Compiti a casa. Genitori sindacalisti e genitori elicottero
Data: Giovedì, 20 ottobre 2016 ore 07:30:00 CEST
Argomento: Redazione


Da alcuni giorni la stampa e i media danno risonanza alle proteste di alcuni genitori per i compiti a casa assegnati ai figli.
Lo studio fra le mura domestiche, pratica data per scontata da sempre, oggi diventa un problema, tant'è vero che il Ministro dell'istruzione è intervenuto per placare gli animi. «Lo studio non è lavoro ma la forma più gloriosa di gioco», scriveva Luciano De Crescenzio, e lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione dell'inaugurazione dell'anno scolastico, alcuni anni fa ha affermato con saggezza: "Ragazzi studiate, di studio non si muore". Insomma, alunni e genitori schierati contro gli insegnanti, pronti a manifestazioni e boicottaggi dei compiti a casa.

La cosa grave, comunque, è data dal comportamento degli adulti: i figli non si sognerebbero mai di mettere in discussione quanto chiesto dalla scuola, se non fossero spalleggiati da mamma e papà, sempre più calati nei panni di "sindacalisti" e quasi "genitori-elicottero" ronzano continuamente sulla testa dei loro ragazzi imponendo una presenza fisica e psicologica esagerata, impegnando i ragazzi in molteplici attività pomeridiane che tolgono tempo allo studio e al gioco senza stress, tensioni e lunghe file nel traffico.

È questa la prova della fragilità della collaborazione scuola-famiglia, ma è pure la prova della tendenza a concepire l'apprendimento come gioco o intrattenimento, da cui sono del tutto esclusi lo studio e l'impegno. Certo, nessuno dubita che gli eccessi vadano evitati e che gli insegnanti debbano individuare soluzioni idonee a ripartire sempre in maniera apprezzabile il carico di studio casalingo, ma sostenere la necessità dell'eliminazione del lavoro scolastico casalingo significa soltanto impoverire la qualità dell'offerta formativa: se è vero che la lezione è la fase centrale della didattica, è altrettanto innegabile che serve un tempo di assimilazione (tramiti gli "esercizi" a casa) senza il quale ciò che si è fatto in classe non si assimila.

Inoltre, i compiti in casa sono anche finalizzati ad abituare i giovani all'autonomia organizzativa.
La positiva esperienza del "tempo pieno" e del "tempo prolungato" consentiva di svolgere per intero l'attività di studio a scuola, dove si entrava "bambini" e si usciva "bambini", liberi da impegni ulteriori.
L'aver ridotto il tempo scuola alle sole lezioni del mattino, sollecita la necessità dello studio a casa, per cui si esce da scuola non più bambini, ma "studenti" con un carico di compiti da svolgere.

Se poi si aggiunge la pressante richiesta della "settimana corta" che prevede la concentrazione di cinque giorni di un carico scolastico, previsto in sei giorni, la situazione si complica specie per le scuole del secondo grado. Non si può avere tutto: giorni liberi, settimana corta e pochi compiti.
La capacità e saggezza organizzativa dei docenti potrà bene organizzare l'assegnazione dei compiti, che sono necessari per un reale esercizio di apprendimento.

Alla positiva azione della scuola dovrà rispondere principalmente la collaborazione dei genitori.
"É ora che i padri e le madri ritornino dal loro esilio - perché si sono autoesiliati dall'educazione dei figli - e riassumano pienamente il loro ruolo educativo. ha detto Papa Francesco. E questo soltanto lo può fare l'amore, la tenerezza e la pazienza".

Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it





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