Fantasticherie linguistiche per una buona scuola
Data: Martedì, 04 ottobre 2016 ore 09:00:00 CEST
Argomento: Opinioni


Tutto iniziò, se la memoria non ci inganna, con il "Qui manebimus optime" di Berlusconi. Cicerone, aveva detto "hic", che è avverbio di luogo, mentre "qui", in latino, è pronome relativo. Ma per un uomo d'azione, come l'ex Cavaliere, quello che conta è il messaggio. E il messaggio era chiaro e forte. Qui o hic, non si sarebbe smosso da lì. Per schiodarlo dalla poltrona hanno impiegato altri vent'anni. E la citazione sbagliata? Bazzecole. Il latino è come il sapone sul lastricato, viscido e insidioso. E un "classico" scivolone sull'onda dell'enfasi oratoria può capitare a tutti. La cosa peggiore però non è stato lo schiaffo a Cicerone, quanto l'aver "legittimato" - tanti altri (e peggiori) scivoloni ...

La più rapida a raccogliere il testimone è stata la Gelmini, per lunghi anni ministro dell'Istruzione e della Ricerca nei governi Berlusconi, quando la compagine di maggioranza si faceva chiamare Polo del Buon Governo.
Oggi di "buona" c'è rimasta solo la scuola. In nomen omen? Ma lasciamo perdere le polemiche. Gelmini è la donna che armata di tanto coraggio e di pochi slogan (ricordate le famose tre "i"?) ha affrontato il filosofo Gentile sul terreno insidioso della pedagogia e ha ridotto in ceneri la scuola (quella gentiliana, cosa credevate?) tirando la volata ai nuovi riformatori.

Altri ci avevano provato prima, ma a lei è riuscito. Sarebbe potuta essere ricordata per questo, e invece no. Il destino cinico e baro l'ha fatta inciampare in una trappola che anche la più smandrappata delle maestrine avrebbe evitato: il pastrocchio del tunnel partorito dalla fantasia dei suoi collaboratori al Ministero e lanciato in tv con grande enfasi.
Poi è arrivato l'uno - due che avrebbe steso al tappeto qualsiasi altro ministro dell'Istruzione (l'accento malandrino finito sulla "i" di egida"), mentre lei è rimasta al suo posto. Optime.

Neanche i suoi colleghi di governo, però scherzavano. Bossi ha avuto anche lui i suoi momenti di gloria. Ne ricordiamo la limpidità dell'eloquio quando riecheggiando l'incipit di una poesia di Monti, proclamò che il tiranno (Berlusconi) era caduto.
Poi il leader della Lega, tornò sui suoi passi e dismessi i panni di Massimiliano Robespierre (mantenendo però quelli del poeta di riferimento), diede prove di capacità trasformistiche, da fare invidia a Fregoli. Da vero e proprio luminare, prese di punta la Medicina e addentrandosi con sicurezza nei meandri più oscuri della gastroenterologia e della tricologia, proferì le seguenti parole alate: "a quello lì (Oscar Luigi Scalfaro) con una scureggia gli sbianco i capelli".
Oltraggio al Capo dello Stato? Macché, semplici esternazioni.

Neanche oggi, però, si scherza. Se i congiuntivi degli uomini di punta del Movimento 5 Stelle sono da matita blu, la replica di Alfano non è da meno. Ammaestramenti di vita e di sintassi graziosamente elargiti, sono esposti in un italiano che chiamare maccheronico è puro eufemismo. Sulla stessa frequenza d'onda il Premier, che dopo le note uscite pubbliche in inglese e in francese, deve essere stato sconsigliato di avventurarsi in evoluzioni linguistiche di stampo manzoniano. Una scelta conservativa di cui sembra avere fatto tesoro.

Peccato che nessuno gli abbia detto un'altra cosa di grande importanza, e cioè che fare l'insegnante (anche solo in tv) senza averne la preparazione può essere insidioso tanto quanto pensare di potere parlare in latino al Papa, contando su pochi e vaghi ricordi liceali.

Sarà stato per questo che con un piglio degno del migliore maestro Manzi, il nostro premier si è cacciato in situazioni ai limiti del surreale, come quando si è deciso a spiegare (in maniche di camicia), agli italiani (ridotti in mutande) le bellezze e le magnifiche sorti della Buona Scuola. L'occasione non sembra essere stata molto propizia, e con il confondere nomi e aggettivi, il Premier ha messo irrimediabilmente in crisi la propria credibilità come futuro professore.

Gli è restata però una consolazione, quella che la causa per la quale si sta battendo è valida.
L'Italia ha davvero bisogno di una buona scuola.

Alfio Chiarello





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