La Suprema Corte: Si deve lavorare nei giorni di festività ?
Data: Mercoledì, 30 settembre 2015 ore 01:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Questa
settimana intendo soffermarmi su una sentenza della Cassazione
intervenuta nello scorso mese di agosto (Cass. n. 16592 del 7 agosto
2015) che potrebbe comportare, qualora seguita da altri pronunciamenti
di merito e di legittimità, notevoli effetti sull’organizzazione del
lavoro.
Ma cosa ha detto la Suprema Corte?
Essa ha affermato che nelle c.d. ” festività” civili e religiose
individuate dalla legge n. 260/1949 ogni dipendente può legittimamente,
astenersi dal lavoro, fatte salve le ipotesi correlate,
sostanzialmente, ai servizi essenziali come, ad esempio, nei trasporti
o nella sanità pubblica o privata, pur se la contrattazione collettiva,
anche aziendale, lo prevede. Le ricorrenze individuate dalla
disposizione appena richiamata sono: l’1 ed il 6 gennaio, il 25 aprile,
il lunedì dopo Pasqua, il 1 maggio, il 2 giugno, il 15 agosto, il 1
novembre, l’8, il 25 ed il 26 dicembre.
L’intervento della Cassazione non riguarda le domeniche, in quanto con
le modifiche introdotte nel “corpus” del D.L.vo n. 66/2003, il riposo
settimanale può essere “goduto” nell’arco temporale di 14 giorni.
A tale decisione si è giunti a seguito del ricorso di una lavoratrice
alla quale era stato comminato un provvedimento disciplinare motivato
dall’assenza dal servizio in un giorno programmato di lavoro per
l’Epifania: la stessa, peraltro, aveva avuto ragione sia in primo grado
che in sede di appello.
Il ragionamento seguito dalla Cassazione e’ che neanche la
contrattazione collettiva, in deroga, possa intervenire sul diritto del
lavoratore ad astenersi dall’attività nelle giornate espressamente
previste dal Legislatore in quanto il diritto all’astensione dalle
prestazioni e’, nella sostanza, un diritto soggettivo, sottratto al
potere normativo delle parti sociali. Non e’ possibile alcuna
assimilazione tra la flessibilizzazione che, per legge, c’è in
relazione al riposo settimanale (di regola coincidente con la domenica,
come recita l’art. 9 del D.L.vo n. 66/2003) con il giorno festivo che
cade all’interno della settimana.
Tale decisione, a mio avviso, rischia di creare problemi in tutte
quelle attività nella quali, anche sulla base di accordi collettivi (il
problema e’ particolarmente sentito negli esercizi commerciali e nella
grande distribuzione) si è proceduto alla liberalizzazione degli orari
di apertura. Seguendo l’indirizzo propugnato dalla Suprema Corte,
soltanto con un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore,
quest’ultimo sarà obbligato a fornire la propria prestazione.
Alla luce di quanto appena detto si pone il problema delle modalità
nelle quali si possa realizzare l’accordo tra datore di lavoro e
lavoratore: qui valgono, a mio avviso, i principi generali per i quali
lo stesso deve avvenire, preferibilmente, in forma scritta attraverso
più ipotesi nelle quali il consenso dell’interessato può avvenire nella
stessa lettera di assunzione (in caso di costituzione di un rapporto di
lavoro), o per tutte le future festività (se il contratto e’ in corso)
o, anche volta per volta, magari sotto forma di una scheda “di
adesione” alla giornata festiva infrasettimanale.
Come dicevo, la forma scritta sarebbe preferibile: ciò non toglie
validità alla ipotesi che il consenso venga realizzato per “facta
concludentia”, magari con una prestazione di fatto realizzatasi
attraverso la prestazione lavorativa nel giorno festivo da parte del
soggetto interessato.
Con la decisione adottata, i giudici di legittimità hanno, altresì,
riconosciuto che il riposo per le festività, come il riposo
domenicale (che, come dicevo, può essere oggetto di
flessibilizzazione) non ha soltanto la funzione di ristoro delle
energie psico fisiche perdute per effetto delle prestazioni svolte, ma
anche quello della fruizione di un tempo libero qualificato cosa che ha
fatto sostenere al difensore in giudizio della lavoratrice che i tempi
di conciliazione tra casa, lavoro e famiglia “hanno un valore assoluto
che deve essere necessariamente sottratto da quella logica di consumo
che permea la nostra attuale società”.
Due considerazioni finali, con specifiche domande, si rendono
necessarie.
La prima riguarda la contrattazione collettiva. Perché il Giudice di
legittimità e’ andato contro un indirizzo affermatosi nella sostanza
dei rapporti sociali secondo il quale essa, in quanto portatrice di
interessi concernenti una collettività di lavoratori e di imprese,
poteva disciplinarli?
