A scuola di cittadinanza. Educazione ed educazione alla cittadinanza
Data: Sabato, 17 gennaio 2015 ore 08:00:00 CET
Argomento: Redazione


Ogni comunità, piccola o grande che sia, consapevolmente e con diversi strumenti (premi, punizioni, consenso, coercizione, formalmente o informalmente ) tende a educare le nuove generazioni per renderle disponibili ad accettare le regole, i principi, i valori che la costituiscono e ad amarne la storia che l'ha attraversata. Nessuna comunità accetta di assegnare alla scuola soltanto compiti di istruzione,di formazione intellettuale e professionale. C'è il convincimento che il punto di equilibrio della civiltà dei rapporti interpersonali e di sussistenza del ben-essere collettivo siano la condivisione degli stessi valori e l'accettazione delle stesse regole. E per questo obiettivo ci vuole una specifica attività educativa.
Chi la debba fare, come si debba fare e in che cosa consista questa educazione sono problemi che periodicamente si pone ogni società ad ogni svolta della propria storia,con soluzioni che se tengono conto dei precedenti in materia, devono comunque dare risposte attendibili alle esigenze che emergono in un particolare e preciso momento.

Non solo come si debba fare, ma anche come si debba chiamare è stato un problema da affrontare. Una volta in Italia c'era l'educazione civica, oggi si vuole l'educazione alla cittadinanza, dopo avere avuto addirittura nel ventennio fascista il Ministero dell'Educazione Nazionale, dal quale si è dovuto uscire nel secondo dopoguerra per tutti quei richiami che contiene ad una società chiusa, totalitaria e per quelle reminiscenze che si porta appresso dello stato etico e delle sue pretese.
Per la scuola italiana e il suo personale (tutto di formazione gentiliana) il passaggio alla Repubblica è stato un trauma drammatico, non adeguatamente affrontato e superato; i problemi che comportava sono stati rimossi per un'ovvia, comoda, ma infida, soluzione di continuità. A dir la verità non solo a scuola; la società italiana non ha veramente fatto i conti col fascismo e ha tardato per molto tempo a volerli fare con la Costituzione, quadro di riferimento per qualsiasi genere di educazione civica. La sua modesta storia nelle pratiche scolastiche è il risultato di questa ambiguità.
Non ci avessero pensato famiglie, chiese, partiti, sindacati, associazioni di ogni genere avremmo avuto più di una generazione priva di qualsiasi formazione civica. La complessiva tenuta della società per un lungo periodo del secondo dopoguerra ha aiutato a non porsi molti problemi sulla vita stentata dell'educazione civica nelle scuole.

Crisi della democrazia e politiche di integrazione
Oggi lo stato di profonda crisi e di rapidi mutamenti culturali, morali, etnici col seguito di drammatici scontri e di insanabili conflitti sociali impone un ripensamento e di dovere fare i conti con la funzione educativa della scuola e con quella specifica attività formativa che vuole essere l'educazione alla cittadinanza.
E il lavoro non è facile. Si sta vivendo nella società italiana uno dei periodi di maggiore inerzia democratica. Diminuisce in modo preoccupante la partecipazione al voto,si dilegua la vita delle formazioni politiche, si accentuano i fenomeni di usurpazione dello spazio pubblico da parte delle oligarchie che tengono in mano le redini dei partiti, si allargano le differenze sociali e alcuni spezzoni della società vengono messi ai suoi margini dalla crisi economica e dalla mancanza di lavoro.
Se questi fatti mettono in discussione la democrazia,con più facilità mettono in crisi, negano fondamento e significato ai tentativi di attivare progetti di educazione alla cittadinanza, perché minano il sentimento di appartenenza alla società .Disoccupazione dei genitori, povertà, esclusione sociale sono oggi i dati ambientali di molti alunni. Le disparità sociali sono ingovernabili come la frammentazione culturale ed etnica, che consegue al fallimento delle politiche di integrazione.
E' dolorosa cronaca dei nostri giorni come questo fallimento sia all'origine di fatti tragicamente violenti e sanguinosi; è dolorosa e crescente consapevolezza che dopo i fenomeni di intolleranza, di discriminazione e di razzismo possa avere inizio una permanente guerra civile nei paesi occidentali. In molte nazioni e in molte città si sta vicini gli uni agli altri, ma non si ha e non si vuole avere uno spazio comune, una vita collettiva comune. Non si riesce più nemmeno a tollerarsi reciprocamente.
Ma se il compito è arduo e quasi impossibile, è proprio per questo che con passione e tenacia ci si deve impegnare a trovare le soluzioni per garantire una convivenza civile e solidale.
Il problema iniziale e fondante è quello di trovare principi, valori e regole che impediscano nella società la creazione di comunità chiuse in se stesse e reciprocamente esclusive e a scuola quello di esperire temi e iniziative perché diventi luogo di conoscenza e di comprensione delle altre culture, di apprezzamento della parte universale che cela ogni cultura per capire dove si è, dove si deve andare.

