Il professore da un milione di dollari che forma gli imprenditori di domani
Data: Mercoledì, 22 marzo 2017 ore 08:00:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Bergamo, Armando Persico è l’unico italiano tra i finalisti del Global Teacher Prize. I suoi ragazzi creano startup e depositano brevetti: “Il segreto è trasmettere passione” - Il prof da un milione di dollari insegna in mezzo alla campagna. Non quella di un campus inglese o americano, ma della Bergamasca. San Paolo d’Argon, all’ombra di un campanile che rintocca ogni mezz’ora, fra i chiostri di un’ex abbazia benedettina. Qui l’ora et labora si è trasformato nel moderno «studia e lavora» della scuola chiamata «la fabbrica degli imprenditori» o di cui si dice «vai lì che trovi lavoro». Lo dicono perché l’88% dei suoi studenti ha un contratto alla fine del percorso.
Siamo venuti a vederla questa scuola delle meraviglie, si chiama it’s Experience ed è una Fondazione Its (Istituto Tecnico Superiore), una di quelle nuove creature del sistema dell’Istruzione nate con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri nel 2008 e frutto di una collaborazione fra pubblico (Provincia, Camera di Commercio) e privato (aziende del territorio). Biennale o triennale, post diploma, per chi vuole perfezionare una formazione tecnica o professionale trovando un’alternativa all’università.
Qui insegna Armando Persico, l’italiano finito tra i 50 finalisti del Global Teacher Prize, il superpremio – un milione di dollari, appunto – che ogni anno va a un insegnante eccezionale. Lo ha istituito un miliardario filantropo indiano, Sunny Varkey, figlio di due emigrati che andarono a Dubai per insegnare inglese agli arabi; lui ha creato un impero sulla formazione ed è convinto che gli sforzi dei docenti vadano riconosciuti perché il loro impatto non è solo sugli studenti ma sulle comunità intorno a loro. Così una commissione ha analizzato i profili di oltre 20mila docenti provenienti da tutto il mondo, alla fine ne ha scelti 50 e il prof Persico è fra questi. A «pesare» sono i tanti premi ricevuti a livello europeo dai suoi allievi e il fatto che il 20% di loro gestisca imprese che hanno creato brevetti vari e 800 posti di lavoro.
In questi giorni il prof è a Dubai perché il vincitore verrà annunciato domenica, ma lui con i suoi studenti sa rendersi presente con mail e whatsapp e anche a noi risponde alle domande sull’«eccezionalità» del suo metodo e in particolare alla curiosità più morbosa che suscita la sua storia, specie in Italia: e cioè perché uno che faceva il commercialista abbia abbandonato studio & parcella per cattedra & stipendio da insegnante. «Perché la scoperta di me stesso come uomo che ha domande profonde sulla vita è stata molto più importante del denaro» risponde a stretto giro da Dubai.
Quanto alle performance poco brillanti degli studenti italiani in generale e al ruolo degli insegnanti lui, con positività, ne ha per tutti: «noi docenti per primi dobbiamo trasmettere noi stessi, la nostra passione per quello che facciamo; i genitori dovrebbero avere stima del lavoro dei docenti dei figli e trasmetterla ai ragazzi; se trovano in tutti noi persone autorevoli, non autoritarie né lassiste, i nostri ragazzi potranno scalare le vette delle classifiche».
E i «suoi» ragazzi sono qui, nel silenzio della campagna e dei chiostri, in aule ben fornite di tecnologia e laboratori attrezzati, a confermare quel che dice. «Lui ci insegna “autoimprenditorialità”» racconta Giada Ottaviano, del corso di store management «Ci sprona a sviluppare idee, a non fermarci mai, ci dice “ogni idea che avete non buttatela, anche alla vostra età potete farci qualcosa; e se avete bisogno chiedete, io vi supporterò sempre».
Sara Gritti lo ha sperimentato: «Venivo da Scienze umane, quindi arrivata qui avevo lacune enormi di economia; lui mi ha fatto recuperare tutto e ora lavoro a un progetto di startup di un punto vendita di prodotti che vengono da un’altra startup che coltiva frutti tropicali sui colli bergamaschi». Stefano Piacentini, invece, è approdato qui per una delusione: «Non d’amore ma brutta uguale; ho fatto l’aeronautico e non ho passato i test accademici, troppo magro». Invece di «gonfiarsi» ha deciso di cambiare strada e entrare nell’azienda familiare, ma preparandosi al passaggio qui. Anche lui ha trovato il prof. Persico sulla sua strada: «Non ha peli sulla lingua, se deve farti i complimenti ti manda e-mail lunghissime, ma se secondo lui hai sottovalutato un lavoro, viene anche a tirarti fuori dall’aula…».
Alla fine della visita, però, si intuisce che il successo di questa scuola (+50% di iscritti ogni anno) non è solo dovuta al professore-star. «Diciamo che da noi ha trovato un terreno fertile» sorride il direttore Stefano Casalboni, «Allievi a cui era stato pronosticata poca attitudine allo studio, per noi sono talenti; il nostro primo compito, al di là delle tante cose che facciamo per rispondere alle esigenze delle imprese, è riconsegnare ai ragazzi la voglia di intraprendere, di rischiare, sia da dipendenti sia da imprenditori; perché non sia il divano l’orizzonte unico delle loro giornate».

Sara Ricotta Voza
San Paolo D’Argon (BG)
La Stampa





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