La nostra storia: cultura, tradizioni e risorse. La festa di S. Agata a Catania
Data: Lunedì, 02 febbraio 2015 ore 08:00:00 CET
Argomento: Redazione


on valsero catene;
né il minacciar d'un Preside
a trarla dal suo Bene,
a cui dall'età eterna
fu sacro il vergin fior »
(Mario Rapisardi, Ode, per il 5 febbraio 1859)

Organizzato dal Lions Club Catania Gioeni si è svolto, il giorno 14 gennaio scorso presso Hotel Nettuno di Catania, l'evento "Incontro tra noi" dal titolo: “La nostra storia: cultura, tradizioni e risorse. La festa di S. Agata a Catania”.
 Dopo aver rivolto  un caloroso  benvenuto ai soci e a tutti gli ospiti presenti all’evento,  il Presidente Dott. Alberto Favetta  ha dato la parola alla relatrice prof.ssa Francesca Scoto che  con affabile eloquio è subito entrata in tema illustrando con dovizia di particolari la vita di S. Agata.
- Nata a Catania nel 235 da una nobile e ricca famiglia, e vissuta durante il proconsolato di Quinziano, Agata abita nel cuore dei catanesi in modo esclusivo e particolare;  patrona della città di Catania, oltre che della  Repubblica di San Marino, e di Malta,  è venerata  santa, vergine e martire, sia dalla Chiesa cattolica che da quella ortodossa.  Sebbene  la tradizione cattolica sostenga  che Sant'Agata si sia consacrata a Dio all'età di 15 anni circa,  da studi storico-giuridici  più approfonditi si rileva  -come ha riferito la prof.ssa Scoto- che Agata  abbracciò la propria fede in Cristo a un'età non inferiore ai 21 anni. A sostegno di  codesta  tesi si adduce il fatto che Agata era stata consacrata diaconessa  al tempo in cui  questo ruolo competeva a donne di età non inferiore ai 21 anni;  godeva pure del  titolo di “proprietaria di poderi”, titolo che, secondo le leggi dell’Impero Romano, si conferiva  solo  al  compimento del 21esimo anno di età; inoltre, durante il suo processo si ricorse, per impugnarlo,  alla “Lex Laetoria”, una legge che proteggeva i giovani di età compresa tra i 20 e i 25 anni con la possibilità di contrapporre una “actio popularis” contro gli abusi di potere commessi dall’inquisitore. Fu per questo,  infatti, che  al  processo di Agata seguì un fallito tentativo di insurrezione popolare contro Quinziano-
Possiamo quindi a ragione –ha continuato la Scoto- immaginare Agata piuttosto che una ragazzina, una donna con un ruolo attivo nella sua comunità cristiana, dedita all’istruzione dei catecumeni e alla preparazione dei più giovani all’incontro con la fede in Cristo. La persecuzione da parte di Quinziano risale al periodo tra il 250 e il 251, quando cioè il proconsole, arrivato a Catania con l’intento di far rispettare l’editto dell’imperatore Decio, chiese ai cristiani di abiurare la loro fede pubblicamente. In seguito, invaghitosi di Agata, ordinò anche a Lei  di ripudiare la fede in Dio e di adorare gli dei pagani. Ma Agata,  sorretta da una fede ferma e assoluta nel suo  Cristo, rifiutò  l’ordine dell’arcigno  pagano, affrontando  così il martirio del suo  persecutore. Breve fu il passaggio dal processo al carcere e alle violenze; inizialmente fu fustigata e successivamente sottoposta alla estirpazione delle mammelle; guarita dalle ferite grazie  all’apparizione di San Pietro, fu sottoposta al supplizio dei carboni ardenti. La notte seguente, il 5 febbraio 251, Agata spirò nella sua cella. Le sue sante reliquie furono trafugate a Costantinopoli nel 1040 dal generale bizantino Giorgio Maniace;  nel 1126 due soldati dell’esercito bizantino le riportarono da Costantinopoli a Catania, e le consegnarono al vescovo di Catania Maurizio nel Castello di Aci. Il 17 agosto 1126 le reliquie rientrarono nel Duomo di Catania dove sono, oggi, custodite; parte, all’interno del prezioso busto in argento: cranio, torace e organi interni; e  parte, dentro a reliquari posti in un grande scrigno: braccia e mani, femori, gambe e piedi, la mammella e il velo di S. Agata. Secondo la leggenda, il velo è stato usato da una donna per coprire la Santa durante il martirio dei carboni ardenti, e per tale motivo è di colore rosso. Nei fatti, il velo di colore rosso faceva parte del vestimento con cui Agata si presentò al giudizio essendo questo indossato sopra la tunica bianca dell’abito delle diaconesse consacrate a Dio.
