Quando a parlare non è il senso di giustizia ma l'interesse ...
Data: Giovedì, 18 agosto 2016 ore 07:00:00 CEST
Argomento: Sindacati


Nei giorni scorsi, per l'ennesima volta, abbiamo assistito alle sferzate mediatiche rivolte all'indirizzo dei docenti della scuola primaria diplomati magistrali che, oltre ad aver subito negazione e sfruttamento per più di un decennio, si sono visti, negli anni, attaccare da tutti: colleghi con lo stesso titolo, colleghi con titoli diversi, docenti universitari, rettori, politici, amministratori, ecc. Non sono bastati il palese sfruttamento, la negligenza subita ammantata di meritocrazia, la negazione amministrativa fino alle vessazioni. Gli attacchi ora provengono dall'interno, dalle stesse graduatorie nelle quali, faticosamente e dopo un percorso giudiziario ancora non terminato, sono stati inseriti questi docenti. Le motivazioni alla base degli ennesimi colpi, a volte troppo simili ad insulti, sono chiare e comprensibili: chi è rimasto in attesa per anni dell'ambito posto di lavoro oggi si vede sfumare o allontanare la prospettiva e quindi si oppone.

Legittima e comprensibile posizione che, se ben argomentata, avrebbe portato ad una maggiore compattezza della categoria, non alle solite, profonde, lancinanti spaccature, che non giovano a nessuno. Sebbene l'associazione che rappresento si sia assunta la difesa di interessi di parte, con determinazione e tenacia, non abbiamo mai dimenticato di sottolineare le ingiustizie e le iniquità che attraversano il sistema scolastico italiano, in particolar modo il reclutamento dei docenti, ormai caratterizzato da mancanza di trasparenza e da totale assenza di lungimiranza e diritto.

Tuttavia, la stessa cautela è poco diffusa, specie quando si vedono lesi altri diritti. Peccato che, da anni, si tenda a difendere i propri negando i diritti altrui e, cosa deprecabile, tacendo, disconoscendo o ignorando le ragioni storiche che hanno determinato le attuali nuove disparità, frutto di politiche insensate e di interessi poco edificanti di cui noi insegnanti siamo solo vittime, tutti. Questo porta a presentare coloro i quali si sono dovuti rivolgere ai tribunali per conquistare un riconoscimento professionale tardivo e agognato come degli impostori, come coloro i quali hanno voluto usare scorciatoie per scavalcare chi aveva, o sentiva di avere, più diritti o "veri" diritti.

Ma le ragioni di questo non vengono mai raccontate, così come non viene detto perché i docenti inseriti in Gae in seguito ad un ricorso sarebbero avanti a chi è magari iscritto nella stessa graduatoria da anni.
Forse perché il punteggio di inserimento è alto? E come mai è alto?

Tacere questo è un effetto del negazionismo tutto italiano che attraversa ogni ambito della nostra vita sociale, ormai allo sbando culturale. I diplomati magistrali, infatti, quelli che "passano avanti", per intenderci, hanno lavorato da sempre, nelle scuole statali o paritarie, inseriti quindi a pieno titolo nel sistema di reclutamento a tempo determinato. Hanno praticamente permesso al sistema di reggersi, di formare ed educare milioni di bambini, di trasferire la cultura e l'identità nazionale, di acculturare bambini migranti ... da precari, per oltre dieci anni, con l'unico titolo che, per oltre mezzo secolo, dava accesso all'insegnamento nella scuola primaria, ex scuola elementare, e nella scuola dell'infanzia, ex asilo.

I posti che hanno ricoperto, spesso erano lasciati vacanti proprio dai docenti delle Gae, che non accettavano incarichi a tempo determinato in attesa del ruolo. Oppure, sopperivano alle necessità derivanti da malattia, infortunio o maternità, coprendo incarichi di mesi, di un intero anno scolastico, garantendo il sostegno ai diversamente abili, per la carenza cronica di docenti specializzati causata dalla aberrante politica del numero chiuso attuata dalle università negli ultimi anni. Insomma, docenti tappabuchi, validi per essere spremuti, sfruttati e infine umiliati dalla stessa amministrazione che li ha assunti e dai colleghi.

Il loro punteggio, quindi, è frutto del lavoro ma, in molti casi, anche dai titoli culturali posseduti, come lauree, specializzazioni e master. Insomma, docenti abilitati e con consolidata esperienza professionale, cosa questa che, a seguito dei ricorsi, permette loro di guadagnare ambite posizioni, valide per l'assunzione a tempo indeterminato.

E' colpa loro se l'amministrazione non ha saputo trovare soluzioni adeguate ed ha permesso che questa pletora di docenti si affollasse adesso nelle Gae, quando avrebbero invece dovuto, negli anni passati, beneficiare di misure adeguate al loro profilo?
 
Perché l'amministrazione non ha bandito concorsi per tredici anni, causando oggi questi conflitti di interessi diversi, di cui i docenti sono solo vittime, non causa?

Insomma, ogni qual volta ci accostiamo alle aporie del sistema scolastico non possiamo che porci domande alle quali vorremmo poter rispondere noi, ma non è nostro compito. Oggi, dopo anni di sfruttamento, i precari storici aspettano ancora delle risposte, dopo le illusioni del concorso farsa e dopo le beffe delle inutili abilitazioni conseguite, sulle quali il Ministro, dice, si riserverà di approfondire.

Non possiamo negare il disgusto e la rabbia di fronte a tutto questo e alle vessazioni che continuamente subiamo.
Non smetteremo di lottare per riequilibrare questo sgangherato sistema, convinti che equità e giustizia siano perseguibili a vantaggio di tutti.

Valeria Bruccola, Coordinatrice Nazionale Adida





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