Sui danni e le iniquità generati dalla effettuazione della mobilità in due fasi
Data: Venerdì, 19 agosto 2016 ore 08:30:00 CEST Argomento: Opinioni
Sugli
esiti della mobilità 2016/17 è stato detto e scritto ormai di tutto.
Adesso tutto il clamore sta confluendo nella lotta intestina tra
docenti: i neoimmessi rimpiangono il lavoro precario, precario sì ma
più comodo; i residuali precari delle GAE gridano al furto di cattedre
che avverrà con le assegnazioni provvisorie; gli uni gridano agli
altri: "Lo sapevate che sareste finiti lontano da casa! Adesso non
sottraeteci i posti per gli incarichi a TD". Gli altri rispondono:
"Peggio per voi che non avete voluto correre il rischio di entrare in
ruolo sì, ma all'altro mondo".
Pochi, dunque, sembrano essere i docenti veramente soddisfatti
dei risultati ottenuti.
Tra questi, mi permetto di aggiungere il coro di lamentele dei docenti
appartenenti alla fase A della mobilità (immessi ante 2014/15). Anche a
questi la mobilità straordinaria non ha lesinato sgradite sorprese.
La mobilità intra-provinciale di fase A, infatti, si è giocata soltanto
sui posti liberi per pensionamenti, eventuali incrementi in organico di
diritto o resi liberi da movimenti esclusivamente intra-provinciali.
Eventuali sedi liberatesi a seguito di trasferimenti interprovinciali
sono andate a vantaggio delle fasi successive della mobilità e a danno
dei docenti già titolari in provincia, con i risultati che seguono e
che riporto sulla base di esperienza diretta.
1) E' il mio caso. Chiedo, in fase A, passaggio di ruolo e non
l'ottengo per assenza di cattedre libere. In fase interprovinciale si
liberano le cattedre ma ormai vengono occupate da passaggi di ruolo
interprovinciali. Risultato: mi tengo stretta la mia cattedra nella mia
classe di concorso e a casa mia. Ci resto un po' male, ma per rispetto
di situazioni ben peggiori della mia non voglio neanche farne un dramma.
2) E' il caso di una mia collega. Questa docente non ottiene
trasferimento nel comune richiesto per mancanza di cattedra. In fase
interprovinciale, invece, si liberano le cattedre ma ormai vengono
occupate da passaggi di ruolo interprovinciali o da neo-immessi di fase
C.
La collega si rassegnerà quindi a continuare a percorrere
tranquillamente i suoi 100 km quotidiani, benché all'interno della
propria provincia.
Se mi è concesso, però, 100 km sono pur sempre 100 km, fatti di costi,
rischi, fatica, ore sottratte alla famiglia e alla professione stessa.
Situazione - di certo - mai paragonabile alle separazioni forzate in
atto in questi giorni, ma vedersi sfumare sotto agli occhi la cattedra
del proprio comune solo perché la sequenza delle operazioni quest'anno
ha previsto un nuovo e discutibile ordine di assegnazione delle
cattedre, non sarà sicuramente piacevole.
Con il contratto di mobilità degli scorsi anni, invece, queste
situazioni non si sarebbero mai verificate, perché i movimenti
intra-provinciali e interprovinciali operavano simultaneamente, per cui
eventuali cattedre resesi libere in uscita venivano contestualmente
occupate da docenti in entrata con la consueta sequenza di precedenze
(prima i movimenti comunali, poi quelli tra comuni diversi, e solo alla
fine quelli interprovinciali e di mobilità professionale).
E' mai possibile che i sindacati non si siano resi conto, in fase di
stesura del CCNL, del vulnus che si sarebbe verificato con la scissione
tra i movimenti intra e inter provinciale?
Sarebbe stato necessario unificare la fase A e B dei movimenti. Alcune
situazioni ingiuste, forse, non si sarebbero verificate.
Adesso non credo che sarà facile sanare queste situazioni, prima perché
si sono verificate rispettando una sequenza contrattuale, per cui si
può solo ricorrere contro il destino e la sfortuna; poi perché adesso
gli ambiti sono talmente saturi, almeno nella mia provincia, che
eventuali posti liberi dei prossimi anni serviranno solo a compensare
prevedibili esuberi.
Con la speranza che anche questa, tra le altre rimostranze, venga presa
in debita considerazione da chi dovrà mettere mano alla mobilità negli
anni a venire, auguro a tutti di svolgere comunque il proprio ruolo con
la professionalità che i nostri alunni - ed essi soltanto - meritano.
Filippo Bosco
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