Né ragionevoli, né convincenti (nota a margine delle nuove norme sulla valutazione)
Data: Martedì, 21 febbraio 2017 ore 08:30:00 CET
Argomento: Redazione


Nel 2009 si era proceduto  già ad una sistematizzazione delle norme sulla valutazione degli alunni col Regolamento ,emanato con DPR n.122 del 22 Giugno. Evidentemente con il nuovo decreto delegato  si intende  mettere mano su questa materia per introdurvi delle novità.Si spera che  con gli aggiustamenti che possono essere apportati allo schema di decreto n.384 ne venga fuori un codice  coerente, pronto e utile  per i molteplici momenti dell’attività scolastica, quando è necessario ricorrervi.

La valutazione è materia incandescente che bisogna sapere trattare con perizia ed è anche  attività con effetti multidirezionali, che non sono esclusivamente interni alla scuola e sui quali è molto alta l’attenzione della società .Che periodicamente si torni a mettervi le mani non dovrebbe preoccupare, nè infastidire,perchè le operazioni che la sostanziano non possono collocarsi in una dimensione che sia estranea alle sensibilità culturale e politica emergente in un dato momento e ai cambiamenti sempre più ravvicinati dei curricoli scolastici.I sistemi di valutazione operanti a livello generale o in ogni singola istituzione ci dicono  o piuttosto ci dovrebbero dire e  meglio di qualsiasi altro indicatore che genere di scuola si sta facendo  e che genere di formazione si intende sviluppare. Le norme sulla valutazione risentono ovviamente dei tempi in cui sono state emanate e non è difficile che tra di loro possa esserci qualche contraddizione, considerato che le amministrazioni deliberanti, che si sono succedute nella gestione del sistema di istruzione e formazione ,non  sempre hanno avuto in materia gli stessi orientamenti.

 Per dare garanzie alla pubblica opinione sulla qualità dei risultati dell’attività formativa svolta nelle istituzioni di istruzione e formazione e nel nostro caso anche per sostenere la difesa del valore pubblico dei titoli di studio, i regolamenti della valutazione, compreso quello che verrà statuito con l’approvazione del decreto legislativo, si curano prevalentemente, se non esclusivamente della valutazione sommativa. Si costituiscono come un prontuario delle procedure che regolano le operazioni che presiedono al rilascio di un titolo o di una certificazione. Poco possono dire sul modo di sviluppare la valutazione formativa,anche se  nello schema di decreto legislativo si proclama solennemente che la valutazione a  cui si intende dare  una nuova  sistemazione” ha essenzialmente finalità formativa,concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli alunni,documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove l’autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze” (art.1). Altrimenti non potrebbe essere, perchè la valutazione è espressione dell’autonomia professionale e didattica sia dell’insegnante,sia di ogni singola scuola soprattutto nei suoi aspetti più specificamente educativi. La valutazione formativa attiene allo stile educativo di un insegnante, di un consiglio di classe, di un istituto.

Continuità e innovazioni
Allo stato attuale, nello schema di decreto legislativo  si possono individuare continuità incomprensibili e  innovazioni  disarmoniche con  il resto delle norme di valutazione.Non è giustificabile lasciare tutto com’è,  non porvi rimedio.
1) Si continua  incomprensibilmente a utilizzare il voto di condotta per stabilire  la media che consente di essere ammessi agli esami di terza media,a quelli di Stato o di accedere ad una particolare fascia di credito scolastico; una distinzione tra profitto scolastico e comportamento disciplinare andrebbe fatta, perchè altro è il rendimento scolastico, altre sono  la correttezza e la responsabilità dei comportamenti. Per motivi disciplinari si puo’ non essere ammessi agli esami o alla classe superiore o fare a settembre gli esami su tutte le materie, come più laicamente si faceva un tempo, mentre è un pasticcio evidente  mescolare il giudizio morale e il giudizio sul profitto in un’unica media.Con rischi elevati di coartazione morale sugli alunni e di piccoli e molteplici  espedienti per risolvere situazioni imbarazzanti. Quante insufficienze possono essere salvate con un buon voto di condotta quando si deve decidere se ammettere o no uno studente agli esami?

