Deportazione docenti
Data: Domenica, 23 agosto 2015 ore 02:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Troppi articoli e parole pesanti caratterizzano l'operazione "immissione in ruolo" connessa con la "Buona scuola" che apre le porte ai docenti precari delle graduatorie ad esaurimento, (GAE) ai vincitori dei concorsi e ai numerosi docenti che attendono da anni una definitiva sistemazione nel mondo della scuola. Avendo assistito da anni al triste rito delle nomine annuali, alle lunghe e faticanti attese per la nomina di un incarico o supplenza annuale, alle tensioni emotive dell'incertezza dell'incarico, alle manifestazioni ora di soddisfazione, ora di delusioni per il mancato incarico, mi sembra esagerato adesso lamentarsi per un sacrificio che comporta nel tempo la sistemazione definitiva tanto agognata. Era già nell'aria la necessaria mobilitazione dei docenti dal Sud al Nord, dalle Isole alla terra ferma, conoscendo le difficoltà del reperimento dei posti disponibili. Non è certamente una forzatura, ma una logica sistemazione di lavoro nelle regioni, dove c'è la disponibilità dei posti.

Negli anni passati insieme a numerosi docenti abbiamo seguito questo faticoso iter di iniziare la carriera professionale nelle scuole del Nord e, dopo alcuni anni poter tornare a casa nella regione di origine.
Non è quindi opportuno usare i termini di "esodo", né tanto meno la drammatica espressione di "deportazione", quasi si trattasse di prigionieri di guerra destinati ai campi di concentramento.
Il termine "deportazione" si legge su Ceripnews, significa il trasferimento d'autorità di qualcuno condannato lontano dal territorio d'origine e solo con la seconda guerra mondiale, ha significato il trasferimento di tante vittime nei campi di concentramento e la conseguente fine drammatica.

Appare quindi un'iperbole l'uso di questi termini, pur comprendendo il disagio e le testimonianze di giovani coppie con figli piccoli o con genitori anziani.
Con il piano di assunzioni straordinarie viene offerta una positiva opportunità abolendo la distinzione tra organico di diritto e, di fatto, e favorendo la stabilizzazione dell'organico d'Istituto, così da poter pianificare l'azione formativa secondo un progetto triennale.
La professione e missione educativa necessitano, pur tra i sacrifici, una serenità d'animo ed una forte motivazione per donare agli studenti cultura e formazione. Chi ama davvero questo lavoro affronterà meglio il sacrificio di allontanarsi da casa per poi chiedere la mobilità e nel tempo le cose si aggiusteranno. Già le recenti circolari che fissano all'8 settembre la definizione degli organici è un primo segnale di attenzione e di speranza.
Che le scuole del Sud e delle Isole siano sature di docenti e non ci sono posti lavoro, mentre al Nord ci sono maggiori possibilità è un dato obiettivo e quindi occorre dare un assetto di pianificazione e spezzare la lunga e dolorosa catena delle graduatorie e del precariato storico che appare come una vergogna del sistema scolastico italiano.

Se si vuole entrare nel settore lavorativo della scuola e dell'insegnamento la ricerca del posto stabile e di ruolo è necessaria, ma non è detto che si possa o si debba necessariamente trovare il posto vicino casa.
Sarà certamente un problema se il posto assegnato scaturisce dall'organico aggiuntivo e c'è il rischio che alcuni docenti possano essere considerati "tappabuchi" o destinati soltanto alle supplenze.
Il bello dell'organico "funzionale" non è il numero delle persone impegnate, ma la qualità del progetto e gli obiettivi da conseguire "insieme" con maggiori risorse e benefici per tutti.
Sbagliano coloro che si illudono di poter fare i loro comodi, utilizzando le nuove risorse aggiunte.
Il ruolo docente è unitario, pur nella differenziazione degli ambiti disciplinari e delle competenze ed occorre evitare il pericolo di avere docente di serie A e di serie B.

Nell'impianto organizzativo della scuola ciascuno ha un compito e tutti insieme si collabora al conseguimento degli obiettivi comuni. La cooperazione è quanto mai indispensabile, come pure la nuova cultura di rete che aggrega i servizi di scuole vicine nella convergenza dei comuni ideali.
Costruire la "buona scuola" significa non fare una "scuola alla buona" e molto dipende da ciascuno degli operatori: dirigenti, docenti, personale amministrativo e poi ancora studenti e genitori, tutti protagonisti e attori in questa nuova e bella avventura.

Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it





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