Il poeta in trincea
Data: Lunedì, 17 agosto 2015 ore 01:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Qualche anno fa, quando arrivai a San Martino del Carso, rilessi questa poesia incisa sulla pietra all'ingresso del paese. Poco prima due motociclette erano sfrecciate sulla piazza della Fontana, ma non veloci al punto da impedirmi di notare le marche dei propulsori: Honda e Yamaha, entrambi quadri cilindrici, si capiva dal rumore. I bambini in costume da bagno che giocavano nel prato antistante la villetta, accanto a un canotto di plastica riempito d'acqua, mi guardavano con curiosità. Un gatto s'avvicinò annusando il calore del mio corpo. Giovannino, dell'Ipsia di via Zambeccari, a Guidonia, se fosse stato lì, insieme a me, avrebbe detto che a San Martino del Carso sentiamo il contrasto fra storia e natura. Le case frantumate sono state ricostruite. Il Valloncello dell'Albero Isolato è diventata un'attrazione turistica. Ma noi come dobbiamo fare per riprovare l'emozione ungarettiana, qui, oggi, cento anni dopo?

Ricordo la mia discesa nella trincea del poeta. La terra brulicava di animaletti. Il cielo era uno scompiglio di frammenti luminosi. mi trasformai nel giovane poeta. I soldati salivano allo scoperto, a gruppi scompagnati, urlando come belve. Il rumore delle cartucciere pareva il rotolare dei sassi. Gli ufficiali erano isterici. La mitragliatrice spazzava il campo. Qualcuno riusciva a saltare dentro. Le baionette tagliavano la carne, sfregiavano i visi, sprofondavano negli intestini. Tutto questo alimentava l'egoismo, innescando nei combattenti una vitalità ferina. Mors tua, vita mea. Ungaretti, uomo di pena, scoprì in questo buco di roccia dove mi ero rintanato una verità umana universale. Sotto gli attacchi avversari, comprese, nella crosta del sangue raggrumato, che le radici di un uomo non appartengono soltanto a lui, ma s'intrecciano con quelle di tutti. Ne tocchi una, fai vibrare le altre. Il poeta lo spiega adesso anche a noi, soprattutto gli insegnanti, che cercano di passare il testimone di questa consapevolezza alle nuove generazioni: "Cosa significa fratelli per Ungaretti? Venite qui, ragazzi. Tutti davanti a me, come se io fossi il portiere in attesa del calcio d'angolo e voi gli attaccanti. Chi pensa di poter rispondere, alzi la mano!".

Rividi, come se fossero stato lì, davanti a me, nei pressi di Cima Quattro, tutte le mani alzate dei ragazzi nelle scuole dove ero stato: elementari, medie, professionali, tecnici, licei. Organizzavo delle gare interpretative trascrivendo ciò che loro mi suggerivano. Accanto a ogni concetto registravo il nome di chi me l'aveva detto. Una classe di biennio, futuri elettricisti, analizzando una sola poesia, ne individuò venti, quasi uno a testa. Ma forse l'emozione più forte me la fece provare Davide, quando, dopo aver letto San Martino del Carso, lo condussi, insieme a tutta la classe, al cimitero del Verano, a Roma, sulla tomba di Ungaretti.
"A professò, ecco che vor dì avecce er core stracciato. Che l'amici so tutto. E nun te li poi dimenticà, pure se moreno. Er poeta voleva facce capì questo, vero?".  

Eraldo Affinati, insegnante e scrittore (da, "Scuola e Formazione")





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