Documento al ddl La Buona Scuola dall'assemblea dei docenti e del personale ATA dell’Istituto Tecnico Economico 'Gioacchino Russo' di Paternò (CT)
Data: Domenica, 03 maggio 2015 ore 08:00:00 CEST Argomento: Istituzioni Scolastiche
Probabilmente
qualcuno è ancora abbagliato dalla campagna mediatica che il Governo ha
messo in campo senza risparmio di mezzi. Gli insegnanti italiani
no. Abbiamo, infatti, compreso da subito che "La Buona Scuola" ci
proponeva in modo ricattatorio uno scambio insensato e per ciò stesso
allarmante: stabilizzazione dei precari (incombeva la pronuncia della
Corte Europea), ma senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica e
soprattutto con la contropartita della fine del ruolo istituzionale
della scuola pubblica statale e della funzione docente prevista dal
dettato costituzionale.
Oggi il Governo chiede a tutti i Parlamentari di essere corresponsabili
di norme che, se non fossero fermate, decreterebbero la morte della
scuola pubblica statale prevista dalla Costituzione; ma non solo:
darebbero un colpo gravissimo alla libertà ed alla democrazia,
esautorando innanzi tutto il Parlamento, cui viene impedito di
dibattere e legiferare sull'istruzione pubblica in modo ampio e
condiviso; azzerando il ruolo dei sindacati; liquidando il valore del
contratto collettivo di lavoro; ignorando il ruolo del Consiglio
Superiore della P.I. e rottamando un'intera stagione di cultura
democratica nella scuola; in ultimo, ma non da ultimo, cancellando con
un colpo di spugna la libertà d'insegnamento prevista dai Padri
Costituzionali. E tutto in un sol colpo, attraverso il Disegno
di Legge "La Buona Scuola" che non esitiamo a definire un "mostro
giuridico".
Passiamo, ora, ad analizzare il Disegno di legge sulla scuola,
approvato dal Consiglio dei Ministri e in discussione al Parlamento:
1. Il DDL presenta innumerevoli punti
di criticità, che, qualora approvati, porterebbero ad un
radicale e inesorabile stravolgimento della scuola italiana. È palese,
innanzitutto, che mutamenti di grande portata debbano essere discussi a
fondo dalle forze parlamentari, in un dibattito ampio e condiviso, che
tenga conto delle voci provenienti dalla scuola.
Non si comprende, perciò, perché il
governo stia cercando di forzare i tempi di discussione e
come nello stesso provvedimento legislativo sia stato inserito l'art.
8, relativo al "piano assunzionale straordinario", che riveste invece
carattere di urgenza e pertanto andrebbe separato e riversato in un
apposito decreto legge, affinché le assunzioni del personale precario
siano operative entro il 1° settembre p.v., collegandole anche
all'immediata soluzione della incredibile questione del pensionamento
dei c.d. "quota 96". Se il Governo, invece, ha pensato di usare il
piano assunzionale urgente all'interno del DDL come arma di ricatto
sociale al fine di contingentare i tempi di discussione su misure così
profonde e radicali, non si può che stigmatizzare tale scelta,
considerandola un'inaccettabile provocazione e un'imprudenza pericolosa
in quanto la scuola è di tutti e per tutti, e si articola come
organismo complesso e delicato, il cui sistema non può essere stravolto
senza un'approfondita valutazione delle conseguenze che i cambiamenti
proposti genererebbero.
2. Il provvedimento di legge appare
privo di una visione strategica della scuola, dell'istruzione e
della formazione da proporre all'attenzione delle forze parlamentari e
del Paese.
L'articolato si incentra esclusivamente su aspetti di carattere
tecnico, organizzativo, burocratico ed economico, promuovendo un
modello di scuola di tipo aziendalistico del tutto estraneo alla
migliore tradizione pedagogica ed educativa italiana. Alla luce di ciò
non appare casuale la centralità assegnata alla nuova figura di
Dirigente Scolastico manager, l'importanza attribuita al mondo
dell'impresa e dell'economia.
3. Il DDL sembra ignorare quasi del
tutto le innumerevoli critiche e proposte elaborate in buona fede da
migliaia di docenti e operatori scolastici nella piattaforma
governativa on line, cosiddetta della "Buona scuola" la quale, a
questo punto, si rivela per quello che molti paventavano all'inizio,
ovvero solo una grande operazione mediatica di distrazione di massa.