Cultura comune e interculturalità
E'inutile girarci intorno. Oggi educazione alla cittadinanza se vuole avere un profilo politico e morale di eccellenza, deve intrecciarsi con l'educazione all'interculturalità. Problema complesso e difficile come dimostrano i suoi fallimenti. Questo non vuol dire che il problema non si debba più porre, vuol dire che si deve porre in modo diverso e articolarsi nella conciliazione tra principi universali e diritto alla differenza. L'educazione alla cittadinanza è, oggi, al crocevia tra il rispetto della diversità e l'intenzione di forgiare un sentimento comune di appartenenza.
Lo scopo è quello di fare in modo che si possa vivere una vera vita comunitaria, che si possa andare oltre la semplice, reciproca accettazione, anche se ciò in alcuni momenti non è poco e per nulla alla portata di tutti i giorni. Per vivere bene insieme è necessaria la volontà collettiva di condividere lo stesso spazio pubblico, che è fatto di un presente, di un passato e di un avvenire e questo è possibile quando si è fatto di tutto per suscitare il sentimento di appartenenza alla comunità in cui si vive.
Il terreno di formazione di questo sentimento è la conoscenza della cultura e della storia della terra dove si sta insieme; è la padronanza della lingua che ci permette di comunicare gli uni con gli altri. Nella società multietnica e multireligiosa e democratica non si possono scindere spazio civico e cultura comune. Altrimenti si rischia di avere una semplice giustapposizione di comunità chiuse e non una sola comunità plurale e attenta alle specificità di ogni gruppo. Noi siamo fatti di tutti gli altri e ai nostri giorni questo assume un aspetto diverso, difficile da accettare, ma necessario da praticare.
La cultura comune non è data da un insieme di particolari discipline, ma da alcuni specifici contenuti, da principi e valori storicamente determinati e condivisi. La si costruisce a partire dall'accettazione della pluralità dei codici valoriali presenti nella società e a partire dalla dovuta considerazione della pluralità di estrazioni sociali, culturali, etniche, religiose, cui fanno riferimento i giovani che frequentano la scuola. La cultura comune di cui si ha bisogno è quella che consente la costruzione dell'identità personale; é quella che per la pluralità delle fonti che la costituiscono e la devono ispirare rende disponibili al rispetto delle diversità. La cultura comune deve essere la sintesi di necessari saperi strumentali e di necessari saperi per la cittadinanza. La scuola ha la responsabilità di dare a tutti un fondo culturale funzionale ad una logica di sviluppo democratico e in cui si devono conciliare i valori dell'autonomia personale e quelli della giustizia, della solidarietà e della tolleranza.

Cittadinanza
Ma che cos'è la cittadinanza? La cittadinanza è uno stato giuridico che conferisce diritti e doveri civili, politici e sociali ai membri di una collettività politica. Riguarda anche un insieme di ruoli sociali specifici, che permettono di fare scelte relative agli affari pubblici. Possiede un forte contenuto politico-giuridico e riflette in quanto tale i rapporti che "la città"intrattiene con la propria storia e cultura. Senza questo nocciolo duro la cittadinanza evapora in un insieme di perorazioni moralistiche. La cittadinanza suppone anche un insieme di qualità morali considerate indispensabili per essere un buon cittadino ed è questo l'aspetto strettamente educativo, che bisogna coltivare per dare anima e sostanza ai suoi costitutivi aspetti pubblicistici.
Se in senso stretto la cittadinanza si inscrive nello spazio della politica, è anche vero come si è tentato di esporre che i diritti di una piena cittadinanza non sono solo politici;tra questi indicherei il diritto all'attenzione e al rispetto, a non essere indifferenti allo sguardo altrui.
Dietro l'angolo è in agguato la retorica e per prevenirla è opportuno dire con fermezza ed alta voce che non c'è cittadinanza senza mezzi e luoghi per esercitarla; non c'è cittadinanza senza processi di istruzione e socializzazione; non c'è cittadinanza senza democrazia e senza scuola democratica; non c'è cittadinanza senza diritti civili, sociali e politici.
L'educazione alla cittadinanza si sviluppa nelle relazioni tra un polo morale (valori della società, comportamenti e attitudini) e un polo politico (diritti e doveri civici, funzionamento delle istituzioni) ma il suo riferimento ultimo è dato dai diritti dell'uomo, cosi come sono stati proclamati nel corso dei secoli e fatti propri nella coscienza degli uomini.
Il termine educazione è comprensivo sia delle nozioni da apprendere sia dei comportamenti da attivare: non ci si può fermare ai dati del primo termine perché il fine che ci si augura con questa attività, scontando i problemi che stanno dietro questa complessa problematica, è quello di avere cittadini responsabili, consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri, ma anche rispettosi, tolleranti, attenti alla presenza altrui.
Nell'intenzione di procedere nelle attività di educazione alla cittadinanza è presente come suo esplicito scopo, anche se non unico, la formazione di alcuni specifici aspetti del carattere e del comportamento di una persona. Ma questo costituisce un problema, perché in genere quando si parla della funzione educativa della scuola ci si riferisce all'assunzione dei valori costituzionali e della legalità e si nutrono non pochi dubbi sul fatto che si debba formare un particolare e condiviso tipo di carattere e di soggettività.
Ogni persona vive e sviluppa la propria identità dentro un sistema di relazioni sociali che la precede e le sopravvive. Il compito della scuola è quella di non renderla prigioniera dei condizionamenti sociali e di offrirle gli strumenti per cogliere tutte le opportunità di partecipazione alla vita della propria comunità.
Questo è un po' diverso e un po' meno di quello che è sottinteso e di quello che viene richiesto nell'educazione alla cittadinanza. Certo i compiti della scuola non possono essere concepiti nel vuoto sociologico; sono compiti di socializzazione, come si aspetta la società, ma sono compiti educativi di emancipazione personale, per rendere ogni giovane autonomo e libero con l'esercizio e lo sviluppo della ragione.

