
Valutare per valorizzare
Data: Giovedì, 05 gennaio 2017 ore 08:30:00 CET Argomento: Redazione
"La valutazione che corrisponde alla
pedagogia del futuro non necessita
di classificare gli alunni, ma consiste semplicemente nel constatare se
ogni alunno ha raggiunto o no l'obiettivo"(J. Cardinet).
La buona valutazione
"Valutare consiste nel mettere in evidenza e nel distinguere i
valori, nel creare a vantaggio di chi apprende dei riferimenti in
rapporto ad un certo numero di canoni, norme, scale. Ciò presuppone
implicitamente che bisogna stabilire modalità d'aiuto differenziato per
gli individui e per i gruppi, che consentano loro di fare dei progressi
, di migliorare le loro prestazioni in rapporto a questi valori e a
queste scale. (...) Ciascuno di noi è costruito su dei valori impliciti
ed espliciti formulati sia nel mondo familiare, sia in quello
delle istituzioni tra le quali la scuola. La valutazione aiuta
l'individuo o il gruppo a identificare questi valori. (...) In un
contesto di mondializzazione di abbattimento delle barriere e nello
stesso tempo di fioritura delle scienze e delle tecnologie, in questa
situazione molto contrastata le persone hanno bisogno di ritrovarsi e
di adattarsi . Ora la sola speranza di adattamento possibile ai
fenomeni
inauditi che si sviluppano attualmente risiede nella fiducia in sè e
negli altri. (...) La valutazione ha un senso, perchè spinge a dare un
senso a ciò che si acquista con una perseveranza di sforzi
riconosciuti". Negli stralci dell'articolo "L'évaluation a-t-elle un
sens"di A. De Peretti vengono presentati gli aspetti costitutivi della
complessità pedagogica e sociale della valutazione; quelli che se
vengono trascurati, la rendono inefficace se non proprio dannosa nei
processi di formazione.
Una buona valutazione è necessaria per migliorare la scuola, ma
bisogna depurarla di tutte le scorie che l'hanno resa e ancora la
rendono inadatta a raggiungere questa meta. E' buona valutazione
quella che suscita motivazione a correggersi e ad apprendere; quella
che
valorizza l'impegno e il superamento delle difficoltà e degli
ostacoli, quella che dà opportunità di rimediare ai ritardi; quella
che non tende a sorprendere in fallo e non demonizza gli errori; quella
che non serve e non vuole essere impiegata per escludere.
La valutazione come giudizio di valore
La valutazione che si esercita a scuola per la rilevanza pubblica
che assume nella società e per i suoi effetti sui processi di
apprendimento non puo' essere spontanea e nemmeno implicita; deve
essere
un'attività deliberata, progettata e di dominio pubblico. Come tale
conduce ad un giudizio di valore in funzione di decisioni relative agli
apprendimenti degli alunni. Tale giudizio si puo' formulare solo
attraverso un confronto, come dice Ch. Hadji, tra due serie di dati che
sono messi in rapporto: dati che sono relativi ai fatti e che
riguardano
l'oggetto da valutare e dati che sono relativi ad una norma
ideale e che riguardano le attese, le intenzioni o i progetti che
si sviluppano sullo stesso oggetto. "Valutare consiste nell'attribuire
un valore (...) ad una situazione reale alla luce di una
situazione desiderata, confrontando così il campo della realtà
concreta con quella delle attese" (C. Hadji).
La valutazione è un'operazione necessaria ogni qualvolta la realtà con
la quale ci confrontiamo ci pone dei problemi, che vanno risolti. Per
potersi pronunciare si deve, però, disporre di una norma con cui
giudicare una realtà data; occorre avere un valore di riferimento,
perchè
è in nome di un dovere essere che viene giudicato un particolare
oggetto, al fine di potere ottenere uno stato di cose migliore. Il
dovere essere è specificato da un insieme di criteri e/o attese.
La
valutazione a scuola serve/dovrebbe servire a:
1) migliorare le
decisioni relative all'apprendimento di ogni alunno;
2) informare
l'alunno e i suoi genitori sui progressi eventualmente
compiuti;
3) conferire titoli e rilasciare certificazioni;
4) migliorare
la qualità dell'insegnamento (J. Cardinet).