4. Il DDL prevede la riduzione degli
organi collegiali della scuola (collegio dei docenti, consiglio
di istituto) a meri organi consultivi,
depotenziandoli significativamente, in quanto li priva di ogni potere
deliberativo. Ogni decisione non solo organizzativa e amministrativa,
ma persino pedagogica e didattica è affidata al Dirigente Scolastico in
una sorta di deriva autoritaria che non può trovare spazio all'interno
della Scuola, una delle fondamentali istituzioni democratiche della
Repubblica, quella cui viene demandato il compito di formare l'uomo e
il cittadino.
5. Il Dirigente Scolastico assume un
rilievo spropositato anche rispetto alla costituzione
dell'organico dei docenti, all'assunzione degli stessi, alla loro
valutazione, senza alcun bilanciamento: si rischia di consegnare le scuole
all'arbitrio e al clientelismo.
Tutti noi conosciamo l'impegno, la serietà e il rigore di molti
dirigenti scolastici ma, in un Paese che vanta tristi primati in
termini di corruzione, si rischia di consegnare le scuole, istituzioni
finora quasi immuni dagli abusi, a clientelismi locali e all'arbitrio
di pochi.
6. Il DDL lede gravemente la libertà
di insegnamento, garantita dalla Costituzione, limitando la
libera estrinsecazione didattica del docente e sottoponendola al controllo di un solo
soggetto, il Dirigente Scolastico, privando così il docente
della sua specificità didattica ed educativa e affidandone la
responsabilità al Dirigente Scolastico.
Il docente, inoltre, sarebbe costretto ad una formazione obbligatoria
nella misura di 50/70 ore annuali da prestarsi, scavalcando la
contrattazione nazionale, senza alcuna retribuzione. È evidente il
rischio della limitazione, coartazione e soppressione del pluralismo
democratico, che deve essere invece garantito e tutelato in tutti i
modi, perché la scuola è la fucina
della democrazia del presente e del futuro e tale deve rimanere.
7. Il sistema di piani triennali,
da sottoporre da parte di tutte le istituzioni scolastiche nazionali al
vaglio dell'Ufficio Scolastico Regionale e del Ministero
dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, comporterà un aggravio
burocratico di proporzioni immani. Inoltre, tra le scuole della
Repubblica - ad ognun delle quali dovrebbe essere garantito un decoroso
sostegno economico - si scatenerà una "cattiva" competizione di tipo
clientelare per vedersi approvati i piani e per accaparrarsi le
risorse. In tutto ciò le scuole subiranno un pesante condizionamento
dai governi regionali e nazionali di turno.
8. Il sistema dell'organico
funzionale, così come congegnato, lede i più elementari diritti dei
lavoratori. Innanzitutto, quelli dei docenti precari (PAS, TFA,
3° fascia, GAE) che non dovessero rientrare nel piano straordinario di
assunzioni, i quali verrebbero definitivamente espulsi dalla scuola
pubblica dopo anni di servizio reso, senza neppure la possibilità di
accedere alle supplenze per chi ne ha prestato più di 36 mesi. Tradite
sarebbero anche le promesse fatte dal governo agli idonei dell'ultimo
concorso.
Per i docenti, sia quelli neoassunti sia tutti quelli che rientrano
nelle operazioni di mobilità (compresi i soprannumerari), il trasferimento dalla scuola all'albo
comporterebbe così, analogamente alla riforma del lavoro già approvata
dal parlamento, un'imponente precarizzazione del corpo docente, in
quanto sarebbe impedita un'effettiva possibilità di mobilità nel
territorio nazionale oltre che la possibilità, sancita per qualunque
altro dipendente dello Stato, di poter operare una scelta su una sede. Il sistema prefigurato, anziché
rendere più dinamica la mobilità dei docenti, cristallizzerebbe le posizioni dell'organico,
sclerotizzando i docenti sempre nelle stesse scuole, salvo la mancata riconferma da parte del DS.
Del tutto criticabile, inoltre,
soprattutto dopo tanta retorica sulla scuola meritocratica, ci sembra la facoltà del DS di poter affidare la
cattedra a docenti senza abilitazione che abbiano semplicemente
il titolo di studio specifico.
