Scuola, via libera ai ‘concorsi leggeri’ per i precari
Data: Lunedì, 20 marzo 2017 ore 07:00:00 CET Argomento: Rassegna stampa
ROMA – La fase
transitoria della ministra Valeria Fedeli, quella che consentirà di
assumere un certo numero di precari lasciati per strada o in garage
dalla Buona scuola originale, trova il suo battesimo nelle commissioni
di Camera e Senato. Il Parlamento dice sì alle proposte della ministra
e così si possono avviare i concorsi light, su misura di precario, di
cui Repubblica aveva parlato due settimane fa. I sindacati, favorevoli
al nuovo corso di Fedeli chiamata a riavvicinare il mondo della scuola
al centrosinistra, preferiscono definirlo un “piano pluriennale”
necessario per stabilizzare il personale della scuola e arginare la
supplentite, così acuta quest’anno.
Ecco, la quinta delega uscita dalle due commissioni Istruzione di
Camera e Senato – anche questa sotto forma di parere – riguarda la
formazione iniziale e il reclutamento degli insegnanti della scuola
secondaria. Dal prossimo settembre si aprirà una fase che vedrà
concorsi ogni due anni (e non più tre) i cui vincitori saranno immessi
in un percorso triennale di formazione (Fit) che prevede un primo anno
di specializzazione (con ottenimento di un diploma), un secondo anno di
ingresso in classe e un terzo con l’assunzione in ruolo su posti
vacanti, dopo il “superamento delle valutazioni intermedie e finali”.
Si capovolgono i termini della Buona scuola: il concorso diventa
l’inizio di un percorso di assunzione che sarà perfezionato nei tre
anni successivi.
I CONCORSI LIGHT – Il nuovo sistema, si legge nei pareri, ha
l’obiettivo “di attrarre e preparare alla professione docente persone
giovani e competenti nelle loro discipline, eliminando il fenomeno dei
lunghi periodi di precariato pre-ruolo”. Il primo concorso con la nuova
formula dovrebbe essere avviato nel 2018. Potranno parteciparvi
neolaureati che abbiano conseguito almeno 24 crediti formativi in
discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie
didattiche (al Senato si parla di “laurea magistrale”), e anche questa
è una forte sterzata rispetto alla ‘Buona scuola’ che prevedeva
l’accesso al bando solo agli abilitati. I vincitori cominceranno il
loro percorso formativo retribuito nel 2019-2020.
Nel frattempo è prevista una fase transitoria con “procedure di
valutazione e selezione che garantiscano di coprire, in modo regolare e
prestabilito, con docenti di ruolo, i posti vacanti e disponibili, di
assicurare la continuità didattica, di tener conto di esperienza e
titoli di chi già insegna”. Nelle proposte individuate da Camera e
Senato, su cui poi dovrà esprimersi definitivamente il Governo, da una
parte si continuerà ad assorbire le graduatorie ad esaurimento (il 50
per cento dei posti liberi è riservato agli iscritti in Gae, dove oggi
ci sono di nuovo 88mila persone in attesa grazie alle sentenze dei
tribunali favorevoli ai diplomati magistrali), quindi si assumeranno i
vincitori del concorso del 2016 derogando al limite del 10 per cento
dei posti messi a bando (soluzione che garantirà l’assunzione ai
cosiddetti “‘idonei fantasma”, che hanno superato l’ultimo concorso ma
sono oltre la quota del 10 per cento prevista per chi è solo idoneo e
non vincitore).
In questa “fase transitoria” entreranno anche i docenti abilitati che
oggi sono nelle graduatorie di seconda fascia, spesso in cattedra da
molti anni e formati con percorsi universitari: si prevede che “siano
inseriti entro l’anno scolastico 2017-18 in una speciale graduatoria
regionale di merito” sulla base dei titoli posseduti e del servizio
effettuata e dovranno sottostare a una prova orale di “natura
didattico-metodologica”. Il primo concorso light, ecco. Questi docenti
saranno ammessi direttamente al terzo anno del nuovo percorso di
ingresso nella scuola: una sorta di anno di prova rafforzato.
I SUPPLENTI CON TRE ANNI DI SERVIZIO – Ancora, la fase transitoria
proposta dalle Camere prevede che i docenti non abilitati “che abbiano
svolto almeno tre anni di servizio” siano ammessi a partecipare a
“speciali sessioni concorsuali loro riservate” che si svolgeranno in
contemporanea al nuovo concorso del 2018 (un solo scritto invece di
due): bando “medium light”, questo. I vincitori saranno ammessi al
percorso di formazione direttamente al secondo anno, con esonero dalla
parte formativa e dei crediti avendo già insegnato per almeno 36 mesi.
Soddisfazione, alla fine, di una larga platea di precari, e anche del
Movimento 5 Stelle.
INFANZIA 0-6 ANNI – Via libera con osservazioni e condizioni, da Senato
e Camera, alla delega sul cosiddetto “sistema integrato di educazione e
di istruzione dalla nascita sino a sei anni”. La legge 0-6,
un’appendice della ‘Buona scuola’ che riorganizza i primi sei anni di
formazione dei bambini nella scuola materna. Il parere espresso ieri –
ed è la sesta delega su otto licenziata dal Parlamento – chiarisce che
per diventare educatore negli asili nido occorre la laurea triennale,
mentre ribadisce che per insegnare nella scuola dell’infanzia serve
conseguire la laurea magistrale. Ma se un docente di scuola
dell’infanzia vuole dedicarsi ai piccoli dei nidi al di sotto dei tre
anni deve acquisire altri 60 crediti formativi universitari. Il parere
chiede inoltre al governo di riconoscere, ai fini dell’inserimento
nelle graduatorie provinciali dei precari, il servizio prestato nelle
sezioni primavera che accolgono i piccoli di età compresa fra 24 e 36
mesi. Inoltre, il fondo da 670 milioni di euro che finanzierà questa
nuova riforma dell’infanzia andrà direttamente nelle casse di comuni,
senza intermediazione delle regioni. E la ripartizione avverrà in
maniera inversamente proporzionale alla presenza di sezioni (classi) di
materna statale sul territorio: meno sezioni e più fondi statali.
“La rivoluzione culturale sta nel fatto”, spiega Francesca Puglisi,
relatrice in commissione al Senato, “che l’intero percorso da zero a
sei anni diventa di istruzione e formazione. In precedenza il segmento
da zero a tre anni rientrava nel welfare. Con 300 milioni”, precisa la
responsabile scuola del Pd, “il Governo Prodi fece balzare dal 9 al 17
per cento la presenza di nidi e micro-nidi nei comuni italiani. Con 670
milioni si dovrebbe arrivare al 33 per cento”. L’obiettivo è anche
quello di estendere la scuola dell’infanzia a tutti i bambini dai tre
ai sei anni (attualmente siamo al 94 per cento) e di creare le
condizioni per estendere la presenza di servizi per l’infanzia al 75
per cento dei comuni. Alla base della riforma un percorso di continuità
educativa per le bambine e i bambini costituito dai servizi 0-3 (nidi,
micronidi e spazi gioco), dalle sezioni primavera (24-36 mesi) e dalle
scuole dell’infanzia statali e paritarie “Lo schema di decreto
legislativo”, si legge, “stanzia risorse utilizzabili per incrementare
i posti disponibili”. Una nuova speranza per le Gae infanzia escluse
dalla prima Buona scuola, anche se le risorse non potranno bastare per
assumere tutti i pretendenti.
Salvo Intravaia e
Corrado Zunino
La Repubblica
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