La Shoah, la memoria e il cielo nero d’Auschwitz
Data: Martedì, 27 gennaio 2015 ore 08:15:00 CET
Argomento: Redazione


"Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole." (Primo Levi)
La Giornata della Memoria bisognerebbe raccontarla con gli occhi dei protagonisti, dei sopravvissuti dei Lager di Auschwitz, Birkenau, Buchenwald, Mauthausen, Dachau, con la voce tremula degli häftlinge, degli uomini che hanno lottato "per un pezzo di pane", e che sono morti "per un si o per un no", e delle donne "senza capelli e senza nome", "senza più forza per ricordare / come rane d'inverno", per dire ciò che non si può dire, per spiegare ciò che non si può spiegare, per descrivere l'indicibile vita nei luoghi del dolore e del martirio, che danno terrore alle nostre menti e che rendono l'esatta dimensione del male. Solo chi ha visto la "bocca dell'inferno", l'abisso della ragione, il Gòlgota dell'uomo, può desiderare intensamente la vita, può amarla intimamente. Solo chi cammina con la morte ai confini dell'umanità, nei meandri concavi del "male assoluto", nei trinceramenti del supplizio, può considerare e apprezzare la luminosa bellezza della vita.

Quanti uomini, donne, bambini, anziani, smarriti dalla vita, inghiottiti nel nulla, persi per sempre. Per niente. Chissà com'erano lunghe le notti gelide di Auschwitz! Com'erano mute le mattine, com'era triste e duro l'inverno, com'era nero il cielo! Che strano,... ma quando pensiamo ad Auschwitz, chissà perché, pensiamo sempre alla neve, al freddo, al buio delle notti. Come se il sole non avesse brillato mai su quel male, come se l'estate non avesse scaldato mai quei luoghi, come se il caldo non avesse inondato mai quel tempo. O forse veramente il sole non ha mai fatto capolino in quell'inferno. Uomini come bestie, condannati "anche" dalla natura al patimento e al sacrificio estremo. Una sofferenza infinita e incondizionata.

Un supplizio sordo e incontrollato. Una tragedia senza fine. E chissà se i bambini, in quelle fredde notti senza luna, sognavano veramente il carro armato come "premio finale"! E chissà quant'erano struggenti i ricordi degli adulti, il tepore delle loro case, i profumi dell'infanzia, i sorrisi delle donne, i giochi dei bimbi! Adesso ch'era tutto scomparso... nel nulla. Chissà i pianti delle madri, la pena dei padri, il freddo dei corpi abbracciati, in quella nera stanza della morte. A noi rimane, adesso, il dovere di ricordare e di chiedere, semplicemente, "come può un uomo uccidere un suo fratello", e quando "sarà che l'uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare". E di dire, con tutta la gioia del mondo, che nonostante tutto... "la vita è bella"...

Angelo Battiato
angelo.battiato@istruzione.it





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