2) a) Nel primo ciclo di istruzione   la valutazione dovrebbe continuare ad esprimersi  in decimi,come ha voluto  una amministrazione che pensava  così di liberarsi di tanta  detestata pedagogia, ritenuta causa della crisi  della scuola e annidata nei giudizi con cui si esprimeva un tempo il profitto scolastico.Voti accompagnati,però, da un’attestazione dei livelli di competenza raggiunti.Ammoniva a suo tempo M.Pellerey:” valutare complessivamente la presenza di una competenza e soprattutto il suo livello non è facilmente inquadrabile in un sistema con voti decimali”;

b) Si insiste ancora sulla possibilità di non promuovere alla classe successiva un bambino della primaria. Cosa c’entri una scelta del genere col primato della valutazione formativa, celebrato nell’art.1, resta tutto da scoprire e soprattutto  resta da sapere e capire quali siano i casi eccezionali in cui possa essere deliberata;scandalo e demenza nello stesso tempo;

c) La partecipazione alle rilevazioni censuarie  diventa nelle scuole del primo ciclo, come in  quelle del secondo ciclo, un’attività ordinaria ,ma ha tutta l’aria di una vessazione nella scuola primaria; le prove INVALSI non faranno più parte delle prove di esame,ma i risultati delle prove sostenute  in terza media diventano requisito di ammissione agli esami. Le indagini censuarie, i cui limiti sono da molti conosciuti, possono essere utili per farsi un’idea del funzionamento di un sistema scolastico e per l’autovalutazione di istituto,ma è scorretto volerle utilizzare per una qualsiasi forma di valutazione del profitto scolastico. Purtroppo i loro risultati dovrebbero essere menzionati nel nuovo modello di certificazione delle competenze.Quello sperimentato negli ultimi due anni non ne faceva cenno;

d) Il presidente degli esami di terza media sarà il dirigente della scuola o un suo delegato;non verrà da altre scuole.Non basterebbe allora un semplice scrutinio finale?;

e) La distinzione agli esami  di terza media,come anche in quelle conclusive del secondo ciclo,tra prove equipollenti e non equipollenti per dare o il titolo o un attestato di credito formativo  agli alunni con disabilità  o con disturbi specifici di apprendimento è di natura farisaica, lunare. Credo che non sia lecito aggiungere a questi ragazzi altri pesi oltre a quelli già avuti dalla vita.

3) I cambiamenti più vistosi riguardano gli esami di stato conclusivi del secondo ciclo. E’ personale convinzione dello scrivente che se li lasciassero in pace per un po’ di tempo si farebbe cosa buona e giusta Gli esami di stato fino al ‘69 sono stati  congruenti con l’idea che dalla scuola bisogna uscire con un bagaglio pieno di conoscenze relative all’indirizzo di studi scelto dal candidato, perchè la scuola serve a trasmettere saperi e conoscenze. Più se ne hanno e meglio è. Pertanto tante prove scritte, orali su tutte le materie, con richiami degli altri anni del triennio. C’erano anche  gli esami di riparazione a settembre per quelli che non avevano la sufficienza in una materia. Un esame  terrificante,messo sottosopra negli anni caldi della contestazione, perchè considerato espressione della cultura ridotta a nozionismo  e per l’evidente carattere selettivo. Di classe si diceva.

Venne con Misasi l’esame di Maturità,e questa, benchè non si sappia in che cosa consista esattamente in un giovane di 18/19 anni, non richiede una prova su tutte le discipline; ne bastano due scritte e due orali tra le quattro che venivano indicate dal ministero. Un esame campionario. Ha retto per molto tempo, perchè intrinsecamente privo di grossi rischi e patemi d’animo; adeguato all’esigenza crescente di possedere un titolo di studio e alla diffidenza nei confronti della valutazione della  scuola. Era un esame che rispondeva ad ogni  buon conto  all’idea corrente  nell’opinione pubblica della funzione della scuola e dell’istruzione. Percentuali crescenti di anno in anno  di promozione, fino a rasentare il 100%. E proprio per questo fu sostituito con il tipo di esame introdotto da Berlinguer.Nei propositi un ritorno alla serietà, che venne però, rapidamente attenuata.

