Amore e ginnastica, di Edmondo De Amicis. Amore e scuola d’altri tempi
Data: Martedì, 29 novembre 2016 ore 08:00:00 CET
Argomento: Istituzioni Scolastiche


Mi ricordavo solo quel bacio, quel lunghissimo e appassionato bacio finale tra la “maestra di ginnastica” e il “segretario”, atteso per tutto il film ed arrivato inaspettatamente, e durato a lungo, fino ai titoli di coda… e anche oltre! Arrivato proprio quando tutto sembrava finito, quando il povero innamorato don Celzani, aveva già fatto le valigie e salutato il suo “signor zio”, per andare lontano, “a Genova forse, o nelle lontane Americhe, o a Novara, da quel suo cugino” e anche per la signorina Pedani era giunto il momento del non ritorno, rimasta sola nella casa, che condivideva fino a poco tempo prima con la signorina Zibelli. E alla fine, come tutte le cose belle,… arriva il bacio, “l’apostrofo rosa sulla parola t’amo!”. Quel “Dio grande!”, l’esclamazione che suggella la storia d’amore, nata in un palazzo della buona borghesia torinese alla fine dell’Ottocento del neonato Regno d’Italia.

E l’altra sera il film l’ho rivisto con immenso piacere su youtube, diretto dal regista Luigi Filippo D’Amico, con Lino Capolicchio, nei panni di Simone Celzani, e la prorompente Senta Berger, la “mitica” Maria Pedani, il film è del 1973 ed ha ancora la freschezza e la sensualità dei giorni nostri! Tratto dall’omonimo romanzo breve di Edmondo De Amicis (l’autore del famoso libro Cuore), pubblicato quasi clandestinamente nel 1892, “Amore e ginnastica” è un racconto che tracima d’humour, sensualità, malizia e acutezza psicologica. Siamo a Torino, alla fine dell’Ottocento, il giovane Simone Celzani è perdutamente innamorato della maestra di ginnastica Maria Pedani. Lui, timido, ex seminarista, ha un fisico tutt’altro che da sportivo.

Lei, al contrario, è bella, moderna con un fisico impetuoso e, per i tempi, molto all’avanguardia, quasi spregiudicatamente femminista. E’ un’insegnante di ginnastica che ama il suo lavoro, che lo considera quasi una missione sociale, un dovere civile da compiere per l’elevazione morale, e soprattutto “fisica” dei giovani e dell’intera società. Società che all’epoca, siamo all’indomani dell’unità d’Italia, con una scuola basata ancora sulla legge Casati, tanto per intenderci, è ancora “sfrontatamente” retrograda, provinciale e bacchettona. E la scuola appare come un campo di battaglia dove si contrastano forze divise tra slanci ideali, piccoli segreti individuali e “dissapori” (diciamo così) tra colleghi,… proprio come ora, va. In fondo, non è poi cambiata granché la scuola! De Amicis racconta infatti i retroscena di una passione collettiva per una maestra di ginnastica, la Pedani, bellezza femminile atletica e dominatrice.

Tra i suoi tanti spasimanti spiccano un ex seminarista, “dotato di una forte sensualità contenuta”, e uno studente, che non ama perdere tempo e appena può allunga le mani. Intrigante anche il rapporto della Pedani con la Zibelli, un’altra donna, “femmineamente” vibratile e passionale, con cui convive in un ménage abitativo complicato e sorprendente. Tutt’intorno c’è la città di Torino, la capitale della nuova nazione italica, con i suoi umori e malumori, le speranze e le attese, le aspettative e la realtà. Soprattutto c’è la ginnastica, questo nuovo “mito”, che incarna il desiderio ancestrale di rinascita e di riscatto della carnalità, del corpo, e anche della nazione, dove tutto è da costruire, “fatta l’Italia bisogna fare gli italiani”, appunto! E poi c’è l’amore, sopra tutto, come sempre, l’amore che nasce dovunque, dove meno te l’aspetti, anche in un condominio, nelle scale, nei salotti della buona borghesia, e tra i corridoi e le aule degli edifici scolastici, tra la bella grafia dei registri delle elementari e gli abbecedari. E la teoria dell’amore che deve “abbandonare i movimenti ginnici inutili e lenti per diventare dinamica e plasmare un corpo agile, svelto, scattante, tramite l’esercizio fisico e il duro lavoro quotidiano”.

E anche l’Italia deve compiere la stessa attività per ottenere un progresso forte e vigoroso. Ma a me interessa soprattutto la storia d’amore appassionata, vissuta, sofferta di don Celzani (don soltanto per il comportamento e per gli studi seminaristi), follemente innamorato, che come tutti (noi) innamorati si comporta come un pazzo, senza riuscire a gestire la sua normale vita quotidiana con discernimento. Non è un uomo muscoloso con un fisico prestante, ma per amore della signorina Pedani corre in palestra ad affaticarsi in moderni allenamenti. (Quantu po’ ‘n pilu di fìmmina!). Il suo unico scopo è fare colpo su di lei. Ci riuscirà? Lei, intanto, è tutta casa e scuola e non vuol sentir parlare di uomini, tutta presa com’è dalla sua “missione” di diffondere il “verbo” della ginnastica nella “mente” della scuola e della giovane nazione italiana.

L’incontro “fatale” fra l’amore e la ginnastica conduce all’esaltazione e alla sublimazione del pensiero di “Lei”, effetto d’un sentimento smisurato e appagante ed anche ad azioni bizzarre e quasi ridicole. Il contrasto cresce sempre di più senza trovare un punto di incontro. Quando poi tutto sembra perso si ritorna nell’unica strada possibile. La ginnastica e l’amore. Un racconto rinascimentale, scritto con dolcezza d’altri tempi e con esilaranti particolari linguistici. I due personaggi per tutto il film sembrano non incontrarsi mai (come i due innamorati nel Cantico dei Cantici. Che coincidenza!), sono quasi degli esempi di due categorie sociali distinte, di due blocchi contrapposti, di due Italie, una maestra dedita alla missione d’insegnare, “un lavoro fondamentale per la patria”, ed un borghese, con un lavoro “ereditato dal facoltoso zio”, intento a far quadrare i conteggi mensili ed a contribuire alla crescita economica della nazione.

Ma alla fine quel bacio mette d’accordo tutta la storia, la nascita d’un nuovo amore e la crescita dell’Italia. Quel lungo incredibile bacio… “Dio grande!”. Peccato che è solo un film, peccato davvero…

Angelo Battiato





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