La seconda concerne il diritto soggettivo del lavoratore interessato.
Perché se inderogabile (e questa appare essere l’interpretazione se non
si consente alla contrattazione collettiva di intervenire) viene
concesso al soggetto interessato di rinunciarvi? E, in questo caso, i
tempi di conciliazione di casa, lavoro e famiglia ed il ristoro delle
energie psico fisiche non sono un valle assoluto?
Cassazione sezione lavoro sentenza 7 agosto 2015, n. 16592 -
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13507-2009 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
(OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta
e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio
dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 550/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 30/05/2009 R.G.N. 852/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/06/2015 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega orale (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Vercelli, accogliendo la domanda proposta da (OMISSIS)
nei confronti della datrice di lavoro, soc. (OMISSIS), dichiarava
l’illegittimita’ della sanzione disciplinare della multa comminata alla
ricorrente che, in qualita’ di addetta alle vendite presso il punto
vendita di (OMISSIS), non si era presentata al lavoro il 6 gennaio
2004, disattendendo la disposizione aziendale con la quale le era stato
comunicato che il punto vendita sarebbe rimasto aperto in tale giornata
(come pure l’8 dicembre 2003, il 25 aprile 2004 e il 1 maggio 2004) e
che in relazione alle ore lavorate nei giorni festivi sarebbe stata
corrisposta la retribuzione normale con la maggiorazione per il lavoro
straordinario.
Il Tribunale riteneva legittimo il rifiuto opposto dalla lavoratrice,
in quanto la Legge n. 260 del 1949 non consente al datore di lavoro di
trasformare unilateralmente le festività in giornata lavorativa, non
potendosi applicare in via analogica la normativa sul lavoro festivo
domenicale, ne’ la disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 66 del
2003 in quanto riferita al riposo domenicale e non alla festività
infrasettimanale.
L’appello proposto dalla soc. (OMISSIS) veniva respinto dalla Corte di
appello di Torino, secondo cui la Legge n. 260 del 1949, articolo 2
conferisce ai lavoratore il diritto di astenersi dai lavoro nei giorni
indicati dalla stessa legge, senza che possa applicarsi in via
analogica la disciplina sul lavoro domenicale. Il datore di lavoro
aveva richiesto la prestazione lavorativa in una giornata in cui non
poteva esigerla, con conseguente legittimita’ dei comportamento della
prestatrice, non qualificabile come arbitraria tutela delle proprie
ragioni, ma come legittimo esercizio dell’eccezione di inadempimento ex
articolo 1460 cod. civ., tanto piu’ congruo ove si consideri la
sistematicita’ della violazione del diritto al riposo (la prestazione
lavorativa era stata gia’ pretesa per l’8 dicembre e richiesta per le
festività del 25 aprile e del 5 maggio).
Per la cassazione di tale sentenza la soc. (OMISSIS) propone ricorso
affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso la (OMISSIS).
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 cod. proc.
civ..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, si da atto che il Collegio ha autorizzato la redazione
della motivazione in forma semplificata.
Con il primo motivo si denuncia violazione di legge in relazione alla
Legge n. 260 del 1949, articolo 2. La societa’ ricorrente, premesso che
la questione controversa attiene al diritto del lavoratore ad astenersi
dalla prestazione lavorativa in occasione delle festività di cui
all’articolo 2 cit. ed al contrapposto interesse del datore a chiedere
la prestazione lavorativa per comprovate esigenze aziendali (apertura
al pubblico in coincidenza delle festività), chiede se la Corte
territoriale abbia correttamente interpretato l’articolo 2 cit. nel
l’affermare che il diritto ivi previsto e’ assoluto e derogabile solo
su espresso accordo delle parti o se invece tale previsione debba
essere interpretata come regola generale suscettibile di eccezioni
derivanti da comprovate esigenze aziendali ovvero in forza di
previsioni di fonte contrattuale collettiva, pure connesse alla
esigenze aziendali tipiche del settore, per cui in tali casi, in cui la
prestazione dei lavoratori e’ articolata in turni di lavoro, il datore
di lavoro possa esigere la prestazione lavorativa del dipendente il cui
turno coincida con la festività.
Con il secondo motivo si lamenta insufficiente motivazione in merito
alla circostanza che l’attivita’ presso lo spaccio aziendale (di fatto
un ampio negozio aperto al pubblico) era organizzata in turni di lavoro
per consentire l’apertura al pubblico tutti i giorni della settimana e
cio’ “in conformita’ alla legislazione e al CCNL di settore” Inoltre,
la sentenza non aveva motivato sul fatto decisivo che nel settore
commercio e’ da tempo prevista la possibilita’ dello svolgimento
dell’attivita’ lavorativa in tutti i giorni della settimana, fermo un
giorno di riposo.
