Il potere disumanizzato uccide disumanizzando
Data: Venerdì, 18 marzo 2016 ore 03:00:00 CET
Argomento: Redazione


Il Coordinamento provinciale dei Ragazzi sindaci di Catania, guidato dal preside Giuseppe Adernò, ha inviato al sindaco di Fiumicello, Enrico Scridel, una lettera di solidarietà e di vicinanza nel giorno del funerale di Giulio Regeni che da studente è stato, sindaco dei Ragazzi nel terzo mandato 2001-2003. Nel corso del suo mandato da sindaco sono state effettuate diverse manifestazioni sulla pace ed è stato significativo l'incontro con i ragazzi di Bucarest. I Ragazzi delle classi III O e III P dell'Istituto "Parini" con la guida delle prof.sse Graziella Buscemi, e Loredana Raudino hanno fatto una ricerca su Giulio ed hanno preparato delle riflessioni messaggi sull'impegno sociale di Giulio, maturato anche grazie all'esperienza di Sindaco dei Ragazzi. Hanno scritto di lui: Ludovica Lentano, Giusy Seminara, Maria Zorzanello e Salvo Di Bartolo. Hanno scritto inoltre delle lettere a Giulio: Ylenia Mirabella, Elena Allegra, Giuseppe Schillaci.
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Giulio Regeni aveva 28 anni ed era un giovane pieno di vita e di sane ambizioni.
Aveva lasciato Fiumicello, piccolo paese vicino Udine, per frequentare il liceo a Trieste e stava specializzandosi in cultura e letteratura araba. Parlava quattro lingue, aveva vinto diverse borse di studio, e aveva conseguito a Oxford una laurea a indirizzo umanistico e poi il dottorato al Cambridge.
Amava l'Egitto, la sua gente, le sue tradizioni. Veniva spesso al Cairo, qui si era fidanzato, si divertiva a cucinare i piatti locali nelle case degli amici che lo ospitavano. Aveva vinto due premi nel 2012 e nel 2013 al concorso internazionale ''Europa e giovani'' promosso dall'Istituto regionale per gli studi europei per ricerche e approfondimenti sul Medio Oriente.
Nella sua tesi Giulio scriveva che la "complessa evoluzione delle vicende storiche è in parte vincolata dall'irrazionalità dell'animo umano". Tra le tante attività che puntellavano la vita di Regeni c'era anche una collaborazione con Il Manifesto, per la cui testata aveva scritto più volte raccontando del regime e dell'opposizione ad Al-Sisi, della disoccupazione e degli effetti della crisi sulla società egiziana. Articoli che trattavano soprattutto di movimenti operai e di sindacalismo indipendente.
Uno come Giulio non poteva più tornare indietro dalla ricerca che stava compiendo, non si trattava di semplice ricerca universitaria, bensì di una ricerca esistenziale. Una ricerca che riguarda la coscienza e la conoscenza, la giustizia e la dignità. Giulio, ha pagato con la propria vita per "voler conoscere" e per stare al fianco di sindacati e di associazioni che lottano in modo non-violento per il riconoscimento dei diritti fondamentali di chi lavora senza un contratto, senza alcun diritto, senza la possibilità di difendersi e di protestare, per la dignità della persona umana.
Giulio Regeni era sparito nel nulla il 25 gennaio. Il suo corpo è stato ritrovato il 4 febbraio ai margini dell'autostrada Cairo-Alessandria, lontano dalla stazione della metropolitana dove sarebbe dovuto arrivare in quella tragica serata, era privo di vestiti, aveva le unghie strappate, la schiena spezzata e le orecchie tagliate.
L'inchiesta sulla morte di Regeni si svolge contemporaneamente sia in Egitto sia in Italia, dove se ne occupa la procura di Roma. L'Italia ha anche inviato in Egitto alcuni investigatori per collaborare con le autorità locali.
Al Cairo ci sono state circa 6.000 perquisizioni e qualche migliaio di arresti. Le indagini egiziane sulla morte del giovane ricercatore presentano, al momento, molti punti oscuri. È evidente che l'Italia non può accettare una manipolazione della verità che c'è già stata perché le autorità egiziane, hanno già dato versioni opposte. E proprio alcune di queste spiegazioni inverosimili e fuorvianti, devono spingere l'Italia ad essere inflessibile nella ricerca della verità.
L'Italia dunque chiede "piena collaborazione" alle forze di sicurezza egiziane e il Cairo, forse allarmato dallo scalpore sollevato, promette cooperazione. Ma chi ha preso, torturato e ucciso Giulio Regeni probabilmente si trova proprio tra le forze di sicurezza egiziane. Allo stato attuale, una grande confusione pervade tutta la vicenda: giudici che contraddicono poliziotti, il Ministero degli Interni che smentisce entrambi, su tutto si stende poi la glassa diplomatica egiziana che chiede che "questo evento criminale non pregiudichi i rapporti con l'Italia". "Non accetteremo verità di comodo", dice il ministro degli esteri Paolo Gentiloni: si riferisce ai primi arresti fatti in Egitto, al tentativo di indirizzare la "verità" verso un fatto di criminalità comune. L'Italia ha mandato i suoi investigatori in Egitto, "vogliamo che i reali responsabili siano puniti", dice il ministro Gentiloni.
L'Italia attraverso l'Eni firmerà con l'Egitto un accordo per lo sfruttamento di un giacimento di gas nel Mediterraneo. Un contratto che vale solo per i primi 3 anni 7 miliardi dollari, ma pare che tale accordo sarà congelato, andrà in porto solo fino ad una chiara identificazione e punizione degli assassini di Giulio.
"Sarà perché scriveva sul Manifesto, sarà perché voleva capire qualcosa più del consentito sul mondo e sugli uomini, sarà perché a noi italiani piacciono solo i cervelli in fuga che vanno a lavorare nelle grandi banche e nelle grandi aziende di tutto il mondo, sarà perché reputiamo più importanti gli affari economici che abbiamo in corso con l'Egitto che scoprire la verità sulla morte violenta di un giovane ragazzo, sta di fatto che stiamo già dimenticando Giulio Regeni".
Ci facciamo chiamare uomini, ma non abbiamo nulla di umano: privare un ragazzo di un futuro, dei suoi sogni, dei suoi obiettivi di lavoro, ucciderlo orrendamente, senza pietà... ma perché? Perché? Ci sono persone che si credono "onnipotenti", persone che seguono un ideale irraggiungibile: il dominio del mondo. In questo si sentono grandi, ma sono solo dei bambini che "giocano" con le vite umane come fossero pedine dei loro giochi; fabbricano morte come fanno i bambini con le costruzioni. Spesso analizzando questa vicenda mi sono chiesta: cosa si sente ad uccidere, a torturare, quale dignità possono mai avere queste persone?