Quello di Berlinguer, ancora in vigore, è un esame che non implica il principio  aleatorio della maturità e che vuole trovare fondamenta solide  nelle conoscenze e nelle competenze. Per essere chiari è un modello di esami  che vuole essere in sintonia con l’approccio per competenze, proposto  dalle autorità comunitarie come il più adeguato per rendere il sistema di istruzione  aderente alle esigenze della  società della conoscenza. L’orale teoricamente è interdisciplinare e il pezzo forte è l’iniziale tesina elaborata dal candidato. Per inciso: la prova orale da sola nel punteggio pesa quanto due prove scritte. C’è ancora una terza prova interdisciplinare, per sostenere la  quale tutte le scuole si esercitano durante l’anno scolastico, spingendo gli insegnanti a lavorare su un versante didattico - pedagogico, estraneo alle loro abitudini individualistiche. Nella logica sia dell’approccio per competenze sia della valutazione di sistema sarebbe stato giusto renderla di livello nazionale e invece  prima, per timore di una loro possibile funzione selettiva, la si è resa locale, con tutti gli inconvenienti che  conoscono quelli che hanno svolto il compito di commissari di esami, e domani dovrebbe essere sostituita con le prove INVALSI  da sostenere in un periodo precedente gli esami.

Per migliorare il tipo di esame in vigore  bastano poche modifiche:aumentare il peso del credito scolastico per la costituzione del punteggio finale;trasformare la seconda prova in un compito di realtà (laddove era ed è possibile) anche della durata  di più giorni, per coerenza con l’approccio per competenze, come d’altronde si  fa ancora nei Licei Artistici; dare anche alla  terza prova le caratteristiche di una prova nazionale; fare del giudizio di ammissione un giudizio di idoneità a sostenere gli esami, debitamente motivato,a prescindere sia dalla sufficienza in tutte le materie, sia dalla media della sufficienza, alla quale non dovrebbe mai concorrere  il voto di condotta;commissione esterna con un solo membro interno per classe e preposta su più classi, fino ad un massimo di 90 candidati, se si vuole contenere il costo degli esami,senza costringere i commissari a non uscire dalla propria provincia di servizio.

Si vuole fare altro e precisamente:

a) Le prove scritte saranno due,con la possibilità di una terza per specifici indirizzi di studio;la prova di italiano ritorna al monopolio del testo argomentativo e agli orali si farà un esame per discipline, con la possibilità  data al candidato di esporre, con gli strumenti che vorrà scegliere ,l’esperienza dell’alternanza scuola lavoro;

b) Le prove di esame (orale e scritti ) avranno pari valore

c)Le prove INVALSI non avranno carattere interdisciplinare,ma accerteranno i livelli di padronanza in Italiano, Inglese e Matematica. I risultati saranno riportati nel curriculum dello studente e il loro espletamento è condizione per l’ammissione agli esami, cosi come l’esperienza dell’alternanza scuola lavoro.;

d) Per l’ammissione si tiene conto anche del curriculum individuale e delle competenze digitali;

e) Per evitare disparità nelle valutazioni da Nord a Sud il ministero provvederà le commissioni di proprie griglie di valutazione.Alla faccia della sempre declamata autonomia professionale degli insegnanti. D’altra parte non poteva mancare una nota di colore...;

f) Si aumenta e di molto il credito scolastico. Da solo costituisce quasi la metà del punteggio complessivo che si puo’ assegnare. A parere dello scrivente l’unica ragionevole novità del regolamento  della valutazione che verrà, se non si procede ad una buona riscrittura di non poche norme.

Conclusioni
Il testo dello schema di decreto legislativo non brilla certamente per coerenza come si è cercato di dimostrare. Non c’è coerenza pedagogica nella scuola del primo ciclo tra preteso primato della valutazione formativa e scivolate selettive addirittura nella stessa primaria; non c’è coerenza culturale tra indirizzi curriculari e modifiche degli esami di stato nel secondo ciclo.In questo secondo caso la smania del cambiamento ci ha dato un modello di esame insipido, una giustapposizione di prove senza criterio, lontana mille miglia da un qualsiasi tentativo di fare degli esami la conclusione pertinente dei curricoli centrati sull’approccio per competenze. Taccio  per dignità sulle griglie di valutazione predisposte dal ministero per gli esami conclusivi del secondo ciclo.

Raimondo Giunta





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