La notte magica della festa dei Morti
Data: Domenica, 01 novembre 2015 ore 03:00:00 CET Argomento: Redazione
Questo non è un racconto fantastico, di fantascienza,
letto in un libro o visto in televisione o in qualche film. E non è
nemmeno un passaparola, un "si dice che", un "fatto" trasmesso da padre
in figlio, da bocca in bocca, quasi una tradizione orale. No! Questa è
una storia vera. Una storia di vita reale. Una storia aspettata per un
intero anno, sognata tutte le notti, vissuta mille volte, e mai
dimenticata. E' la storia della
magica notte della festa dei Morti. La notte "de' morti". La più lunga e
incredibile dell'anno. La più desiderata e memorabile della nostra
sconfinata fanciullezza. E dell'intera città di Misterbianco.
In quella notte, soprattutto, c'era qualcosa di più, qualcosa di
magico, di indefinito, di irreale, di immortale.
Veramente si ricongiungeva un filo perduto nella notte dei tempi, si
ricomponeva un legame spezzato dal freddo passare del tempo, si
ricostituiva una relazione fermata dalla triste e fredda falce della
morte, da un incomprensibile e oscuro presagio del silenzio eterno. Si
ristabiliva un dialogo, peraltro mai completamente interrotto, tra la
vita e la morte, tra gli uomini e l'oltretomba, tra quelli di qua e
quelli dell'aldilà, tra la Terra e l'Ade.
Con i morti, i nostri antenati, i nostri cari parenti, del nostro
stesso sangue, con il nostro stesso nome, che sono andati oltre, che
sono più in là, "dall'altra parte della strada", che ci guardano pure.
I morti, che quella notti li abbiamo sognati, quasi visti, sentiti, a
tratti toccati. Poi, un alito, un sospiro, un'ombra, poi più nulla.
Quel nulla che per loro è tutto, la loro condizione di "normalità", e
che per noi, invece, è l'oscuro, l'incomprensibile, l'inaccettabile,
l'inspiegabile. I morti, quest'eterno legame che ci unisce, che ci
lega, che ci tiene stretti, inscindibili, inseparabili, quasi
prigionieri con loro, che sono parte di noi, che vivono in noi. Vita e
morte, luce e buio, giorno e notte. Un legame indissolubile forse di
più tra i bambini, i ragazzi, e i loro antenati, gli avi, i Lari, i
numi tutelari della famiglia, gli "spiriti protettori" degli antenati
defunti, che, secondo l'antica tradizione romana vegliavano sul buon
andamento della famiglia, della casa, della proprietà.
Ed è il grande Agostino d'Ippona, che ci parla dei Lari, «[...] anche
l'anima umana è un demone e gli uomini divengono Lari se hanno fatto
del bene, fantasmi o spettri se hanno fatto del male e che sono
considerati dèi Mani se è incerta la loro qualificazione».
Ricordo che noi, ragazzi di Misterbianco, in quella magica notte,
aspettavamo, giust'appunto, i nostri Lari, i nostri buoni antenati, di
cui tante volte ci avevano parlato i nostri genitori, nelle lunghe
notti d'inverno, o i nostri nonni, quando da piccoli, seduti attorno 'a
conca, chiedevano "lumi" sulle nostre origini ... E loro, i nostri Avi,
si che venivano quella notte, e ci parlavano pure, e ci incoraggiavano
a crescere fieri, di noi e di loro, che ci vegliavano da lassù,
dall'altro mondo, dal "mondo della verità", come lo chiamava mio nonno.
E ci bisbigliavano storie antiche e incredibili ...
Così si celebrava anticamente la festa dei morti nel mio paese!
Rivedo i sogni agitati di noi ragazzi nella notte tra l'1 e il 2
novembre, l'emozione di trovare sutta 'u "scagnu" (così nonna Tudda
chiamava il tavolo usato per fare i conti della stagione agricola), o
sutta 'u cantaranu, i giocattoli che silenziosamente quella lunga notte
"ci portavano i nostri morti". E per noi era una gioia incontenibile
rincorrerci a perdifiato, andando carponi, gattonando quasi,
all'impazzata, per cercare sotto tutti i mobili della vetusta "casa
paterna", sotto il lettone della nonna, sotto l'imponente credenza,
sotto l'altissimo armadio, sutta 'a buffetta, e trovare "il regalo che
ci avevano lasciato i nostri morti", un fucile, la pistola di Buffalo
Bill, un carro armato, un maglione, un giubbotto, un paio di scarpe,
una coloriera, due quaderni.
Ci portavano di tutto i nostri amati morti. E poi i dolci, una goduria
per il nostro palato: "ossa di morto", "rami nìuri", "'nzuddi", tutte
delizie create ad arte dalle possenti e sapienti mani dei nostri
vecchi. E mentre dalla strada, sin dalle prime luci dell'alba, già si
sentiva l'odore forte della polvere da sparo delle "squadracce" dei
ragazzi, per l'eterna battaglia "Matrice contro Santa Nicola". Una
guerra cruenta, combattuta "all'ultimo sangue", quella tra "Matriciani"
e "Santanicoliani". Ma questa è un'altra incredibile storia passata ...
Poi, dopo la festa, nelle fredde serate d'inverno, ricordavamo solo il
fucile a "capsi e gommetti" "ca ni lassau 'u nannu" e l'ultimo
irresistibile attacco prima della vittoria finale! Come raccontare
adesso tutto questo ai ragazzi di oggi, che aspettano la festa dei
morti forse solo per dimenticare le fatiche della scuola e
riposare qualche giorno in più, ... complice l'allerta meteo!
Angelo Battiato
angelo.battiato@istruzione.it
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