Mostra d'arte movimento Verticalismo al Teatro Sistina
Data: Mercoledì, 08 aprile 2015 ore 07:00:00 CEST Argomento: Redazione
Al
Teatro Sistina di Roma "movimento artistico
Verticalismo", dal 10 al
26 aprile. Artisti: Aquilotti, Barbagallo, Bortolotto, Calì, Caruso,
Catania, Commercio, Compagnino, Costa, D'Accampo, Di Giovanni,
Farinella, Guardo, La Scala, Liardo, Minio, Orto, Romeo, Spazzoli,
Timpanaro.
ANTEMURALE
Con il lemma Verticalismo si vuole significare un divenire di
possibilità e "attiene a tutte le espressioni artistico-culturali non
meno che socio-politiche. Muove dalla nostra corrente di pensiero
filosofico-scientifica "la Via del Possibile" secondo la quale
l'Universo (spazio eterno, fisico e non solo fisico) nato dal Nulla è
un puro "campo di possibilità" che sfocia, nel suo continuum di
possibilità, nella vita e, in forza di un processo filogenetico,
nell'uomo (spazio biologico e dell' io)".
"Considerato che l'Universo e la (sua) vita si sono evoluti liberamente
in quanto "campo di possibilità", si può senza meno affermare che
l'unica verità (libera da atti, da necessità, da radici
deterministiche...) è il "campo di possibilità" dominio della libertà
vera".
"Dunque è la nuova concezione dello spatium (fisico, biologico e
sociale) il sestante che ci istrada nell' interlavoro io-società".
"Da questa nuova visione del mondo muove una conoscenza "altra", forte,
che definitivamente libera dai residui di rigide formule artistiche e
culturali che esaltavano verità assolute, misura di ogni azione".
"Il nostro tamtam consiste nella teorizzazione, rappresentazione e
pianificazione artistico-culturale e sociale dell'espansione dell'io
attraverso la sovrapposizione e la disseminazione di campi di
possibilità. Come dire che l'io inserito nel sociale e nelle attività
umane impara e insegna ad assurgere a "verticale" (a "possibilità")
cioè a dire ad essere in un divenire di possibilità". [Salvatore
Commercio]
ARTE E SITUAZIONE SCIENTIFICA DEL VERTICALISMO
(Pot-pourri, 1975)
Don Antonio Corsaro
Il collettivo verticalista, che avanza in un clima di legittima
diffidenza, data la quasi totale sprovvedutezza degli storici
dell'arte, degli estetologhi e dei critici da passeggio e della
conferenza in tetrapak, porta in campo estetico una provocazione morale
inedita, come ogni verità noetica rimasta inerte nel chiuso dei suoi
tropi. (...) Dal punto di vista sociale sollecita la
trasformazione
del linguaggio, poiché nel linguaggio si riconosce e si manda in
effetto ciascun modello di società ortonoetica. Non c'è noèma, come sa
la fenomenologia trascendentale, che non passi attraverso la mediazione
linguistica in qualunque modo contrassegnata. E non c'è poiein o
techne che non trovi nelle omologie metalogiche il suo atto e il
suo dominio costitutivi. Nel consentaneo la società riconosce se stessa
e il proprio sviluppo.
(...) Alla base delle loro "invenzioni" resta il mutamento delle
strutture economico-sociali. Avendo rifondato le arcaiche antinomie tra
scienza e arte, essi credono che nella loro inscindibile corrispondenza
metodica ci sia qualcosa di stabile e concreto. Credono quindi
nell'arte "utile", nella scienza "utile". Utilità che
verticalisticamente investe i fenomeni sociali e li trasforma.
(...) La convinzione verticalista si muove dentro l'ambito di omologie
di
struttura nel senso in cui, sul piano della moderna ricerca, le due
metodologie, quella estetica e quella scientifica, evitando le
astrattezze metafisiche, si reggono a vicenda. Ma non si vuole soltanto
collaudare il metodo scientifico per l'interpretazione dell'arte. Anche
la creatività, che pure appartiene alla sfera della intuizione, riceve
stimoli e luce dalla scienza. All'artista spetta il compito di non
lasciarsi travolgere dalla tecnologia. Se però al di là della
tecnologia coltiva l'habitus scientifico, il suo prodotto avrà tutte le
caratteristiche della verità e della bellezza.
(...) E proprio per questo esigiamo un eidos, vale a dire una forma,
ciò
che in sé stesso vive dei propri predicati. E' verticale questo
in-sé-stesso, nonostante le sembianze di una molteplicità senza numero.
Oltre le leggi naturali immaginiamo sempre le variazioni possibili di
una sola forma. Questa forma o essenza, superando la visione empirica,
deve essere una forma pura. E le strade per arrivare a captarla, oggi,
qui e ora, sono quelle che vogliamo designare con un avverbio e un
aggettivo difficilmente riscontrabili nel dizionario dei luoghi comuni:
sono "scientificamente artistiche".
Qui si tocca il punto estremo del verticalismo. Enfin du moi - et du
langage mathematique. Ogni categoria superiore è verticale, e l'eidos è
una categoria superiore: la si trova in tutte le manifestazioni del
particolare; nell'io, nel me stesso mallarmiano, nell'individuo.
Noi ci procuriamo dei colori, dei suoni, delle parole, dello spazio; ci
procuriamo delle cose e ne vediamo un bagliore, un timbro, un segno un
limite. La nostra visione è ridotta, e non perché, e non in quanto
avrebbe ragione Sartre che di là dal fenomeno non trova nulla, ma
perché i fenomeni sono tutti unilaterali e la totale illuminazione
deriva dalla loro essenza pura. Noi, se artisti, siamo nell'inadeguato,
però dall'inadeguato facciamo nascere la visione dell'essenza (...).
