
Un insegnante perfetto (note a margine di un decreto)
Data: Domenica, 29 gennaio 2017 ore 08:00:00 CET Argomento: Redazione
La perfezione come
modello
Mi ero ripromesso di intervenire sui decreti delegati della 107 a
cose fatte, ma col tempo mi sono convinto che questa scelta non ha
molto
senso, anche se non vedo come li si possa modificare nel breve
lasso di tempo che è rimasto prima della loro definitiva
approvazione. Speriamo che qualcosa avvenga, perchè c'è molto da
ridire e da cambiare a cominciare da quello che riguarda la
formazione iniziale e l'accesso ai ruoli di docente (Schema di decreto
legislativo n. 377), di cui si intende parlare.
Lo schema di decreto per gli sventurati che pensano di fare gli
insegnanti prevede un percorso difficile e accidentato, come dovessero
concorrere per il premio Nobel: laurea specialistica, concorso per
titoli ed esami, percorso formativo triennale con valutazione
intermedia
e finale, che devono essere sempre positive per andare avanti e, per
non
guastare il tutto, chiamata in servizio da parte di un dirigente
scolastico. Beninteso il buon insegnante non deve essere per gli
studenti un evento casuale, una fortuna da contendere, ma il risultato
di
una scelta seria di selezione del personale che intende svolgere questa
meritoria e difficile professione.
Ogni volta che ci si imbarca nella spinosa operazione della definizione
delle condizioni per accedere all'insegnamento, si ha l'impressione che
nella mente degli esperti e dei legislatori funzioni come modello
di riferimento la figura dell'insegnante di materie umanistiche. Una
persona che non ha niente da fare se non l'insegnante e che lo voglia o
no dovrà accettare quanto gli viene proposto, se vuole entrare nel
sacro
recinto della scuola. A scuola, però, dovrebbero lavorare anche
ingegneri, chimici, fisici, matematici, biologi, giuristi,
commercialisti, architetti, informatici, tecnici
di ogni genere e specie; gente che difficilmente aggiungerebbe tre anni
di tirocinio formativo dopo un curriculum di studi non sempre facile e
alla portata di tutti per una condizione salariale tra le meno
attrattive nel mercato del lavoro delle professioni. Per cui se
dovessero rimanere queste le condizioni per accedere
all'insegnamento, non è per nulla azzardato ipotizzare che nel
futuro negli istituti professionali e tecnici per le materie di
indirizzo e per le materie scientifiche in tutte le scuole di
ogni ordine e grado si potranno fare le lezioni solo con i supplenti.
E' il caso di dire che l'ottimo è nemico del bene. Nella mia lunga
esperienza di preside mi è toccato molte volte confermare in ruolo
insegnanti dopo l'anno di prova e mai ho avuto l'occasione di
pentirmene; non è la durata del tirocinio che fa diventare
buoni insegnanti, ma la volontà di fare bene il proprio lavoro in un
contesto in cui non devono mancare mai occasioni di formazione in
servizio. Sono l'esperienza e il dialogo professionale che fanno
crescere e tre anni di vero insegnamento, nelle classi, a contatto con
gli alunni, i colleghi, i genitori fanno molto di più di tre anni di
tirocinio pieni di lezioni e di escogitazioni didattiche.
La questione non è peregrina come puo' sembrare a prima vista. Per
essere ammessi al concorso i candidati devono documentare il possesso
di ALMENO 24 crediti formativi universitari o accademici nelle
discipline antropo-psico-pedagogiche, di cui ALMENO 6 crediti in ALMENO
3 dei seguenti 4 ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e
didattica dell'inclusione; psicologia; antropologia; metodologie e
tecnologie didattiche. Senza dimenticare il requisito delle competenze
in una lingua straniera e in informatica. Se sono queste le condizioni
per accedere al concorso, perchè 3 anni di tirocinio?Perchè questo
prolungato, minacciato, ricattato, precario periodo di formazione
professionale? C'è da chiedersi che male abbiano fatto le nuove
generazioni per essere così stupidamente angariate, se si pensa poi che
ministri e sottosegretari della P. I. degli ultimi tempi per molto
tempo
della loro vita non sapevano nemmeno che cosa fosse una laurea. Tra
l'altro questi poveri cristi dopo il concorso non vincono un posto, ma
la possibilità di un tirocinio triennale, di cui solo il terzo
anno sarà pagato come quello di un supplente annuale.
