provvedimento, approvati senza accordo con i sindacati,
ha provocato uno strappo con chi ha provato a creare una relazione con
il Miur dall’insediamento del governo Gentiloni. Dopo l’opposizione
ferma di Cobas, Usb e Unicobas, anche Flc-Cgil torna in battaglia. Il
sindacato intende riaprire una «discussione pubblica sulla missione
della scuola».
«A nulla sono valsi gli appelli su cui individuare obiettivi condivisi
– sostiene Flc-Cgil – È sbagliata la scelta di procedere con tutte le
deleghe della legge 107/15 e riteniamo un errore grave che il Governo
le abbia approvate». E poi il messaggio politico al governo e alla
neo-ministra Fedeli, già esponente della Cgil: «Questa legge produce
diseguaglianze, si apre inevitabilmente una lunga stagione conflittuale
con il mondo della scuola che si snoderà parallelamente alle vicende
politiche che condurranno alle elezioni».
Nella valutazione dei sindacati pesano anche le nuove modalità della
selezione dei docenti: «Le risorse stanziate sono insufficienti –
sostiene la Gilda – Grave che l’abilitazione all’insegnamento sia stata
sostituita da una semplice specializzazione: è una modifica per legge
dello status giuridico dei docenti che vengono così dequalificati a
laureati specializzati, in contrasto con l’attuale modello di
riconoscimento delle abilitazioni adottato negli altri Paesi
dell’Unione Europea». Sulla riforma del sistema integrato 0-6 anni il
giudizio è drastico: «Non c’è nessun potenziamento contrariamente a
quanto promesso». «Peggio non si poteva fare. È stato inutile fare
audizioni»aggiunge l’Anief . Per gli studenti della Rete della
Conoscenza quello del governo è un «golpe». Protestano anche contro le
risorse insufficienti stanziate per il diritto allo studio. Saranno in
piazza il 9 maggio in tutto il paese.
Per il premier Gentiloni la riforma è «una notevole iniezione di
qualità». C’è stato «un ampio confronto servito a migliorare i testi»
ha aggiunto Fedeli. Renzi, ignaro dello strappo con i sindacati, ha
continuato ad esercitarsi nel suo mondo parallelo. Ritiene che la
riforma «0-6 anni» servirà ai«bambini che nascono poveri a sognare». E
poi: «Il sistema scolastico cambierà definitivamente». Non servirà a
sognare, ma a disciplinare più duramente i precari del futuro.
Il manifesto
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