La moltiplicazione infinita che la visione personale genera adesso, e
teleologicamente, con atto offerto agli atti demoltiplicati, senza
sosta si trasforma, cioè passa ad altre forme, fino alla visione della
forma, in una verticale equidistante dal progressum in infinitum al
regressus infinitum (...). E l'occhio invitato a rappresentare la
visione, affine all'occhio rivolto all'oggetto, toccando l'in-sé-stesso
scopre i possibili, veri e falsi, in cui naviga la totalità dell'essere
della vita. Questa totalità è forma, eidos, essenza, di in altro
essere, dell'essere verticalizzato, perfetta oggettivazione di un
trascendente, che però l'io, e esattamente il mio, deve sentire
nell'arco acuto della sua esperienza. Nessun trascendente è vero se non
è vissuto. La forma verticale non sarà mai una possibilità logica, non
sarà mai una vana forma formale in un io privilegiato. La mia
esperienza è la esperienza di ogni altro reale, non fosse altro, per
una relazione di entropatia (...).
"Noi riteniamo che il sistema verticalistico sia l'unico sistema che
corrisponda alle condizioni di civiltà in cui ci troviamo e corrisponda
anche alla esigenza di superare tutti i modelli che l'arte del nostro
tempo ci presenta. Per tale superamento è necessario essere
verticalista. Ma essere verticalista non è facile, come correre dietro
ad una ideologia. Essere verticalista significa creare una scienza e
avere una precisa attitudine collettiva di fronte ad ogni azione umana
e a tutto il mondo che ci circonda. L'ideologismo va bandito.
Se è vero che le opere d'arte devono servire alla vita dei gruppi
sociali, esse devono pure servire a comunicare sentimenti e pensieri.
Ma per fare ciò non possono prescindere dalla figurazione dello spazio
a venire. In certo senso bisogna fare in arte quel che Durkheim fece
scoprendo la nozione di spazio sociale, e non seguire il metodo di
Wolfflin. Oggi, epistemologia, etnografia, matematiche, antropologia,
possono concorrere a costruire il metodo o il sistema dello spazio
verticalistico. Sappiamo bene che l'impresa non si esaurisce in un
enunciato o in un desiderio. In arte i soli desideri non bastano. E
sappiamo anche bene che l'artista potrebbe fallire nella resa del suo
prodotto. Quel che conta è il sistema (come in politica), e non per ora
il risultato della singola opera. Abbiamo la convinzione però che per
mezzo del sistema verticalistico è possibile dare alla nostra epoca il
linguaggio più concreto, il linguaggio più rappresentativo dello stato
cui è pervenuto lo spirito umano.
"(...) La scienza, le tecniche, i costumi, la politica, la religione,
la
critica letteraria, la prosa, la poesia, tutte le conoscenze e le
esperienze del nostro momento storico sono in processo di
trasformazione. C'è una nuova concezione "semiologia" della
letteratura, dell'arte. Non ci sono più messaggi, ma un mondo, direbbe
Kafka, che va decifrato. Tutto da decifrare. La significazione delle
cose, e non il loro senso, costituisce il vero statuto tautologico di
ogni forma, letteraria e non. L'acculturazione che ci domina, i "pezzi"
di storia che possiamo chiamare surrealismo, Brecht, strutturalismo,
cultura di massa, presse du coeur, nuovo romanzo oggettivo, nuova
poesia materialista, letteratura astratta, letteratura impegnata,
eurocomunismo, rivoluzione proletaria, certo, sono "mode", ma sono mode
importantissime e positive; sono più che mode; sono la "differenza"
della nostra diacronia non ancora storica; sono il fenomeno formale di
una rotazione dei possibili. L'arte, ad esempio, la cui "sostanza" non
è costituita dal linguaggio ma da rapporti sempre spaziali, fonda la
sua diacronia nel modo di vedere lo spazio, nell'idea di spazio, ch'è
un sistema di significazione decettivo, vale a dire un sistema adatto a
moltiplicare le significazioni senza che mai queste vengano esaurite e
colmate. (...) In arte, l'uomo modifica la visione dello spazio quando
il
suo linguaggio s'innesta sulla società in cui vive. La società è la
materia dell'arte e comprende sensazioni e conoscenze, rapporti
geometrici e matematici. Tutto sta nel concepire uno spazio capace di
stabilire relazioni con gli oggetti e le immagini in esso implicati.
Il Verticalismo consiste perciò essenzialmente nel creare uno spazio
nuovo, che non sia quello Rinascimentale né quello del post-cubismo, né
qualsiasi altro che non abbia una validità in progress: uno spazio
aperto alla verticalità umana e scientifica.
Ma che cos'è lo spazio verticalista sovrapposto? Non altro che un
sistema convenzionale che tende a distruggere il sistema illusionistico
rinascimentale e cubista corrispondente a un'immagine del mondo,
propria di una civiltà, la nostra. (...) Lo spazio sovrapposto
verticalista, tenendo conto delle concezioni matematiche, fisiche,
geografiche del nostro mondo, consiste nella pluralità delle dimensioni
intellettuali (...). Esso consiste nell'infinito demoltiplicato,
continuo, che si autogenera, non come sviluppo o variazione di serie
rappresentative ma come costante contraddizione che scoppia tra il
soggetto e l'oggetto (...). Significa che un'opera d'arte diventa
leggibile quando si rimonta verticalmente attraverso la genesi delle
sue categorie linguistiche e della topologia dell'atto significante".
Don Antonio Corsaro
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