Abuso dei permessi ex Legge 104/92 – Ancora una volta la Cassazione legittima il licenziamento
Data: Venerdì, 12 agosto 2016 ore 08:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
PREMESSA
Continua la linea dura della Cassazione contro gli abusi dei permessi
previsti dalla Legge 104/92. Infatti, con due recenti Sentenze, la n.
9749/2016 e la n. 9217/2016, è ritornata sul tema, ribadendo la
legittimità del licenziamento irrogato a seguito dell’accertato
illecito utilizzo di tali benefici. Circa un anno fa, con un contributo
di maggio 2015 (http://www.scuolaeamministrazione.it/it/legge-10492/),
ci siamo occupati di una sentenza della Cassazione, la n. 8784/2015,
che giustificava il licenziamento per giusta causa nel caso di uso
illegittimo dei permessi per l’assistenza di cui all’art. 33 della
Legge 104/92.
Già nel citato contributo, a firma sempre di chi scrive, si affermò che
la sentenza avrebbe creato un “precedente giurisprudenziale” di
rilievo, incidendo così anche sull’intero sistema normativo che regola
la materia.
Così è stato!
Un precedente, dunque, che poteva essere applicabile, anche, al
personale del mondo della scuola. Infatti, il diritto di fruire dei
permessi in questione deriva da una disposizione di legge che riconosce
tale possibilità a tutti i lavoratori dipendenti sia pubblici che
privati, previo accertamento di alcuni requisiti.
Insomma, se le regole del gioco sono le stesse, il principio, quindi,
vale per tutte le categorie di lavoratori dipendenti pubblici e
privati, motivo per cui una sentenza, anche se non afferisce
direttamente al mondo della scuola, crea giurisprudenza anche per esso.
NON AMISSIBILE L’ABUSO, ANCHE PARZIALE, DEL PERMESSO
Con la Sentenza 17 febbraio 2016, n. 9749, la Corte di Cassazione ha
legittimato un licenziamento per giusta causa a carico di un lavoratore
dipendente che usufruiva dei permessi della Legge n. 104/1992 per
svolgere altre attività lavorative (comportamento ritenuto contrario al
minimo etico). Con la Sentenza 06 maggio 2016, n. 9217, la Corte di
Cassazione ha legittimato un licenziamento per assistenza prestata solo
parzialmente.
La Suprema Corte ha ritenuto non ammissibile un’assistenza solo
parziale durante le ore di permesso concesse dal datore di lavoro,
costretto a sopportare modifiche organizzative (spesso con
intensificazione di lavoro per gli altri lavoratori) per sopperire
all’assenza del dipendente in permesso. Difatti, il lavoratore aveva
richiesto alcuni permessi in parola per prendersi cura di una parente
non convivente, affetta da grave disabilità ma, in realtà, l’aveva
assistita per un numero di ore assai minore.
Dunque, l’abuso sia totale che parziale legittima sempre il
licenziamento per giusta causa.
VERIFICA DELL’ABUSO CON I CONTROLLI DIFENSIVI
Tuttavia, mentre è abbastanza agevole comprendere che si commette una
frode (sia nei confronti del datore di lavoro che viene privato della
prestazione lavorativa dovuta, sia nei confronti dell’intera
collettività costretta ad accollarsi l’indebito costo) se, durante la
giornata di permesso retribuito per assistere il familiare disabile, si
svolgono altre mansioni, più difficile è comprendere come un datore di
lavoro possa verificare l’illecito comportamento, visto che a monte non
sono previsti per legge controlli in tal senso. Infatti, di regola, al
datore di lavoro (per la scuola il Dirigente scolastico) spetterebbe
solo la possibilità di verificare la sussistenza dei presupposti
prescritti dalla Legge 104/92, cioè quella di effettuare un controllo
sulla correttezza formale della domanda presentata, non avendo egli
alcuna discrezionalità in ordine alla concessione del permesso.
Infatti, in base alla Legge 104/92, il dipendente non è tenuto a
giustificare di volta in volta la fruizione del permesso, sicché una
eventuale richiesta in tal senso, da parte ad esempio del Dirigente
scolastico (datore di lavoro), sarebbe illegittima.
A tale riguardo, è opportuno ricordare al lettore un’altra sentenza
della Corte di Cassazione che due anni fa fece molto discutere, ossia
la Sentenza n. 4984/2014, la quale legittimò i cosiddetti “controlli
difensivi” nei riguardi sempre di un dipendente che aveva utilizzato
(abusando) i permessi ex Legge 104/92 per partire in viaggio di
piacere. Anche in quel caso la Cassazione non solo legittimò il
licenziamento per giusta causa, ma di fatto stabilì anche un
“precedente giurisprudenziale”. La Sentenza n. 4984/2014 entrò nel
merito dei controlli che erano stati effettuati da un’agenzia
investigativa, che non solo furono ritenuti leciti dalla Cassazione, ma
anche utilizzabili in giudizio. Essi furono visti come la conseguenza
derivante da un legittimo dubbio (ragionevole sospetto del datore di
lavoro), provato da alcune dichiarazioni rese da due testimoni. In quel
caso, la gravità del fatto era connessa non solo all’allontanamento
temporaneo del dipendente dall’abitazione materna, ma anche alla
circostanza che, nel giorno in cui fruiva del permesso, egli fosse
partito in viaggio di piacere insieme ad amici, con una previsione di
rientro non prossimo. Circostanza che rendeva evidente come il permesso
per assistere la madre fosse stato utilizzato per altre finalità (un
viaggio), per soddisfare le quali sarebbe stato necessario fare ricorso
ad altri istituti, quali, per esempio, le ferie.
CONCLUSIONE
La Cassazione, che è al vertice della giurisdizione ordinaria ed ha la
funzione di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione
della legge, con numerose sentenze ha stabilito un principio
fondamentale, secondo cui l’uso improprio del permesso per l’assistenza
dei congiunti (art. 33 Legge 104/92) giustifica il licenziamento per
giusta causa, in quanto compromette irrimediabilmente il vincolo
fiduciario indispensabile per la prosecuzione del rapporto di lavoro. A
tutto ciò si deve comunque aggiungere il fatto che l’utilizzo dei
permessi per fini diversi da quelli per i quali sono stati concessi e
la falsa certificazione possono integrare gli estremi dei reati penali
di falso e truffa.
Una regola che in fondo vale per tutte le tipologie di permessi e che,
a maggior ragione, deve valere anche per i permessi fruiti per
l’assistenza di un parente disabile, il cui costo grava sull’intera
collettività. Si ricordi a tale riguardo che, ad esempio, per le scuole
(amministrazione pubblica), il costo è rappresentato dalla retribuzione
del supplente per la sostituzione del dipendente in permesso, mentre,
per le imprese private, dall’indennità erogata dall’INPS per ciascun
giorno di permesso fruito.
Tuttavia, in numerose sentenze la Cassazione evidenzia che a
giustificare il licenziamento non è tanto l’entità del danno
eventualmente arrecato a cagione della condotta addebitata, quanto
piuttosto l’incidenza di quest’ultima sul fondamentale vincolo
fiduciario che sottende ogni rapporto lavorativo, sia esso alle
dipendenze di un privato che dello Stato.
In sintesi, le numerose e concordanti sentenze della Cassazione
dimostrano che, se è possibile accertare, con qualunque mezzo lecito,
la gravità della condotta del lavoratore che utilizza indebitamente i
permessi per l’assistenza di cui all’art. 33 della Legge 104/92, il
licenziamento è legittimo.
Agata Scarafilo
Scuola e Amministrazione
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