E’ stato già messo in luce dagli storici  come nelle vite dei santi e nelle feste religiose della Sicilia si siano conservati molti elementi del culto di Iside, e come nella storia dell’arte sacra siano perdurati  alcune caratteristiche peculiari del culto della dea egiziana. Il culto alessandrino di Iside penetra in Sicilia nei primi secoli dell’età cristiana e rappresenta  un periodo di transizione  tra il morente paganesimo e il cristianesimo nascente, infatti Iside è spesso rappresentata col suo bambino lattante, e a volte con un atteggiamento che ricorda le nostre Madonne. A Catania la devozione per la dea era molto sentita e con molta probabilità la festa di S. Agata  presenta alcune caratteristiche simili al culto della dea egizia. La descrizione che Apuleio ci ha lasciato nelle sue Metamorfosi della festa di Iside in Corinto colpisce per la meravigliosa rassomiglianza con la festa di Sant'Agata. La festa di Iside a Corinto era una festa marinara, come lo era quella di Agata a Catania nelle sue origini. La martire cristiana alla quale s’erano strappate le mammelle e alla quale le donne offrivano, come oggi ancora è in uso, mammelle di cera in grazia della guarigione ottenuta, prese il posto  della dea egizia, che simboleggiava la Vita, la forza produttrice della Natura ed era considerata come la dispensiera del latte all’umanità nascente. Al velo di Iside protettrice delle navi, alle vele della nave egizia che trasportava le sacre reliquie,  nel tempo si sostituì il velo miracoloso della santa catanese!
Numerosi sono i miracoli attribuiti a S. Agata. Appena un anno dopo la sua morte, la città di Catania fu colpita da una violenta eruzione dell’Etna,  iniziata il 1 febbraio;  il popolo  devoto portò il velo vicino alla colata lavica che si arrestò il giorno 5 febbraio, la data del suo martirio.
Simili miracoli con arresto del fronte lavico si annoverano in anni successivi:  nel 1669, il magma distrusse molti centri abitati e giunse fino in città,  circondando il fossato del Castello Ursino e arrivando vicino al Duomo, dove si arrestò miracolosamente preservando i luoghi del martirio e della sepoltura, per poi continuare a riversarsi in mare. Secondo le leggende, Catania è stata miracolosamente salvata dalla distruzione di eruzioni e terremoti numerose volte succedutisi  nel corso dei secoli; fu  preservata, inoltre, dagli Ostrogoti nel 535, dall’ira di Federico II nel 1231, e dalla peste nel 1743.
La  prof.ssa Scoto  ha sottolineato come sia  immensa, calorosa e unica, la partecipazione dei catanesi alla festa di S. Agata, un insieme di fede e folklore, che  Catania dedica alla sua “patrona” dal 3 al 5 febbraio.  
Controversa è l’origine della veste indossata dai devoti nei giorni dei festeggiamenti, camici e guanti bianchi, papalina nera in testa sono legati al fatto che, i cittadini catanesi, svegliati in piena notte dal suono delle campane al rientro delle reliquie in città, si riversarono nelle strade in camicia da notte. Ma altre fonti affermano che l’abito bianco rappresenta un saio penitenziale o una veste bianca che indica purezza. Il giorno 4 e 5 febbraio il fercolo d’argento con le reliquie della Santa viene portato in processione e posto su un carro o “Vara” anch’esso in argento e tirato da due “cordoni” di oltre 100 metri dai devoti.  Insieme alla Vara, vengono portate in processione anche dodici “candelore” appartenenti ciascuna alle corporazioni degli artigiani cittadini.
Concludendo, la prof.ssa Scoto ha ribadito che la Festa di S. Agata a Catania è considerata una tra le principali manifestazioni cattoliche a livello mondiale per affluenza  di devoti. Ogni anno una moltitudine di fedeli si riversa nelle strade della città, dove si respira un clima di concentrazione religiosa e un’aria di dedizione alla giovane Agata particolarmente intense;  pur essendo Agata vissuta in epoca lontano dai nostri giorni, è sempre presente nella vita dei cittadini e, soprattutto, nel cuore della gente catanese.

Prof.ssa  Francesca  Condorelli – Addetto Stampa LC Catania Gioeni





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