
Preside o Dirigente Scolastico?
Data: Mercoledì, 03 dicembre 2014 ore 07:30:00 CET Argomento: Redazione
Ho fatto sempre una
grande fatica a immedesimarmi nel mestiere di
preside e siccome non me l'ha prescritto il medico,
ho cercato di farlo nel modo migliore possibile. Si dice "Hai voluto la
bicicletta e ora pedala!". Il mio disagio è cresciuto in modo
esponenziale con la dirigenza scolastica, che tra i pochi non
desideravo per vari motivi che cercherò di esporre. In nessun modo,
poi, avrei cambiato un nome così bello e pregnante di significato, come
quello di preside (prae-sedes, prae-sidium=chi sta davanti, chi è
presidio etc.) per uno dei tanti participi presenti che pretendono di
diventare sostantivi.
La dirigenza, peraltro, di tipo prevalentemente amministrativo, seppur
colorata con tutte le forme di retorica aziendalistica, era
l'espediente che si era trovato per sfuggire al contratto unico della
scuola e dare ai presidi l'agognato, meritato e
giustificato riconoscimento economico per le responsabilità che
erano e sono in capo al ruolo di chi dirige e rappresenta una scuola.
C'erano altre vie? Se c'erano non si è tentato di trovarle.
Nello stato giuridico del Dirigente scolastico, il ruolo è duraturo,
ma l'incarico è temporaneo, soggetto a rotazione secondo criteri che se
non vengono ben definiti (e ancora a mio parere non lo sono) potrebbero
lasciare molta discrezionalità alle scelte del Direttore Generale
dell'Ufficio Scolastico Regionale. Un problema vero anche se per ora
soltanto ipotetico.
La retribuzione, per la quale si è voluto modificare lo stato giuridico
del preside, è costituita oltre allo stipendio base dal compenso
relativo alla "posizione" e dal compenso relativo al "risultato"(?). In
attesa che entri in funzione il sistema di valutazione del
servizio del dirigente scolastico, questi ultimi due compensi
sono assegnati per ora con criteri di stampo burocratico ed
egualitari. Ma in seguito potrebbero fare del dirigente
scolastico un uomo legato agli orientamenti e agli umori del
Direttore Generale, che sono quelli del Governo temporaneamente in
carica. Crescerà la disponibilità a compiacere i superiori.
Il preside inamovibile(salvo incapacità o negligenza nella gestione),
gli organi collegiali e la libertà di insegnamento hanno garantito
decenni di civiltà dentro la scuola: il pluralismo, il confronto, la
libertà di movimento. Si è voluto sottovalutare questo evidente
risultato della storia della scuola italiana, come un prodotto
secondario di fronte ai problemi dell'efficienza, della rispondenza
alle richieste immediate e pressanti della società e del mercato.
Se dovesse entrare a pieno regime e nel suo vero e costitutivo
significato "la temporaneità" dell'incarico di dirigenza, alle singole
scuole non verrebbe alcun beneficio. Potrebbe determinare nel dirigente
scolastico un eccesso di interventismo, di zelo, di attivismo, a
prescindere dalla ragionevolezza delle singole azioni, o innescare
processi fittizi di adesione alle iniziative
dell'amministrazione o del poter politico locale. La scuola perderebbe
di fatto la sua autonomia e il controllo e la gestione del curricolo.
Sicuramente nessun dirigente potrebbe operare con il respiro e la
serenità di cui poteva godere il preside che sceglieva
volontariamente e definitivamente una sede di lavoro come luogo ideale
per l'espletamento delle proprie responsabilità e per l'espressione
della propria professionalità.
C'è qualcos'altro che va detto. Il preside era consustanziale ad un
preciso ordine e grado di istruzione nel quale aveva prestato servizio
e per il quale doveva avere perlomeno l'abilitazione all'insegnamento,
in caso di passaggio di presidenza. Per alcuni istituti era necessaria
addirittura la titolarità di un insegnamento delle discipline
professionali. Principi organizzativi di elementare razionalità ed
efficacia, che davano (..e darebbero ancora) per scontato il fatto che
il preside debba avere la padronanza culturale del curriculum, della
cui gestione deve essere il responsabile e che questa padronanza non
possa venire se non dall'esperienza vissuta in rebus e da specifiche
competenze professionali.
