Libri digitali, ecco perché nelle scuole italiane stentano a decollare
Data: Domenica, 18 settembre 2016 ore 07:13:24 CEST
Argomento: Rassegna stampa


L’1% dei libri usati a scuola è esclusivamente digitale. La maggior parte è mista, ma solo due ragazzi su dieci accedono online ai contenuti multimediali. «Poche aule digitali», dicono gli editori. Il Miur nega. E c’è anche un problema di piattaforme
Solo l’1% della spesa per libri scolastici, che ammonta ad un miliardo di euro, è investita in testi esclusivamente digitali. In circolazione ci sono 6 mila titoli solo digitali (su 35 mila) e, come se non bastasse, si stima che solo il 20% degli studenti consulti la parte digitale dei libri misti (carta ed elettronica), che rappresentano l’85% del mercato complessivo. A dispetto di tutti gli allarmi per lo zaino pesante, e della circolare Carrozza, che nel 2013 sanciva la liberalizzazione dei testi scolastici, varando una serie di risparmi per le famiglie che avrebbero adottato gli e-book, il libro digitale resta ancora una rarità. Guardata con sospetto dalle famiglie, con disagio da una generazione di professori non più giovane (51 anni l’età media), la rivoluzione digitale a scuola fatica a decollare. «Per introdurre il digitale ci vuole intelligenza e metodo», sottolinea la dirigente Luciana Ceccarelli, la prima che ha portato nelle scuole del I ciclo la rete Book in progress, che autoproduce, grazie al lavoro di 800 docenti sparsi in tutta Italia, i libri scolastici: non solo digitali.
LO ZAINO DI MIO FIGLIO PESA 9 KG
Le ragioni di un fallimento
Cartelle super-cariche e costi lievitati non hanno spinto il digitale nelle scuole italiane. Le ragioni di quello che appare a prima vista come un fallimento – «Il libro del futuro sarà sempre meno cartaceo e sempre più elettronico», enunciava un comunicato del Miur del 27 settembre 2013- sono molteplici e complesse. «C’è tanta offerta e poco consumo», dice Alfiero Lorenzon, direttore dell’Associazione italiana editori. «Gli editori stanno investendo tantissimo, tant’è vero che i titoli solo cartacei sono rimasti pochissimi. Quasi tutti i libri scolastici ormai hanno una parte digitale, che comprende in genere esercizi autocorrettivi, spiegazioni con slide, esperimenti, percorsi multimediali di ricerca. Ma il fatto che solo il 20% dei ragazzi vada a consultarli, pur avendoli a disposizione, significa che la parte digitale non viene usata molto dalla didattica.Il motore non è più immobile- insiste Lorenzon- ma va con la prima. L’impressione è che le scuole non siano ancora preparate, anche per la banda larga: solo il 25% delle aule è digitale». Un’accusa che però il ministero dell’Istruzione respinge in pieno, sottolineando che con un investimento di circa 88 milioni di fondi europei è stato possibile finanziare lo scorso autunno 6.108 scuole per la realizzazione di nuove rete wi-fi (4532) e/o ampliamento della rete esistente. Considerato che i plessi attivi – da Anagrafe dell’edilizia scolastica- risultano essere 35 mila circa, solo con questo intervento verrà cablato, entro dicembre, circa il 60% degli edifici e quindi dei plessi. Che si aggiunge al 20% delle scuole che risulta essere già cablato. «L’obiettivo, per il 2018, è di arrivare al 90%», dicono fonti di viale Trastevere. E gli accordi che si stanno siglando con le Regioni (in primis Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna) servono anche a velocizzare questo processo.
Problema di piattaforme?
Allora cosa manca? Attualmente nelle scuole primarie e secondarie di primo grado meno dell’1% dei libri è esclusivamente digitale, e anche alle scuole secondarie di secondo grado, dove in genere la digitalizzazione è ben accetta dagli studenti, si ferma all’1,1%. «Spesso c’è anche un problema di piattaforme- rileva Giampiero Monaca, insegnante di scuola primaria ad Asti e fondatore dell’associazione Bimbisvegli, che promuove un equilibrio tra analogico e digitale- Molti sono usufruibili solo con sistema Windows, pochi per Mac Osx e pochissimi per Ubuntu o altri, il che è una brutta violazione del pluralismo: se una casa editrice pubblica un libro ministeriale, il ministero dovrebbe pretendere che la sua fruizione sia universale».
MA AI NATIVI DIGITALI PIACE IL LIBRO DI CARTA
«In effetti il wi fi non è sempre essenziale- conferma la preside Ceccarelli – Molti libri si scaricano sul computer o sull’iPad, ma spesso i ragazzi non possono usare il materiale digitale perché con i mezzi che hanno a disposizione non funzionano. E poi il libro digitale non può essere semplicemente un Pdf che si può leggere sullo schermo, ma deve avere contenuti extra, e questo significa per gli editori assoldare squadre di esperti che li realizzano. Purtroppo c’è poca autoproduzione: anche noi di Book in progress prima facciamo la versione cartacea poi quella multimediale, che richiede delle competenze specifiche. Se la versione digitale è fatta bene, è un vantaggio enorme, anche per i ragazzi con problemi di apprendimento. Sono convinta che il futuro sia lì». E infatti di istituti che sfruttano il digitale per dare un valore aggiunto all’istruzione dei propri studenti ne esistono diversi in Italia: dal liceo Copernico di Brescia al Majorana di Brindisi. L’istituto comprensivo di Carrara, ad esempio, con i suoi 1200 studenti, vanta classi «flipped», laboratori di storia, tecnologia e scienze, i-Pad per studenti, un gruppo di docenti che fa assistenza e micro corsi agli insegnanti meno pronti sul digitale: «Ma ci stiamo lavorando da anni- rivendica Ceccarelli- Ho fatto progetti, strappato quattrini agli industriali, usato fondi ministeriali: ho fatto delle scelte precise. Perché del digitale a scuola bisogna fare un uso intelligente».

Corriere della sera





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