Buona scuola, un anno deludente, senza risposte e lontano dalla complessità del mondo
Data: Giovedì, 23 giugno 2016 ore 06:00:00 CEST
Argomento: Sindacati


La crisi economica planetaria, i conflitti promossi dall'Occidente contro il ruolo crescente di Cina e Russia, l'incapacità dell'Europa di offrire quelle risposte sociali fondate sulla solidarietà che i cittadini si aspettano. E ancora, i cambiamenti strutturali dell'area mediterranea, che vedranno milioni di giovani senza acqua corrente ed elettricità in casa scegliere, come i nostri antenati un secolo fa, la via dell'emigrazione, diventando i nuovi cittadini d'Europa. Il declino non reversibile dell'Occidente per la fine della rapina delle materie prime energetiche e alimentari dei popoli del sud del mondo.

A fronte dell'epocalità di tali avvenimenti, la quotidianità italiana potrebbe essere trascurabile, sebbene proprio dalle risposte a questi grandi temi dipenda la vita di tutti i giorni dei nostri concittadini: lavoro, sicurezza, casa, istruzione, pensioni. In questo contesto il ruolo della scuola e della formazione a tutti i livelli è fondamentale. Un anno di cosiddetta "Buona scuola" ha mostrato tutti i segni, in campo educativo e non solo, di un approccio approssimativo, discriminatorio, lontano delle necessità della società, dei lavoratori, degli studenti.

L'"alternanza scuola-lavoro", ben lungi nella stragrande maggioranza dei casi dall'offrire opportunità di crescita personale dei giovani, ha trasformato, con le parole di Tullio De Mauro, "le scuole in un serraglio di Confindustria", con la riduzione in molti casi degli "stages" a prestazioni di lavoro gratuito e anche poco qualificate.

La confusione rispetto al mondo del precariato ha offerto poche stabilizzazioni e molta nuova burocrazia, un risultato che per altro peggiora le già difficili condizioni di lavoro degli Uffici Scolastici decentrati costantemente sotto-organico.
La richiesta di rispettare la legge italiana e non far coincidere l'esame di terza media e la maturità con la festività religiosa del Ramadan, da noi avanzata da anni, è ancora una volta rimasta inascoltata, disattendendo la legge italiana e contribuendo a una generalizzata intolleranza verso la diversità e più in generale verso il mondo islamico che invece dovrebbe vedere la scuola italiana protagonista di una promozione della conoscenza reciproca.

Il SISA aveva chiesto e chiede ancora che arabo, cinese e russo diventino a tutti gli effetti lingue curricolari, al fianco dell'inglese e delle altre lingue comunitarie.
Sul fronte della storia, della geografia, della storia dell'arte, della musica i proclami governativi sono rimasti tali, senza nessun sostanziale cambiamento, se non una tragica riduzione delle ore, non un aumento, dovuto all' "alternanza scuola-lavoro".
Depotenziato è anche l'insegnamento dell'italiano nel mondo, le scuole, i lettorati e i corsi di lingua italiana subiscono infatti la scure dei tagli, quando proprio la conoscenza della cultura italiana, da Dante e Leopardi a Verdi, dovrebbe essere, almeno per i paesi mediterranei, il volano di una conoscenza capace di superare le barriere.

In egual misura poca attenzione viene prestata qui ai CPIA, i Centri Provinciali Istruzione Adulti che hanno proprio la finalità di promuovere la lingua e la cultura italiane ai cittadini di domani, provenienti da tutti i continenti.
Un altro capitolo si potrebbe aprire sul rinnovo contrattuale, che, ammesso che venga sottoscritto, rischia solo di regalare peggioramenti normativi e nessun miglioramento salariale, meno che mai per una retribuzione europea, mai presa veramente in considerazione da nessun governo degli ultimi trent'anni.

Il bilancio è quindi quello di un anno enormemente deludente e le cui premesse per il prossimo anno scolastico non sono migliori. La volontà del presidente del consiglio di trasformare il referendum di ottobre sulla pessima riforma istituzionale, da bocciare come insigni giuristi hanno spiegato, in un referendum sul governo, raddoppia le ragioni del NO ed è un invito al mondo della scuola perché il voto contrario alle riforme possa significare anche il rifiuto di un governo che ha gridato molto e realizzato poco, per di più sempre subalterno alle logiche liberiste che oramai non solo sono superate, ma palesemente rifiutate dai cittadini.

Davide Rossi
Segretario generale SISA





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