Scuola e cittadinanza
L'educazione alla cittadinanza spetta all'intero sistema di istruzione e formazione e non può farlo se non conservando e trasmettendo le tradizioni, la lingua, la cultura, i valori e le regole di convivenza della società di cui è una delle più importanti istituzioni. Non è, però, solo trasmissione di valori. E' costruzione di mezzi intellettuali, di saperi e di competenze, che sono le risorse necessarie dell'autonomia, della capacità di esprimersi, di stare nel mondo e di poterlo cambiare. La scuola della dispersione non è, pertanto, la scuola della cittadinanza. L'insuccesso scolastico non puo' essere emarginato dai problemi di educazione alla cittadinanza; senza capacità di comprendere, di parlare, di scrivere e di procurarsi un lavoro non c'è cittadinanza.
Nelle attuali condizioni non dovrebbe esserci nessun giovane privo degli strumenti per potersi assicurare una vita dignitosa nel segno della responsabilità e dell'autonomia. Gli esclusi dal patrimonio comune di cultura e di saperi pagano prezzi troppo elevati: sono dei vinti e degli umiliati. "L'insuccesso in una scuola aperta a tutti, oggi, crea più rancore sociale" (Ph. Meirieu).
Il problema che si pone dappertutto è quello di scegliere se debba essere una disciplina a parte o una tematica trasversale che riguarda non solo tutte le discipline, ma anche tutti i momenti della vita della scuola. C'è un'educazione alla cittadinanza attraverso i contenuti, c'è un'educazione alla cittadinanza attraverso gli approcci pedagogici, attraverso la vita scolastica e attraverso l'apertura alla società. La democrazia deve vivere nella vita scolastica e deve essere introdotta nella didattica, non può essere confinata negli spazi angusti di una particolare disciplina. I buoni esempi e le buone pratiche fanno miracoli.
E' anche vero e quasi inoppugnabile che l'assenza delle scienze sociali e umane e soprattutto di quelle giuridiche nel curriculum dell'obbligo scolastico impedisce di parlare con serietà di cittadinanza. Non è sufficiente affermare che "Le competenze sviluppate nell'ambito delle singole discipline concorrono alla promozione di competenze più ampie e trasversali, che rappresentano la condizione essenziale per la piena realizzazione personale e per la partecipazione attiva, alla vita sociale nella misura in cui sono orientate ai valori della convivenza civile e del bene comune. "(Indicazioni per il curricolo per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione-Allegato al D.M.31-7-2007).
Il problema vero non è quello dell'educazione alla cittadinanza, ma la formazione, la costruzione delle competenze necessarie all'esercizio alla cittadinanza. Dice F. Audigier "le competenze-chiave legate alla cittadinanza democratica sono quelle necessarie alla costruzione di una persona libera e autonoma, consapevole dei suoi diritti e doveri in una società in cui il potere di stabilire la legge (...) e in cui la designazione e il controllo delle persone che esercitano il potere sono sotto la responsabilità di tutti i cittadini"
Quali competenze? Competenze cognitive (di ordine giuridico-politico, di ordine storico-sociale); competenze procedurali (capacità di argomentare le proprie ragioni, capacità di interpretare le altrui ragioni, capacità di affrontare pubblici dibattiti); competenze sociali (sapere interagire con gli altri; sapere gestire momenti di conflittualità; spirito di collaborazione; sapersi inserire in modo attivo e consapevole in ogni forma di vita collettiva).
Bisogna andare da una cittadinanza strumentale ad una cittadinanza dell'appartenenza,da una cittadinanza dell'obbedienza a quella della responsabilità. E' un principio democratico, repubblicano che la scuola non possa essere se non la scuola della cittadinanza e che la cultura comune sia quella che la può e la deve costituire.

prof. Raimondo Giunta





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