9. Assolutamente negative sono da
valutare le aperture alle sponsorizzazioni di privati, che
segnano la capitolazione dello Stato e il suo progressivo disimpegno
dalla spesa per la scuola pubblica, già tra le più basse d'Europa, come
conferma il recentissimo documento finanziario del governo. Le
sponsorizzazioni dei privati rischiano di generare clientelismi,
indebite ingerenze tra Dirigenti Scolastici e imprese, producendo
inoltre minori introiti fiscali per lo Stato (sono previsti dal DDL
incisivi vantaggi fiscali) insieme a ulteriori, profonde disparità tra
le scuole collocate in territori floridi ed economicamente produttivi e
scuole di zone economicamente depresse.
10. Incostituzionale appare la
defiscalizzazione delle rette per le scuole private. Fatta salva
la libertà di scelta educativa delle famiglie, lo Stato non può
stornare parte della fiscalità generale a vantaggio degli istituti
privati, sottraendo risorse alla scuola statale.
11. Nessun riferimento è
presente nel DDL riguardo alla spinosa questione riguardante il personale ATA, ignorato da questo
governo e fatto oggetto di pesanti tagli da quelli precedenti.
12. Abnormi e senza precedenti sono, infine, le deleghe che il Governo chiede al
Parlamento per rivedere praticamente tutta la legislazione scolastica
vigente: dall'autonomia scolastica al sistema di conseguimento
delle abilitazioni, dallo statuto giuridico del personale scolastico,
alla revisione degli organi collegiali, ai problemi degli alunni
disabili, già resi drammatici dal taglio delle ore: temi essenziali, su
cui sono in campo proposte pericolose e su cui il governo si prepara ad
intervenire senza alcun controllo.
L'assemblea, infine, sottolinea che
l'art. 21 contiene ben 14 deleghe pressoché in bianco, su 14
argomenti diversi, che di fatto esautorano il Parlamento dalla sua
funzione legislativa sulla scuola come già è accaduto nel 2008 con la
riforma della scuola superiore all'epoca del Governo Berlusconi, che ha
portato alla sottrazione di 8 miliardi di euro in tre anni. L'ampiezza
e la vaghezza della deleghe consentirebbe al Governo Renzi di radere al
suolo la scuola pubblica statale nei 18 mesi successivi.
L'art.22, invece, prevede, entro sei mesi
dall'approvazione del disegno di legge, l'avvio delle procedure per il
contratto scuola e per il contratto dei dirigenti; tra gli indirizzi
della futura contrattazione sono già previste le modifiche innovative
necessarie per garantire coerenza giuridica, logica e sistematica e l'abrogazione esplicita di ogni disposizione
contrattuale precedente.
L'art.23 del disegno di legge prevede
testualmente: "I regolamenti, i decreti e gli atti attuativi
della presente legge sono adottati in assenza del parere dell'organo
collegiale consultivo nazionale della scuola" (si tratta del Consiglio
Superiore della Pubblica Istruzione, che è stato eletto in fretta e
furia, proprio in questi giorni, perché il governo è stato condannato
dal Consiglio di Stato per avere abolito senza motivo la funzione del
precedente CNPI).
In sostanza l'approvazione del disegno di legge equivale alla fine
della contrattazione che dovrà semplicemente adeguarsi alla presa
d'atto del nuovo modello autoritario
di scuola e limitarsi a ratificare disposizioni contrattuali
attuative e coerenti.
Per dignità sarebbe meglio a questo punto abolire la contrattazione.
Altro che mantenimento degli scatti... non c'è in realtà alcuna norma nel
testo che ne garantisca il mantenimento, semplicemente non se ne parla.
A questo punto, chi nutre ancora qualche dubbio circa i reali propositi
democratici del Governo legga l'art.
24 comma 3 che testualmente recita in modo rassicurante: "Le norme della presente
legge sono inderogabili e, a decorrere dalla data di entrata in vigore,
le norme contenute nei contratti collettivi, contrastanti con quanto
previsto dalla presente legge, sono inefficaci".
L'assemblea, pertanto, sulla base di
questi elementi decide di inviare questo documento critico al
Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e per conoscenza al
premier Matteo Renzi e al ministro dell'Istruzione Stefania Giannini.
LA BUONA SCUOLA
SIAMO NOI!
L'assemblea dei docenti e del
personale ATA dell'Istituto Tecnico Economico
"Gioacchino Russo" di Paternò (CT)
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