È un controesodo, il nostro; ultimi a scegliere nonostante tutto, forse noi ci troveremo al Sud
Data: Giovedì, 20 agosto 2015 ore 02:30:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Bologna - Sono una docente di Storia dell’arte (classe di concorso A061) e di Disegno e storia dell’arte (A025) iscritta legalmente e regolarmente nelle Graduatorie ad esaurimento della provincia di Bologna, cosiddetta «precaria» da ventuno anni. Non sono pochi, considerando i concorsi, le abilitazioni, le specializzazioni, i perfezionamenti, l’esperienza sul campo. L’arte, dobbiamo ammetterlo, è una materia dimenticata da decenni nelle scuole secondarie italiane. È quasi scomparsa nei licei classici, nei linguistici, delle scuole turistiche e moda. Ora, in occasione della Buona Scuola di cui si parla tanto in questi giorni in seguito allo scadere delle novità sul piano nazionale proposte dalla riforma, io e molti altri docenti sposati, single, con figli o senza, abbondantemente adulti, con genitori anziani, cani e gatti, affitti o case personali da pagare, siamo totalmente ignorati e dimenticati da tutta la stampa italiana che, secondo un vecchio stereotipo, si commuove e vuole far commuovere fotografando gli emigranti del Sud, pronti con la valigia ad abbandonare certezze ed affetti. La provincia di Bologna, come molte altre del centro e nord Italia, da dieci, venti (in alcuni casi anche trent’anni) non stabilizza noi docenti residenti in città e nei comuni limitrofi. Noi siamo senza fissa dimora da molto tempo e conosciamo tutte le scuole, tutti i colleghi, ormai tutti i ragazzi di ogni istituto.

Noi girovaghi sul territorio non facciamo notizia, proprio perché abitiamo nella città dove dovremmo insegnare, proprio perché — anziché prendere scorciatoie abilitandoci in sostegno o lavorando nelle scuole medie inferiori — abbiamo cocciutamente voluto continuare ad insegnare quello per cui abbiamo studiato e che abbiamo continuato ad amare nel tempo. Le nuove immissioni in ruolo hanno visto nella provincia di Bologna più di cinquanta neoassunti in sostegno; una cattedra — una cattedra — è stata messa a disposizione per Disegno e storia dell’arte e nessuna — nessuna — per Storia dell’arte. Noi non siamo interessanti né folcloristici. Noi siamo docenti specializzati che accompagnano gli studenti a visitare le mostre, le città, le Biennali o semplicemente utilizziamo le aule scolastiche quasi mai dotate di lavagne luminose dove proiettare opere d’arte. Mi domando: ma se, dopo vent’anni, non c’è posto per me nella mia città, e forse neppure nella mia regione, perché dovrebbe esserci per chi sembra tanto soffrire dovendo abbandonare il proprio amato paese? Dove finiremo, noi docenti di materie così inutili, quando i posti che per noi non ci sono verranno occupati da colleghi così spaesati e disperati per la lontananza? È un controesodo, il nostro; ultimi a scegliere nonostante tutto, forse noi ci troveremo al Sud.

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