L'avevamo tanto amata
Data: Domenica, 14 giugno 2015 ore 01:30:00 CEST
Argomento: Redazione


Si pensava di cambiare il mondo, perchè si cercava di cambiare la scuola. Storia che appartiene in modo particolare alla generazione che con entusiasmo prendeva, agli inizi degli anni '60, la strada che portava all'insegnamento. Erano tempi in cui con lo stipendio di insegnante si poteva pagare il mutuo e mantenere il figlio all'Università; erano tempi in cui si potevano con la laurea scegliere più strade e non solo quella dell'insegnamento.
Una generazione preziosa alla quale non è stata riservata la gratitudine per avere con poco e solo con le proprie forze tenuto a galla il sistema scolastico per alcuni decenni. Una generazione che ha creduto alla funzione emancipatrice e liberatoria dell'istruzione. Si diceva: l'operaio conosce cento parole, il padrone mille ed è per questo che comanda. Si poteva insegnare nei licei e tanti invece sono andati nelle medie per sostenerne la riforma da poco approvata, anche se si guadagnava di meno.

Gli anni sono passati per tutti e anche per la scuola,che lentamente anche per stanchezza è tornata ad essere uno strumento di stabilizzazione e di conformismo; tradito dalle forze politiche l'impegno per riforme che non arrivavano mai; finito l'entusiasmo degli insegnanti di essere i protagonisti della promozione sociale e culturale delle nuove generazioni, che con grandi aspettative entravano per la prima volta nel sistema scolastico; persa la partita della mobilità sociale, la scuola poco alla volta ha ripreso la funzione di esclusione sociale.

Le sono venute a mancare le energie, le passioni che l'avevano spinta ad andare sempre avanti nell'apertura alla società, nel cancellare le barriere di ogni genere di segregazione, nella sperimentazione di nuovi metodi di lavoro e di valutazione, di nuovi linguaggi. Le è venuta meno la consapevolezza di non essere nè innocente e nemmeno neutrale nel rapporto con l'assetto economico-sociale dato.
Oscurato e trascurato l'orizzonte della promozione umana, è cominciata la lunga stagione delle innovazioni imposte dall'alto, pensate in sostituzione di un grande disegno riformatore e animate da prevalenti intenzioni di economicità e di efficienza. Innovazioni che così com'erano non potevano incrociare le passioni civiche che avevano animato per due decenni l'impegno professionale dei docenti: hanno creato, invece, conflitti e disagio per la scoperta volontà di ridimensionare gli aspetti democratici della scuola uscita dai decreti delegati. Una scuola di pari e senza padroni. Una scuola della libertà e dell'inclusione.

Invece di andare verso il rafforzamento della democrazia di un'istituzione, che si dichiara ancora comunità educativa, e della responsabilità educativa del docente ci si è incamminati per un drastico ridimensionamento degli spazi di confronto professionale, come se l'autonomia intellettuale dei docenti fosse la causa della crisi del sistema scolastico e non invece il suo rimedio.
E' iniziato con questo genere di innovazioni l'operazione ingannevole di far credere che la crisi del sistema di istruzione e formazione fosse di tipo organizzativo e non di natura gnoseologico-culturale. A questa strisciante opera di deligittimazione della funzione docente si sono progressivamente accompagnati il declassamento sociale e la perdita di prestigio sociale, di cui nessuno si è curato,nemmeno i sindacati che lo dovrebbero fare per mestiere.

Precipitati negli inferi della sopportazione sociale e del disprezzo,alimentati da scriteriate campagne di stampa e giustificati dai provvedimenti stessi dell'amministrazione, per molti insegnanti la vita a si è trasformata in una faticosa e sofferta routine ,incapace di inventare idee e modi per illudere e per illudersi.
In molti luoghi e per tantissimi insegnanti ed alunni la scuola ha perso fascino e credibilità. Invece di spalancare le finestre,di fare respirare l'aria fresca della libertà e della responsabilità, per semplice e consapevole sadismo si continua a rendere più soffocante il clima interno e per tacitare le rane nello stagno si minaccia di mandare il drago, che farà strame dell'impertinenza dei docenti, dell'indisciplina degli alunni, della petulanza dei genitori. Il padre padrone che si inventa il curriculum, che chiama gli insegnanti, li giudica, li promuove o li condanna. Anche se vengono da concorsi truccati o sub-iudice, anche se si fa scempio della costituzione, anche se non si sa per quale genere di società la scuola dovrebbe lavorare.
Com'era bella e libera la scuola dei decreti delegati; come si poteva non amarla? E questa che dovrebbe venire come si fa a non averne orrore?

prof. Raimondo Giunta





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