Dettagli
1) I concorsi su base regionale o interregionale saranno saranno
indetti ogni due anni, ma solo sui posti disponibili . La biennalità
dei
concorsi è un fatto positivo, ma francamente non si capisce perchè
insistere sulla dimensione regionale, che è stata la causa principale
delle distorsioni che si sono registrate nel
passato:clientelismo, disparità di trattamento da parte
delle commissioni da una regione all'altra per l'assunzione di
personale che puo' lavorare in qualsiasi scuola della nazione. Si pensa
di ovviare con la definizione a livello ministeriale delle prove e dei
criteri generali della loro valutazione.
2) Il concorso prevede tre prove di esame di cui due scritte a
carattere nazionale ed una orale; la prima prova è di argomento
disciplinare, la seconda prova verte su temi psico-pedagogici e sulle
metodologie didattiche. Il superamento di una prova è condizione per
potere svolgere quella successiva. Ma quando? Non è un problema di
lieve
entità, se si vuole assegnare in tempo utile gli insegnanti alle scuole
che ne sono prive. La prova orale consiste in un colloquio che ha
l'obiettivo di valutare il grado di conoscenza in tutte le discipline
della classe di concorso, oltrechè quello di accertare la
conoscenza di una lingua straniera e il possesso di abilità
informatiche di base. Agli insegnanti che concorrono per posti di
sostegno è riservata una terza prova prova specifica. Buttate in aria
le
procedure dei concorsi che in fretta e furia si sono svolti nel 2016.
3) I fortunati che sono riusciti a superare gli ostacoli delle
prove scritte e dell'orale sottoscrivono con l'Ufficio
Scolastico Regionale, a cui afferisce l'ambito territoriale preselto
della Regione in cui hanno concorso, un contratto triennale retribuito
di formazione iniziale e tirocinio. Il contrattista al termine del
primo anno è tenuto a conseguire il diploma di specializzazione per
l'insegnamento secondario al termine di corsi annuali gestiti da
Università, da istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e
coreutica o loro consorzi. Nel secondo e terzo anno è tenuto a
completare la propria preparazione preparazione professionale con
ulteriori attività di studio, con tirocini formativi diretti e
indiretti (??) e con la graduale assunzione di autonome funzioni
docenti. La commissione che valuterà il profitto del corso di
specializzazione sarà configurata con successivo decreto
ministeriale, ma deve comprendere sia docenti universitari, sia un
dirigente scolastico e il tutor scolastico. C'è anche un tutor
dell'Università ...
4) Il tirocinio diretto si svolgerà presso un'istituzione scolastica
accreditata dal Ministero e sarà dedicato ad attività di osservazione
analisi, progettazione e successiva realizzazione di attività di
insegnamento e funzionali all'insegnamento; il tirocinio indiretto si
svolgerà presso l'Università o l'Istituzione dell'alta formazione
artistica, musicale e coreutica e sarà dedicato ad attività di
progettazione, discussione e riflessione valutativa sulle attività
svolte nel tirocinio diretto sotto la guida del tutor universitario. Di
fatto l'Università che non sa in Italia dove si trovino le scuole e che
cosa facciano viene eretta a loro organo di controllo ...
Conclusioni
Le disposizioni contenute nel decreto delegato sull'accesso ai ruoli di
insegnamento dovrebbero entrare in vigore a partire dal'anno scolastico
2020/202i. Ci sarebbe, quindi, tutto il tempo per farle saltare per la
loro irragionevole pretenziosità ed evidente inapplicabilità.
Basterebbe
che all'Università gli studenti che desiderano insegnare(??)
acquisiscano i crediti formativi nelle scienze umane, ritenuti
necessari; che i futuri insegnanti affrontino serie prove di concorso,
e
che nell'anno di prova i neo docenti siano impegnati in attività
di riflessione e di valutazione delle attività che svolgono a scuola
con l'aiuto di equipe territoriali di provata esperienza e qualità. Il
resto dipende solo ed esclusivamente dalle attività di formazione in
servizio e di aggiornamento che ogni scuola deve obbligatoriamente
organizzare ogni anno e da un ragionevole sistema di valutazione del
servizio. Resta in piedi il problema dei neolaureati. Credo che sia un
gesto di responsabilità riattivare subito i TFA per non lasciare tanti
giovani che vogliono insegnare nell'incertezza del loro destino. Si
puo'
legittimamente sperare di acchiapare la luna, ma non è consentito
trascurare di ricavare il massimo e il meglio dalla terra.
Raimondo Giunta
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