Perché la Buona scuola non rimanga uno slogan
Data: Giovedì, 01 gennaio 2015 ore 08:00:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


È tempo di bilanci. Per la scuola italiana non è semplice farli: le questioni aperte sono tante e si fatica a capire quale possa essere il bandolo di una matassa che sembra ingarbugliarsi sempre di più, sotto le mani di chiunque cerchi di districarla. Come quando eravamo piccoli e prendevamo fuori dal cassetto i fili per provare a cucire i vestiti di una bambola: raramente riuscivamo a cavarcela senza l'aiuto di un grande. Il 5 maggio Papa Francesco ci ha aiutato a trovare il bandolo e mi sembra importante non dimenticarlo: una "buona scuola", ci ha detto, introduce alla realtà, aiuta gli studenti a crescere scoprendo il vero, il bello e il bene, ha docenti appassionati, curiosi e preparati, non rinuncia a intrecciare il linguaggio delle mani, della mente e del cuore e aiuta i genitori a svolgere il loro compito educativo.

Le proposte contenute nel documento su "La Buona scuola" aiuteranno ad andare in questa direzione? Dipenderà dal modo in cui verranno attuate. Se non si seguiranno i principi di autonomia e sussidiarietà, se non si avrà il coraggio di rispettare davvero la libertà di scelta educativa delle famiglie, e se non si avvierà una nuova politica del personale, il rischio è che la "matassa" si ingarbugli ulteriormente. Solo tre esempi : il quinto capitolo della "Buona scuola" parla, a ragion veduta, dell'importanza del raccordo scuola-lavoro, e cita il ruolo fondamentale svolto dalla formazione professionale. Rispettare il principio di sussidiarietà significa potenziare e mettere a sistema questa strada che costituisce un esempio concreto di come si possa «intrecciare il linguaggio delle mani e della mente», contrastando in modo efficace la dispersione scolastica e la disoccupazione giovanile.

Il primo capitolo propone di assumere 140mila docenti per mettere la parola fine a una modalità di assunzione umiliante, fatta di attese interminabili, all'interno di graduatorie senza fine. Ma come verranno assegnati questi docenti? In che modo potranno diventare per le scuole autonome un'occasione per potenziare l'offerta formativa e lavorare meglio? Come inaugurare da subito una nuova modalità di formazione, reclutamento valutazione e valorizzazione del personale per non ricadere nelle vecchie logiche del passato? Non sono questioni da poco in un Paese in cui si considera un fatto "normale" che tutti gli insegnanti entrino in ruolo dopo l'anno di prova previsto dal contratto, anche a fronte di gravi incapacità manifestate sul campo.

L'ultimo capitolo della "Buona scuola" parla dei modi con cui incoraggiare anche fiscalmente chi investe in istruzione. Benissimo! Perché non cominciare dal milione di famiglie che sceglie di iscrivere i propri figli nelle scuole paritarie, in base a un diritto sancito dalla Costituzione ? È possibile che in Italia possano essere detratte le spese per il veterinario e non quelle per l'educazione dei figli? Non è solo una questione di giustizia, ma di libertà, di cultura e di democrazia.

Elena Ugolini - Avvenire.it





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