Parru cu tia. Ignazio Buttitta e la lingua siciliana. Un’intervista possibile
Data: Domenica, 15 febbraio 2015 ore 08:30:00 CET
Argomento: Redazione


Ignazio ButtittaLo incontravo spesso, per le vie di Misterbianco, nei lunghi pomeriggi di domenica, mentre passeggiava con il suo inseparabile amico poeta Turi Scordo. Così conobbi Ignazio Buttitta, il viso asciutto, simpatico, espressivo, l'abito perennemente scuro e il suo caratteristico e immancabile berretto "alla siciliana". Lo inseguivo con gli occhi, lungo lo "stradone provinciale" (via Garibaldi), tutte le sante domeniche d'inverno, poi raggiungeva i pisòla do' Monumentu, (Piazza Mazzini), e lì, sempre con l'inseparabile amico Turi Scordo, si fermava sotto i possenti eucalipti dell'antica piazza cittadina. E li vedevo parlare e parlare... Ricordo che scrutavo, con giovanile curiosità, il loro modo di gesticolare, ardente e gioioso, gridando, quasi, in un siciliano arcaico e a me sconosciuto; dopo, beatamente, si sedevano su una panchina e continuavano i loro inestricabili ragionamenti. Finché una domenica mi avvicinai e con una scusa banale chiesi a Turi Scordo di cosa stessero discorrendo: "di Carnevale", fu la risposta, tagliente e repentina. "Di Carnevale!?", replicai io. "Si, della festa più bella e più importante del popolo siciliano. E questo è un amico speciale, il poeta e compagno Ignazio Buttitta!". Iniziarono così i nostri interessantissimi incontri... pieni di ricordi, di  poesia e di Sicilia ...

Maestro, ci racconti la sua vita, la sua giovinezza ...
«Caro amico, in Sicilia la vita è bellissima, ma la mia infanzia è stata difficile... e molto travagliata! Mio padre era un commerciante, aveva una salumeria, dove io, sin da piccolo, vi lavoravo! Di quegli anni ricordo solo lavoro e lavoro,... e tanti sacrifici... E non come i ragazzi d'oggi ... ».

Poi è scoppiata la guerra ...
«Io sono stato... uno dei ragazzi del '99! Che ha salvato la Grande Guerra e l'onore dell'Italia! Tanti paroli ppi non diri nenti! Sono stato chiamato alle armi quasi alla fine della guerra, nel '17, e con la mia "generazione" "partecipai" al massacro di tanti giovani d'Europa, di tanti figli di mamma! Che tragedia... e che tristezza!».

Al suo ritorno come ha trovato la Sicilia?
«Pèggiu di prima! Dopo la guerra... iniziai una nuova vita, frequentai nuovi amici, Giuseppe Pipitone Federico, Luigi Natoli, Giuseppe Nicolosi Scandurra, Alessio Di Giovanni, Filippo Fichera, Antonio Negri, Giuseppe Pedalino e numerosi altri poeti e intellettuali siciliani. E iniziò il mio impegno politico! Nel 1922 sono stato tra i fondatori del circolo di cultura "Giuseppe Turati", pubblicammo un giornaletto settimanale "La povera gente". Il Primo maggio di quell'anno abbiamo promosso una grande manifestazione per ottenere la giornata lavorativa di otto ore. Una follia per allora! Il 15 ottobre, proprio alla vigilia della Marcia su Roma, ho organizzato una sommossa popolare contro l'irrigidimento del dazio comunale, che mi costò l'arresto insieme ad altri collaboratori del settimanale. Nel 1924, in occasione delle elezioni politiche, presentai la lista del Partito Socialista, ma subito dopo aderii al Partito Comunista d'Italia. Il mio partito!».

Quando ha scritto la sua prima poesia?
«Ricordo che nel 1923 pubblicai la mia prima raccolta di versi dialettali: "Sintimintali", e nel 1928 il poemetto "Marabedda". Nel 1927 sono stato condirettore, insieme a Giuseppe Ganci Battaglia e Vincenzo Guarnaccia, del mensile palermitano di letteratura dialettale "La trazzera", che solo dopo due anni è stato soppresso dai fascisti! Ma non ci siamo dati per vinti! In quegli anni ho continuato a pubblicare le mie poesie... in fogli clandestini e nel mitico quindicinale "Il Vespro Anarchico", diretto da Paolo Schicchi. E quante gliene abbiamo dette a... quel regime lì!».

