E Francesco, ancora una volta controcorrente, non si è smentito!
Data: Mercoledì, 11 marzo 2015 ore 08:00:00 CET
Argomento: Redazione


Il 7 marzo scorso, il Papa riceve in udienza, tra gli altri, il movimento di Comunione e Liberazione. Nel decimo anniversario della scomparsa di don Luigi Giussani , mentre ricorda con gratitudine l'opera del fondatore di CL, Bergoglio coglie l'occasione per tuonare contro gli adoratori del suo (di Giussani) carisma, ridotto a - testualmente - "museo di ricordi", ovverosia a culto della personalità. E giù, forte, la reprimenda contro le "trappole" della "spiritualità d'etichetta" dei ciellini : "Non vi perdonerebbe mai (il vostro fondatore) che perdeste la libertà e vi trasformaste in guide da museo o adoratori di ceneri [...]. Quando siamo schiavi dell'autoreferenzialità finiamo per coltivare una 'spiritualità di etichetta': 'Io sono CL'; e cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale, quel guardarci allo specchio che ci porta a disorientarci e a trasformarci in meri impresari di una ONG" "!

Queste le parole di Francesco; e sono, certo, parole durissime da ingoiare. Sicuramente indigeste.
E, senz'altro, potrebbero risultare inquietanti, qualora, però, si dovesse intravedere nel sermocinare lapidario del Vescovo di Roma la studiata, premeditata e malaugurata intenzione di volere convertire la cattedra di Pietro, la cattedra evangelica, in tribuna politica, la teologia in ideologia, - e per giunta marxista - , come pure è stato insinuato dai suoi, pochi, in verità, non estimatori!

Ma, è questa l'intenzione di papa Francesco?
E' forse fare tribuna politica il denunciare il formalismo vuoto della "spiritualità delle etichette", l'esplicitare una simpatia per la teologia della liberazione, mai peraltro, dissimulata; il volere soccorrere i più deboli, l'abbracciare la causa dei più diseredati, di coloro che hanno fame e sete di giustizia, di tutti gli oscuri disperati che annaspano inosservati nel quotidiano irreversibile degrado delle periferie del nostro mondo?

E' ideologismo politico, o è, invece, piuttosto fedeltà al messaggio evangelico, il ricordare che la Chiesa cattolica è "un ospedale da campo", - per usare la metafora bergogliana -, dove non c'è tempo per teologizzare, ma occorre fare, intervenire, curare, sanare, e aiutare chi è ferito?
Parla il linguaggio del politichese, il Papa, quando condanna il fariseismo perbenista di certuni prelati, o quando anatematizza contro le mafie, le caste e le lobby d'ogni genere, contro la corruzione, le speculazioni finanziarie, la pedofilia, lo sfruttamento del capitalismo disumano, del liberismo senza regole, contro il lusso sfrenato, la violenza, contro le guerre fatte a scopo di lucro da guerrafondai senza scrupoli ecc. ecc.?

Alcuni temono che certi suoi modi spicci di presentarsi, e di "sermonare", possano favorire il ritorno " blasfemo", ahinoi, di certi vecchi slogan sessantottini, del tipo: "Cristo sì, Chiesa no!".
Ma perché molti sedicenti cristiani faticano a testimoniare un Cristo risorto, forte e soccorrevole, in un contesto di totale emarginazione culturale, sociale, politica?
La strada della Chiesa non è forse quella di uscire per andare a cercare i lontani nelle periferie, a servire Gesù in ogni persona emarginata, perseguitata, delusa, disperata, senza fede? di lasciare che si manifesti la grande "misericordia di Dio"?.

Sbaglia papa Bergoglio a rovesciare i valori della società, rileggendoli a partire dagli ultimi?
Ed è un fare sovversivo il dare maggiore spazio ai carismi del singolo fratello rispetto all'ordine costituito?
Si contraddice il Vangelo, se si condanna " la spiritualità d'etichette"?
Se la verità è di per se stessa sempre rivoluzionaria, allora: quale Verità può esserci più rivoluzionaria di quella impartita dalla cattedra di vita evangelica?
Per fare la volontà del Padre in cielo, non è bene che si cominci a fare bene, prima, il Bene, quaggiù, in terra? Amen

Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com





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