Il posto dell'alunno. Rapporto tra docente e alunno
Data: Giovedì, 27 novembre 2014 ore 08:00:00 CET
Argomento: Redazione


Dov'è il buco nero del lavoro scolastico? Il vuoto che inghiotte e annienta organizzazione didattica, prestazioni professionali, discipline scolastiche, orari, attività? E' nell'insignificanza della presenza dell'alunno. A scuola, spesso, nel migliore dei casi c'è una prevalente attenzione alle discipline, che di fatto comandano e dirigono il comportamento del docente: il programma da svolgere. Le prescrizioni curriculari assorbono e condizionano la didattica, le modalità delle relazioni umane. Nel migliore dei casi. Conosco la sofferenza di molti insegnanti. Vorrebbero una scuola più vicina alla sensibilità e ai problemi degli alunni e invece vedono immiserire la vita scolastica del proprio istituto per l'infittirsi delle dispute, dei conflitti, dei rancori creati dagli stipendi e dagli emolumenti aggiuntivi. Vorrebbero una scuola aperta al mondo e invece devono confrontarsi con colleghi irritati per il carico di riunioni senza costrutto, per il peso di responsabilità crescenti, inclini a gesti di bassa furbizia, di mediocre cinismo, con cui si tenta di giustificare e alimentare pigrizia professionale e assenteismo.

Certe scuole sono un mondo di meschinità, privo di cultura, di generosità, di entusiasmo. Sono luogo di mediocre professionismo impiegatizio, che si misura con orrore e timore col mondo giovanile, con i volti beffardi, mutevoli, distratti, ma umani dei giovani.
La scuola non riesce a trovare le parole giuste per indicare le cose, gli esseri e le relazioni che popolano lo spazio di un istituto. Ha quasi vergogna di usare quelle di una volta e con le parole di una volta sono scomparsi mondi interi, atmosfere; una civiltà.

Avendo dichiarato la guerra a tutto il lessico etico-affettivo della dedizione, della passione, della funzione sociale del lavoro del docente per costruire l'immagine di un professionismo a 24 carati (nelle regole, nelle procedure, nel rapporto di lavoro, nel linguaggio) non si è compreso che è diventato inafferrabile il mondo su cui si lavora e per cui si lavora.
Se anche la disciplina scolastica, il sapere è l'unica ragione che spieghi e che fondi il rapporto docente/alunno, una volta che questo viene stabilito, lo scopo di tutto non puo' non essere che quell'alunno, che si ha davanti con tutti i suoi tratti umani e caratteriali: non è il sapere a cui piegare la natura indocile dell'alunno. A scuola gli insegnanti non sono officianti del rito delle discipline scolastiche, ma guide dei propri alunni nel loro percorso di crescita umana e professionale.

Non c' è buona didattica, non c'è buona scuola, non c'è formazione, se non c'è rispetto per l'alunno, se non si ha fiducia nell'alunno, se manca affettività nel rapporto educativo. Cose che si devono poter sentire e che se non ci sono, rendono insignificante tutto il lavoro che si svolge a scuola.
L'assenza dell'alunno vanifica tutto. Nel rapporto educativo non può esserci prima il professionismo e poi l'affettività, nè rendere questa strumentale all'altro. Il professionismo da solo non funziona: è fondamentale e preliminare l'accettazione del giovane da formare e da educare.

Il vuoto dell'azione formativa dei sistemi fondati sul professionismo è evidente. Il professionismo, le teorie organizzativistiche sono stati i presupposti teorici per giustificare i sistemi razionali e burocratici di reclutamento dei docenti, del docente massa della scuola di massa e la sua sopravvivenza in ambiente educativo.
Le appendici metodologiche, comunicazionali, sociologiche del corredo professionale, approssimativamente collegate al sapere disciplinare di un docente non son riuscite a modificare un'evidente situazione di stagnazione dei rapporti umani dentro la scuola.
E' un mestiere quello di insegnante che si puo’ costruire, ma che si può efficacemente esercitare solo se è vissuto come importante, come parte centrale delle proprie preoccupazioni umane.
Il ciclo del professionismo della funzione docente non è chiuso, ma fa fatica a restare vivo e a dare risposte positive alle difficoltà attuali. Ha accompagnato il docente nel passaggio dalla scuola d'élite a quella di massa. E' sembrato essere la sua emancipazione dalla cultura della vocazione, della missione, da quell'aura di sacerdozio laico che circondava la funzione docente.

Il problema è questo: la difficoltà di riassumere in termini professionali la ricca e complessa rete di rapporti umani che scaturiscono dentro l'aula scolastica. La contrattualizzazione di tutti i tipi di rapporto umano dentro la scuola è andata oltre la legittima esigenza di giustificazione di ogni scelta e di ogni fatto che si registra nella sua vita quotidiana.
Ha irrigidito e impoverito la vita scolastica. Senza l'assunzione collettiva da parte di tutto il personale della dimensione educativa del lavoro a scuola si rischia il fallimento.
Bisogna riscoprire gli aspetti artigianali, sapienziali, genitoriali della funzione docente e accompagnarli con gli strumenti delle scienze umane (psicologia, sociologia, comunicazione tec.)
Il mondo dei fini non è un imbarazzante e inutile peso sul lavoro dentro la scuola.
E' la premessa da cui iniziare, il termine verso cui arrivare.

prof. Raimondo Giunta





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