Con la valutazione a scuola si
tende di rispondere a due tipi specifici di richiesta:avere
certificazioni pubblicamente apprezzate e riconosciute, migliorare il
processo di insegnamento/apprendimento. La buona valutazione è
quella che si inscrive in una prospettiva di regolazione del processo
di formazione e che dà le migliori garanzie sulla credibilità dei
titoli rilasciati, esigenze in notevole crescita nel momento in cui si
procede a costruire curricoli centrati sui risultati di apprendimento e
a organizzare il sistema di istruzione come rete di istituzioni
autonome.
Nell'attività di valutazione si realizzano tre distinte azioni:
verificare la presenza dell'oggetto sapere o apprendimento ; situare
tale oggetto in rapporto ad uno standard, giudicarne, apprezzarne il
valore. In quanto giudizio di valore, il giudizio di valutazione è
problematico per costituzione, nel senso che non puo' arrogarsi la
facoltà di dire qualcosa con assoluta certezza o come verità
incontrovertibile sui risultati di apprendimento.
La valutazione è misura?
Dire qualcosa con certezza, invece, è stato l'obiettivo perseguito per
decenni da quelle correnti della docimologia che hanno coltivato il
sogno della misura esatta nella valutazione. Una pretesa che forse è un
'illusione se si tratta di valutare competenze, che puo' essere
inseguita solo alla condizione di ridurle agli aspetti
osservabili e quantificabili delle prestazioni in cui si rivelano. Le
competenze non si danno a vedere tutte direttamente. Le si deducono a
partire dalle loro manifestazioni. Ma a dire la verità le prestazioni
stesse sono costrutti multidimensionali, perchè non si risolvono tutte
nella mera escuzione di un compito secondo un insieme prestabilito di
conoscenze tecniche, di procedure progettate in anticipo, di
convenzioni
sociali. Le prestazioni presuppongono le dimensioni motivazionali e
personali che scaturiscono e/o vengono richieste nel rapporto con il
contesto, dove esse si esprimono con la padronanza delle eventuali
incertezze e delle possibili variabili delle situazioni.
"Per essere misurato un oggetto deve essere definibile su una sola
dimensione; se l'oggetto ha parecchie dimensioni, ciascuna deve essere
isolabile e dovrà essere stimata separatamente. (...) Si potrà stimare
l'insieme cioè l'oggetto considerato nello stesso tempo in tutte le
dimensioni, se queste possono essere ricondotte ad nuova unica
scala"(Ch. Hadji). Quale genere di apprendimento puo' essere ridotto ad
una sola dimensione? E questa dimensione con quale unità la misuriamo
? E' possibile avere il rigore della misurazione senza sterilizzare la
complessità di ogni apprendimento? Questi sono i problemi le cui
soluzioni tentate dalla docimologia non risultano persuasive. Dice Ch.
Hadji" Misura e valutazione in senso stretto sarebbero i due
opposti di un medesimo continuum, quello delle operazioni di lettura
della realtà. Lettura con l'aiuto di una griglia oggettiva, che cerca
di
non evadere dall'universo dei fenomeni dati in un caso. Griglia che
oltrepassa la realtà perchè fa intervenire delle considerazioni di
dover-essere nell'altro". E ancora "Valutare è situarsi a proprio agio
nella sfera della comunicazione per produrre un discorso che apporta
una risposta argomentata ad una domanda di valore. La valutazione non
si
riduce mai ad una semplice misura ed è sempre cosa diversa
dell'osservazione".
La valutazione si realizza in un giudizio di valore, che la misurazione
rende possibile. Non ha senso ridurre il giudizio di valore al giudizio
di realtà, come si tenta spesso di fare. Operazioni del genere si
iscrivono in orientamenti di stampo razionalistico e oggettivistico,
messi in crisi, però, dalla crescente consapevolezza che la
conoscenza
non è identificabile con un modello di scienza riconducibile a forma di
rappresentazione logico-formale di un mondo esterno, oggettivo e
misurabile e che si possa sviluppare in forma lineare e
cumulativa. Nelle operazioni di valutazione convivono naturalmente sia
l'intenzione della misurazione, sia l'intenzione dell'interpretazione
che si realizza nel giudizio di valore. Sono intenzioni distinte che
non
si possono rendere antagoniste, perchè ambedue reciprocamente danno
senso e consistenza alle finalità della valutazione nei processi di
valutazione.
Raimondo Giunta
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