Anche gli esclusi vogliono contare
Data: Venerdì, 25 dicembre 2015 ore 03:30:00 CET Argomento: Redazione
A nessuno viene più
in mente di oltre-passare l'attuale quadro economico-sociale venutosi a
creare con la sconfitta storica del socialismo in tutte le sue varianti
e realizzazioni.
Mancano idee attendibili e forze sociali disponibili per pensarlo e
farlo,ammesso che ne valga la pena.Gli schieramenti politici prevalenti
si distinguono ovviamente per poche cose e soprattutto intorno
all'eventuale distribuzione delle risorse disponibili in una situazione
di dichiarata intangibilità dei rapporti sociali di produzione e di
proprietà.Risorse che, nel passato e in quantità sempre
decrescenti nel presente, sono state impiegate e vengono
impiegate per le politiche dello stato sociale in soccorso dei settori
della popolazione in difficoltà.
Eventuale perché potrebbe non essere fatta o per scelta politica
o per indisponibilità di risorse o per tutti e due i motivi.
L'unico strumento utile, si sa, è la leva fiscale. Affermare che non si
vogliono mettere le mani in tasca ai contribuenti o vantarsi di aver
cominciato a non farlo più sono la stessa faccia di una politica, che
non volendo toccare storture, sprechi, privilegi, parassitismi della
spesa pubblica ha deciso di non volersi più prendere cura delle sorti e
del ben-essere di parte crescente della società.
Abbassare le tasse non è, pertanto, la rottura di un tabù per la
cosiddetta sinistra, ma la proclamazione, mistificata e
consapevole di compiaciuti apprendisti stregoni del conflitto sociale,
dell'abbandono dell'unica possibile politica di redistribuzione delle
risorse; dell'unica possibile politica di giustizia sociale.
Queste scelte politiche hanno ingessato le società in una miriade di
circoli chiusi, dai quali è possibile uscire se sono di rango elevato e
privilegiati, ma nei quali è impossibile entrare. E' diventato
difficile entrare finanche nel circolo sociale degli occupati e questo
dramma che è generazionale produce i movimenti di ribellione
anti-casta, che stanno sovvertendo gli equilibri politici delle nazioni
europee. Movimenti a volte confusi, originati dalla chiusura ermetica
nei propri privilegi, operata dalle élites di ogni genere delle nazioni
cosiddette sviluppate.
E' inutile esorcismo, quindi,e prova di cattiva coscienza prendersela
con questi nuovi soggetti politici, che in fin dei conti credono ancora
nella democrazia e utilizzano i suoi strumenti. Decisamente meglio di
chi si ritira nell'astensionismo e nel rifiuto delle istituzioni,
covando molteplici, giustificati, inespressi motivi di ribellione.
Senza equità sociale non ci sarà mai pace e per averla non si deve
attendere che si ricreino margini di sviluppo. E', pertanto, risposta
miope e provocatoria il rimaneggiamento delle regole della
rappresentanza politica; un'elusione dei problemi, che vanno affrontati.
prof. Raimondo Giunta
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