Poi venne "l'altra" guerra ...
«Anch'io, come te, caro amico, ho tastato... il "duro pane dell'emigrante"! Nel 1943 sono andato a Codogno, in Lombardia, e da lì mi sono impegnato nella lotta partigiana contro il nazifascismo. Quante battaglie abbiamo fatto! E quanti pericoli! Sono stato "acciuffato" per ben due volte dai fascisti,... e tutte due volte sono riuscito a fuggito! Poi, finalmente, venne la Liberazione,... e dopo tanti anni sono ritornare a casa, in Sicilia. Ma tutto era cambiato! I magazzini e la mia casa erano stati saccheggiati, gli amici di un tempo scomparsi! La mia vita non c'era più! Così decisi di ritornare in Lombardia,... dove già mi aspettava una moglie, i miei figli... e il lavoro di rappresentante. E in Lombardia ho avuto la possibilità di frequentare gente come Quasimodo e Vittorini. E non so se mi spiego!
Solo a metà degli anni Cinquanta, sentii forte il richiamo della mia terra, e sono rientrato a Bagheria. Affidai l'attività commerciale ad amici, e mi sono dedicato, finalmente, anima e corpo, alla mia amata terra e alla poesia siciliana!».

Maestro cosa ne pensa del dialetto siciliano?
«Caro amico, voglio che comprendi 'na cosa, noi non parliamo o scriviamo in siciliano, perché è più "comodo", più facile, per ignoranza, o perché ci piace! No! Noi parliamo e scriviamo in siciliano perché ci appartiene, perché è la nostra lingua, la nostra identità, 'a nostra ràdica; perché sono state le prime parole che abbiamo sentito all'alba della nostra vita, nelle viscere di nostra madre, quando eravamo 'nta naca, quando ci addormentava, ci allattava, ci nutriva. Il siciliano è la madre della nostra cultura! E non ce la possiamo scordare! Mai! La lingua siciliana, inoltre, è importante anche perché "combatte" l'omologazione e la standardizzazione culturale della nostra epoca. E voglio ricordare le belle parole di un... nostro amico comune, "Questa nostra lingua va protetta e difesa sino allo spasimo! Il nostro dialetto è di una dolcezza infinita, di una musicalità struggente. E tu ne sei amante degnissimo, geloso, competente e appassionato, e capace di farcelo amare ancora di più!"».

E cosa pensa del fatto che al giorno d'oggi, i giovani nati in Sicilia parlano poco il siciliano, e lo conoscono ancora meno!? Purtroppo!
«La lingua è tutto per un popolo! È... libertà, identità, memoria, speranza, futuro! Un popolo rimane libero anche se lo mettono in catene, se lo spogliano di tutto, se gli chiudono la bocca, un popolo rimane ricco anche se gli tolgono il lavoro, il passaporto, la tavola in cui mangia, il letto in cui dorme, un popolo diventa povero e servo quando gli rubano la lingua ereditata dai padri, allora si, è perso per sempre! Non finirò mai di ripeterlo! Un populu | mittitulu a catina | spugghiatulu | attuppatici a vucca | è ancora libiru. ...livatici u travagghiu, u passaportu, a tavola unni mancia, u lettu unni dormi, è ancora riccu, un pupulu diventa poviru e servu, quannu ci arrubbbati a lingua addutata di patri, è persu pi sempri».

Cos'è la poesia?
«La vera poesia è attualità, è atto politico di ribellione e di riscatto, e non solo allitterazione e tradizione. Se vuoi comprendere non solo il metodo, l'agire poetico, ma anche il merito, l'orizzonte della mia poesia, devi sapere che io "vivo" la letteratura come visione che si fa ragione, coscienza del lettore, che diventa progetto da agire nella realtà. La mia poesia siciliana è esplicitamente impegnata e radicata nelle cause e nelle conseguenze del disagio economico delle classi subalterne. La letteratura, caro amico, esprime sempre un soggetto collettivo, raffigura i miti di una società, i modelli narrativi, i valori in cui essa crede, le emergenze di senso che ricompongono il mondo. Miti come realtà desiderata, simbolicamente risolta, origine e modello di ogni civiltà».

Maestro, cosa pensa del popolo siciliano? Riuscirà a salvarsi?
«Difficili mi pari, difficili! Ma io, come sempre, non mi do per vinto! E con la penna e la voce combatto una battaglia civile e culturale per il mio popolo! La Sicilia è addurmisciuta, dormi 'u sonnu di li morti, ed aspetta mentri dormi, chi canciassi la so sorti! Parru cu tia, toia iè la culpa, sfradda 'sta cammisazza, tìngila e fanni 'n pezzu di bannera. Questo è mio il "comandamento": Siciliani, alzate la testa e diventate protagonisti del vostro destino!!!».
Ignazio Buttitta, nato a Bagheria, il 19 settembre 1899 e morto il 5 aprile 1997, è considerato uno dei maggiori poeti italiani, apprezzato per aver ridato lustro alla lingua e alla cultura siciliana, combattente per la libertà e per il riscatto dei diseredati e delle classi popolari, ha saputo coniugare con rara maestria la purezza e la musicalità dell'idioma isolano con la concretezza e la forza del linguaggio e delle idee.

Angelo Battiato
angelo.battiato@istruzione.it





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