Gli scacchi a scuola: articolo metodologico didattico di Alfino Grasso
Data: Mercoledì, 24 febbraio 2016 ore 02:30:00 CET
Argomento: Redazione


Scorrendo gli articoli presenti nel sito ho notato che, per quel che riguarda la matematica, mancano in sostanza contributi dei docenti che si riferiscono all’aspetto metodologico-didattico. Ma, come insegna la storia:
L’Homo sapiens ha soppiantato l’Homo di Neanderthal, che pure era più vigoroso, perché aveva sviluppato un linguaggio più completo che permetteva di scambiare in modo più efficace le informazioni tra gli individui e quindi accresceva la conoscenza collettiva.
Le prime civiltà sono fiorite lungo le fertili sponde dei grandi fiumi, Nilo, Tigri ed Eufrate, Indo, perché il territorio facilitava la circolazione delle idee fra le diverse popolazioni.
Auspico per ciò che si apra sul sito un dibattito sull’aspetto considerato per rendere più efficace il nostro insegnamento.
Quello che segue vuole essere un piccolo contributo all’eventuale dibattito.
Tempo fa, su un quotidiano nazionale, c’era un articolo in cui con diverse motivazioni si suggeriva l’introduzione a scuola del gioco degli scacchi, sin dalle elementari. Si sosteneva che aiuta gli allievi a trovare strategie risolutive nelle situazioni che il gioco prospetta. Mi sta bene.
Quello che non sta bene è che la nostra scuola non è strutturata per abituare i giovani a scoprire strategie risolutive.
Solo recentemente, nella Prova scritta di Matematica degli Esami di Stato dei Licei Scientifici, si è avviata l’introduzione dell’aspetto problematico nei temi presentati. Ma il problem solving, cioè la didattica per problemi, deve essere un’attività sistematica, da iniziare subito. Invece, purtroppo, di solito si prendono le mosse da definizioni astratte e perciò poco “problematiche” per i giovani.
È consuetudine premettere alle equazioni moltissimo, troppo calcolo. E non si tiene conto del fatto che, laddove lo studio della fisica comincia al primo anno, le equazioni sono utilizzate, senza avere chiarito in modo appropriato l’importanza dell’applicazione  dei due principi d’equivalenza. Inoltre, l’uso dei grafici viene introdotto dagli insegnanti di fisica, che ne hanno necessità, senza avere fatto maturare i concetti che ne sono alla base.
Si è colpevolmente trascurata, quasi eliminata, la geometria, ricca di situazioni problematiche (nei libri di testo delle scuole medie superiori la geometria è normalmente messa alla fine, come se fosse figlia di un dio minore). Molte di esse possono essere presentate a partire da problemi concreti per risolvere i quali l’allievo può essere coinvolto efficacemente nel prospettare strategie risolutive. Inoltre, senza un consistente substrato geometrico gli efficaci mezzi della geometria analitica diventano una serie di formule prive di contenuto.
E ancora, con qualche rara eccezione, non si attua in concreto l’interdisciplinarità tanto sbandierata.
Quanto segnalato suggerisce, a mio modesto avviso, di modificare, anche in modo sostanziale, la nostra impostazione didattica e quella dei libri di testo.
Sarebbe opportuno, qualunque sia l’argomento da introdurre:
inserirlo nel contesto storico-culturale che gli è proprio (fonte di suggestioni per i giovani);
prendere le mosse da un problema;
prospettare diversi ambiti di utilizzo, sia applicativi sia teorici.
Per la geometria in particolare l’assiomatica abituale, quella di Euclide-Hilbert, è molto pesante –ventuno proposizioni – che sarebbe opportuno non infliggere sin dall’inizio. Non si tiene conto del fatto che né gli Elementi di Euclide né la loro revisione critica I fondamenti della geometria di Hilbert, che colmava le lacune degli Elementi, sono stati concepiti come libri di testo scolastico.
Come veniva segnalato già nel Congresso internazionale di Cagliari del 1982:
A quattordici anni non si ha la maturità sufficiente  per comprendere bene il concetto di assioma (nei vari libri di testo  spesso non si richiamano gli assiomi a giustificazione di certe conclusioni, ma si dice: o “è chiaro…” o “è evidente…”).
Si potrebbe utilizzare più efficacemente dal punto di vista didattico – all’avvio in maniera sottointesa - l’assiomatica a base metrica, proposta da Choquet nel 1956 al Congresso internazionale di Royamont, che consiste di soli sette assiomi semplici, intuitivi e forti. Essa si fonda sull’uso delle isometrie sia come strumento euristico sia dimostrativo. In particolare della simmetria bilaterale,  che è largamente presente in natura dalle particelle elementari agli animali superiori e non e nell’arte di tutti i luoghi e di ogni tempo.
Mediante esse si può introdurre efficacemente sia l’equazione della retta al primo anno sia quella della parabola al secondo. (La mia proficua esperienza di questa impostazione risale al 1975).
grassoalfino@yahoo.it





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