Matteo Renzi e l'interventismo furioso dell'atto politico
Data: Domenica, 12 giugno 2016 ore 08:00:00 CEST Argomento: Redazione
Dispiace
di dover assistere, oggi, ad una narrazione infelice da parte di
chi si è presentato alla ribalta politica come un grande affabulatore
ultrafedele capace di dare ordine e razionalità al suo
racconto e disposto a produrre sulle varie materie
interventi e soluzioni efficaci e discorsi chiari perché
tutti potessero capire, approvare e condividere. Ci aspettavamo uno
sviluppo lineare di certe premesse intraviste negli anni precedenti, di
fronte al decadimento vertiginoso della politica praticata ormai per
fini non già collettivi, comunitari e nazionali, bensì individuali,
familistici e di gruppo. Volevamo una completa realizzazione
costituzionale dei punti sui quali più profonde risultavano le
iniquità sociali e le diseguaglianze regionali e locali ed una
concreta attuazione dei criteri di snellimento del pesante apparato
burocratico e amministrativo con notevole riduzione dei costi di
gestione e di mantenimento dell'amministrazione pubblica, dal centro
alla estrema periferia. E tutto ciò senza nulla togliere
all'ordinamento costituzionale, anzi con grande rispetto dello stesso
nei suoi princìpi generativi e nelle sue radici ideali fondate
sull'universalità e inalienabilità dei diritti umani tipici del
giusnaturalismo moderno.
Matteo Renzi per tutto ciò rappresentava un dono caduto dal Cielo, una
grazia concessa "una tantum" a noi italiani, dopo anni di tribolazioni,
tangenti e rovine clientelari, e di sofferta esperienza del
male politico e burocratico vissuto e patito con profondo dolore
e con somma pazienza che ha impedito miracolosamente
di scardinare con dura violenza la voracità di uomini e partiti
posti e preposti non per il bene pubblico, ma per l'interesse
esclusivamente privatro, per la causa suprema di una ingordigia
partitica gelosissima del proprio spazio di libero pascolo,
necessario o utile alla vitalità dell'azione politica
appropriatoria di beni e capitali. L'uomo di Firenze avrebbe dovuto
configurare perciò il compimento del processo di
restituzione della politica all'etica, scaturente dalla pietas divina
per l'Italia finalmente liberata dai barbari mangiatori di
tutte le lordure e manipolatori di tutte le narrazioni che non
avessero al loro centro uno squallido machiavellismo mistificatorio.
Il giovane presidente del consiglio venne investito così di
enormi poteri simbolici e reali per spostare grossi
macigni carichi di corruzione tangentizia e di malaffare
amministrativo, ostativo di ogni legittimità istituzionale e
costituzionale e lontano dai desideri espressi energicamente dai nostri
Padri costituenti quando si misero all'opera ricostruttiva della
Repubblica italiana. E poteva usare tutto il suo carisma di allora per
ottenere i risultati reclamati nei diversi settori della
semplificazione geo-politica, da Sud a Nord e nella stessa
Capitale della nazione, poiché il capitano della nave non
era un uomo solo e abbandonato, ma veniva accompagnato e sostenuto da
un intero Paese che queste semplificazioni chiedeva da tempo. Pochi
ritocchi formali e talune revisioni costituzionali di buon senso
avrebbero potuto salvare la barca senza creare confusione e
conflitti di poteri, come aveva fatto invece quel giurista
di fama scientifica che aveva lavorato, con il centro-sinistra
oramai esaurito e con la piena disapprovazione dei Padri costituenti,
alla costruzione del complicato Titolo V della nostra Costituzione.
Il nichilismo di Renzi si presentò allora all'appello in tutta la sua
martellante caparbietà e fu quello l'inizio della sua disfatta dopo un
parziale successo elettorale. E fu quella la fine della fortunata
ascesa politica di un giovane al quale avremmo dato tutto
l'appoggio morale richiesto per compiere le operazioni di
vasto sventramento e snellimento burocratico e di forte riduzione
dei costi politici dagli enti inutili a quelli decentrati e ben
localizzati, dalla scuola alla alla sanità, e dagli stipendi d'oro a
quelli d'argento e dalla miriade di consiglieri e assessori e
consulenti nazionali, regionali e territoriali ai rimanenti
parlamentari europei e nazionali con funzioni più o meno improduttive
ed improbabili. Altro che eliminazione fittizia del Senato, con tutto
il costituzionalismo accademico scatenato giustamente di fronte ad
un'operazione tanto improvvida e sciagurata quanto estemporanea e
furbesca. Evidentemente l'autodistruzione aveva il suo tornaconto
personale e doveva ubbidire ad un machiavellismo così sottile che non
era facile comprenderne i contenuti e gli effetti revisionistici da
parte di chi aveva un'intelligenza normale e una normale preparazione
storico-giuridica.
La legittimazione mistificatoria è adesso finita. Se Renzi
vuole, può ancora riprendere con verità e libertà la costruzione
del primo discorso rottamatorio e procedere verso un nuovo destino per
nulla machiavellico; diversamente la sua azione finisce qui, cioè in
una postmodernità relativista e riduzionista sul piano
storico-giuridico, mentre i cittadini avvertono attorno a loro
stessi la scarsa coerenza e il forte odore di nichilismo. Si può
andare in qualunque direzione, e soprattutto ci si può perdere
politicamente, se la politica è una brodaglia buona per qualsiasi
piatto. machiavelliano o grillino ben confezionato e cucinato da
una mano abituata alla contraffazione. Credo che un ritorno
al moderno si imponga per il prossimo futuro e per il rispetto che
dobbiamo a noi stessi ed alla nostra dignità fatta di speranza,
coerenza e buon senso.
Ci si può illudere circa il senso positivo delle operazioni e delle
narrazioni, ma non tutto ciò che è detto e ridetto è reale, è
razionale, anche se a dirlo ed a ridirlo talvolta sono dei baroni
universitari o dei vecchi uomini politici carichi di medaglie o dei
giovani freschi di gloria conquistata sul campo o affermati giornalisti
adulatori dei potenti. Gli stessi teorici del postmoderno
hanno insegnato che i grandi racconti sono inverosimili a partire
proprio da quelli politici che indicano valori, ideali e obiettivi di
inconsistente significato sociale, giuridico e politico. L'incredulità
stritola le metanarrazioni e le più scarne narrazioni. Lo scetticismo è
di casa in noi e tra di noi, oggi più che mai.
Se Renzi vuole davvero ritrovare il suo popolo ed il suo consenso, cosa
naturale in politica, deve ritrovare la coerenza con il programma
originario e rispiegarne il valore di classe e di indirizzo
socio-politico, al di là delle battute estemporanee e ad effetto.
Queste non riescono ad ottenere l'assenso popolare e la forza del cuore
e della ragione di ciascuno se escludono la verità e
la giustizia, e la verifica della coerenza. La grande
lezione fiorentina del Quattrocento ci ha spiegato proprio la ragione
che rendeva forte l'Umanesimo non solo presso i ceti intellettuali e
borghesi. E d'altra parte lo Stato moderno è una costruzione piena di
forza societaria, comunitaria, ideologica e morale prima che militare e
formalmente politica.
prof. Salvatore Ragonesi
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