Con il terzo motivo la societa’ ricorrente denuncia violazione della
disciplina contrattuale, con specifico riferimento agli articoli 131,
132, 135, 136 e 137 CCNL del settore terziario, dai quali sarebbe
desumibile una deroga alla regola del divieto sancito dalla Legge n.
260 del 1949. Specificamente, l’articolo 137 prevede che le ore di
lavoro, a qualsiasi titolo richieste, prestate nei giorni festivi
indicati nel precedente articolo 136, devono essere compensate come
lavoro straordinario festivo; la disciplina dettata dalle parti sociali
per il lavoro prestato nelle festività lascia intendere che queste
abbiano contemplato un vero e proprio diritto del datore di lavoro di
richiedere prestazioni straordinarie in coincidenza con le festività
infrasettimanali, che sono comunque considerate straordinarie. Si
sostiene che dalle predette disposizioni contrattuali emergerebbe una
deroga alle previsioni legali in materia di festività (Legge n. 260 del
1949, articolo 2) e specificamente emergerebbe il diritto del datore di
lavoro di richiedere prestazioni straordinarie festive.
Il quarto motivo verte sulla violazione degli articoli 115 e 116 cod.
proc. civ., nonche’ dell’articolo 2697 cod. civ., per avere la sentenza
omesso di considerare le pacifiche e non contestate deduzioni aziendali
in ordine all’organizzazione del punto vendita di (OMISSIS) e
segnatamente alla esistenza di una turnazione di lavoro (tale da
assicurare l’apertura al pubblico per sette giorni alla settimana),
alla informazione (data il 1.12.2003) a tutti gli addetti al punto
vendita e alla (OMISSIS) stessa quale v.s. che lo spaccio sarebbe
rimasto aperto al pubblico l’8 dicembre 2003 e il 6 gennaio 2004.
Il quinto motivo denuncia violazione di legge in relazione agli
articoli 1460, 1175, 1375, 2094 e 2104 cod. civ.. Si chiede se, in
ipotesi di eccezione “inadimptenti non est adimplendum”, l’articolo
1460 c.c., comma 2, imponga una valutazione del comportamento delle
parti anche alla luce dei principi di buona fede e correttezza di cui
agli articoli 1175 e 1375 cod. civ., norme che, nell’ambito del
rapporto di lavoro, rendono necessario anche valutare il rispetto, da
parte del lavoratore, degli obblighi di collaborazione con il datore di
lavoro, sotto la direzione di questi e con la dovuta diligenza di cui
agli articoli 2094 e 2014 cod. civ..
I primi tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente, in
quanto vertenti su questioni connesse, sono infondati. Il Collegio
intende ribadire il principio espresso da Cass. n. 16634/2005, secondo
cui, atteso che la Legge n. 260 del 1949, come modificata dalla Legge
n. 90 del 1954, relativa alle festività infrasettimanali celebrative di
ricorrenze civili o religiose, riconosce al lavoratore il diritto
soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione di tali festività,
regolando compiutamente la materia, non e’ consentita – ai sensi
dell’articolo 12 preleggi – l’applicazione analogica delle eccezioni al
divieto di lavoro domenicale e deve escludersi che il suddetto diritto
possa essere posto nel nulla dal datore di lavoro, essendo rimessa la
rinunciabilita’ al riposo nelle festività infrasettimanali solo
all’accordo tra datore di lavoro e lavoratore (nella specie, questa
Corte, cassando e decidendo nel merito, ha rigettato la domanda
proposta dalla “Fondazione Teatro alla Scala di Milano” volta ad
accertare l’obbligo dei tecnici di palcoscenico a svolgere, anche nelle
festività infrasettimanali, la prestazione lavorativa a richiesta del
datore di lavoro secondo i turni e l’organizzazione del lavoro e dei
riposi normali).
Tale sentenza ha confermato la giurisprudenza secondo cui ai lavoratori
viene riconosciuto il “diritto soggettivo” di astenersi dal lavoro in
occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze
civili o religiose (Cass. n. 4435/2004, Cass. n. 9176/1997, Cass. n.