Si pensava, forse ingenuamente (?), che un istituto agrario con tanto
di
azienda agricola sarebbe stato governato bene da un agronomo; un
tecnico industriale con tanto di reparto di lavorazione (non semplice
laboratorio) da un ingegnere e che gli eventuali uffici tecnici non
sarebbero sufficienti a surrogare le competenze che deve
avere chi deve dirigere quel tipo particolare di scuola.
Un dirigente che non sa di filosofia, di greco e di latino che ci fa in
un liceo classico? Un laureato in pedagogia, ex-maestro, che ci fa in
un istituto agrario o in un istituto industriale? E quando c'è da fare
qualche grosso investimento "aziendale", si affiderà ai responsi
della Provvidenza?
Se il vecchio preside era legato ad una specifica tipologia di scuola,
Il dirigente scolastico è stato, invece, inventato universale; va
bene per le elementari (primaria) e per i professionali; per i
commerciali e per i classici: può non esserci mai entrato in
quell'istituto, né da alunno, né da insegnante, ma sapendo di gestione,
di management, di diritto scolastico di comunicazione e
soprattutto di reperimento di risorse finanziarie sicuramente condurrà
quella scuola verso traguardi inimmaginabili di profitto e di risultati
educativi.
Si trascura, però, un fatto elementare; la scuola è una comunità
di pratiche professionali che si costituiscono e si sviluppano
nel tempo per l'intreccio di dialoghi, scambi, assimilazioni delle
competenze ed esperienze in essa presenti, e se non si possiede la
logica che le tiene in vita è molto facile portarle al dissolvimento.
Se uno si fa un giro per le scuole si rende conto che i fatti non
stiano dando ragione a chi ha voluto questo tipo di dirigenza
scolastica. Connessa a questa vicenda è la rideterminazione della rete
scolastica. C'è dirigenza, se c'è autonomia e c'è autonomia se
l'istituzione scolastica supera determinati parametri numerici. Di anno
in anno in rialzo. Conseguenza :istituzioni scolastiche a volte con una
decina di sedi. Di fatto e per necessità lasciate al proprio destino.
Saranno bravissimi i dirigenti scolastici, ma non ubiqui ... come i
santi
o il Padreterno.
Sedi di diversa tipologia e di diverso grado di istruzione: un coacervo
di curricoli ,di collegi, di aspettative che nessuna logica può
condurre ad unità. E anche in questo caso si è fatto strame
dell'esperienza del passato e in modo particolare di quella degli
istituti professionali, che una volta erano costituiti da una pluralità
di sedi territoriali ,ma dello stesso indirizzo, affidate alle cure del
Direttore della sede coordinata.
Oggi, al netto delle chiacchiere sulla buona scuola, per ridurre
i costi di gestione non si vuole dare l'esonero o il semi esonero al
collaboratore vicario del dirigente o al responsabile di una sede
coordinata di un'istituzione scolastica con più di 1000 alunni .Non ci
vuole molta fantasia per immaginarne facilmente tutte le
conseguenze .Basta avere un'idea approssimativa di come si svolga una
giornata scolastica: assenze, ritardi, giustificazioni, sostituzioni,
permessi etc, etc.
Credo che ci sia da ripensare tutta la questione della dirigenza
scolastica e dell'autonomia per eliminare i guasti che sono davanti
agli occhi di tutti e non è un problema solo di risorse. E' anche un
problema di democrazia interna alle singole scuole, di stato giuridico
e di carriera degli insegnanti.
Tornare al preside non ha senso anche perché fra qualche anno a scuola
gli insegnanti non sapranno nemmeno che siano esistiti e come
siano esistiti. Ci sono diversi modi di intendere la direzione di una
scuola ,di renderla efficace; diversi modi di aggregare le istituzioni
scolastiche e di farle funzionare. Ma non con le regole,
l'organizzazione e le risorse disponibili oggi.
Per più di un decennio si è fatto della dirigenza il problema
principale tra i problemi della scuola. Ma non era e non è vero. Il
problema è quello di definire ruolo e funzione della scuola nella
società,il suo rapporto con le nuove generazioni e con i saperi. Se non
si viene a capo di queste vere emergenze, non ci sarà nessuna
soluzione di tipo organizzativo e gestionale che possa trarre la
scuola dalla sua condizione evidente di crisi.
E poi da sempre una scuola funziona, se quelli che la fanno
funzionare in ogni singola classe sono messi in condizione di farlo
serenamente. PARLO DEGLI INSEGNANTI ...
prof. Raimondo Giunta
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