Se solo ci fermassimo un attimo a pensare, a chiederci se è questo il vero scopo della vita; ucciderci l'un l'altro per la bramosia di potere...per la supremazia. Signori della guerra quando avrete raggiunto il vostro obiettivo, che farete? Sarete soddisfatti di voi stessi? E poi, chi sarà lì ad applaudirvi?
Il modo migliore di ricordare Giulio sarebbe il continuare la ricerca che lui non è riuscito a finire. Mi piacerebbe che non fosse ricordato solo per la sua tragica morte, ma per i suoi ideali. Ricordarlo come un uomo vivo che ci ha dato una spinta verso la salvezza, che ci ha fatto capire la verità che si cela dietro ogni uomo.
Oggi se ancora Giulio fosse vivo gli direi grazie: "grazie per avermi aperto gli occhi, per avermi aiutato a capire. Ti auguro di continuare i tuoi studi, raggiungere i tuoi obiettivi, spero che vivrai una vita felice con la tua famiglia e la tua futura moglie, spero che non ti arrenderai mai, perché so che con la tua forza di volontà riuscirai a superare anche gli ostacoli più difficili. Tu sei e rimarrai per sempre un grande uomo".

"Se ci si pensa, la differenza più grande tra un criminale qualunque e il potere, consiste proprio in questo: il criminale mantiene la sua umanità, almeno un briciolo, fino alla fine; il potere, invece, no. Il potere disumanizzato uccide disumanizzando".

Giusy Seminara 3^ P





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