5712/1986). E’ stato, tra l’altro, osservato che: a) la possibilita’ di
svolgere attivita’ lavorativa nelle festività infrasettimanali non
significa che la trasformazione da giornata festiva a lavorativa possa
avvenire per libera scelta del datore di lavoro; la rinunciabilita’ al
riposo nelle festività infrasettimanali non e’ rimessa ne’ alla
volonta’ esclusiva del datore di lavoro, ne’ a quella del lavoratore,
ma al loro accordo; b) la Legge n. 260 del 1949, che ha individuato le
festività celebrative di ricorrenze civili e religiose con il
conseguente diritto del lavoratore di astenersi dal prestare lavoro in
dette festività, e’ completa e non consente di fare ricorso al
procedimento per analogia, non occorrendo ricercare un quid comune per
integrare una lacuna dell’ordinamento; in particolare, non occorre
accertare se sussista una identita’ di ratio tra “riposo settimanale” –
o “riposo coincidente con la domenica” – e “riposo infrasettimanale” al
mero fine di sostenere che il “riposo per le festività” – cosi’ come il
“riposo domenicale” – non avrebbe funzione “di ristoro” bensi’ “di
fruizione di tempo libero qualificato”, si’ da tentare impropriamente
di utilizzare in sede interpretativa il procedimento analogico; c) la
normativa sulle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze
civili o religiose (Legge n. 260 del 1949) e’ stata emanata
successivamente alla normativa sul riposo domenicale e settimanale
(Legge n. 370 del 1934) e in essa non solo non sono state estese alle
festività infrasettimanali le eccezioni all’inderogabilita’ previste ex
lege esclusivamente per il riposo domenicale, ma con successiva norma
(Legge n. 520 del 1952) e’ stato sancito che solo per “il personale di
qualsiasi categoria alle dipendenze delle istituzioni sanitarie
pubbliche e private” sussiste l’obbligo (=”il personale per ragioni
inerenti all’esercizio deve prestare servizio nelle suddette giornate”)
della prestazione lavorativa durante le festività (“nel caso che
l’esigenza del servizio non permetta tale riposo”) su ordine datoriale
in presenza, appunto (anche in questa specifica ipotesi), di “esigenze
di servizio”; d) di conseguenza appare evidente, sotto qualsivoglia
profilo, che non sussiste un obbligo “generale” a carico dei lavoratori
di effettuare la prestazione nei giorni destinati ex lege per la
celebrazione di ricorrenze civili o religiose e sono nulle le clausole
della contrattazione collettiva che prevedono tale obbligo, in quanto
incidenti sul diritto dei lavoratori di astenersi dal lavoro (cui e’
consentito derogare per il solo lavoratore domenicale); in nessun caso
una norma di un contratto collettivo puo’ comportare il venir meno di
un diritto gia’ acquisito dal singolo lavoratore (come il diritto ad
astenersi dal lavoro nelle festività infrasettimanali), non trattandosi
di diritto disponibile per le organizzazioni sindacali (Cass. n.
9176/1997 cit); e) il Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (in
“attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE
concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”)
nulla aggiunge alla specifica normativa sulle festività
infrasettimanali, in quanto la normativa comunitaria si riferisce
espressamente al riposo settimanale ed alla possibilita’ che siffatto
riposo (e non certo il diritto di astensione dal lavoro in occasione
delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o
religiose) possa essere calcolato in giorno diverso dalla domenica.
A tali considerazioni, va pure aggiunto che dalla disciplina
contrattuale di settore non emerge l’esistenza di alcuna previsione
pattizia intesa a derogare alle norme di legge, essendo soltanto
disciplinato il trattamento retributivo spettante in caso di
prestazione lavorativa resa nel giorno festivo, ma non anche il diritto
del datore di lavoro di esigere tale prestazione in difetto di consenso
del lavoratore. Anche il quarto e il quinto motivo, da esaminare
congiuntamente, sono infondati.
Il provvedimento del datore di lavoro, in difetto di un consenso del
lavoratore a prestare la propria attivita’ nella festività
infrasettimanale, determina la nullita’ dello stesso e integra un
inadempimento parziale del contratto di lavoro, con la conseguenza che
la mancata ottemperanza allo stesso provvedimento da parte del
lavoratore trova giustificazione sia quale attuazione di un’eccezione
di inadempimento (articolo 1460 cod. civ.), sia sulla base del rilievo
che gli atti nulli non producono effetti, non potendosi ritenere che
sussista una presunzione di legittimita’ dei provvedimenti aziendali,
che imponga l’ottemperanza agli stessi fino a un contrario accertamento
in giudizio (cfr. Cass. n. 26920 del 2008; n. 1809 del 2002, v. da
ultimo Cass. n.11927 de 2013).
Il ricorso va dunque respinto. Le spese sono liquidate nella misura
indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre
spese forfettarie nella misura del quindici per cento del compenso
totale per la prestazione, ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo
2014, n. 55, articolo 2.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 2.000,00 per compensi e in
euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge e 15% per rimborso
spese forfettarie.
Eufranio
Massi
Dottrinalavoro.it
|
|