Ancora sulla 'memoria' delle organizzazioni formali: il 'knowledge management' nella pubblica amministrazione
Data: Martedì, 18 novembre 2014 ore 08:00:00 CET
Argomento: Redazione


La memoria organizzativa sta prendendo il posto della memoria dell’uomo ed il “knowledge management” (KM) sta sostituendo, in un certo senso, la riflessione umana.
Con una rielaborazione in chiave di società postindustriale, si può definire il KM come “l’insieme di risorse umane, strumenti tecnologici e metodologie per la creazione, la cattura, l’organizzazione, l’immagazzinamento, lo scambio, la diffusione, la riutilizzazione e l’appropriazione della conoscenza delle organizzazioni” ed è un processo che comporta sia una “selezione e gestione dell’informazione” che una “relazione”. Nella prima fase del processo è primaria la focalizzazione sulla “gestione dell’informazione”. L’obiettivo del knowledge management è quello di migliorare l’efficienza dei gruppi collaborativi mediante la condivisione della conoscenz,a maturata nello svolgimento della professione, di ogni appartenente al gruppo di lavoro. Nella seconda fase del processo invece viene posta l’attenzione sulla “gestione della conoscenza”, con una prevalenza del concetto di “relazione”. Il “ciclo della conoscenza”, infatti, non si ferma alla trasmissione di semplici informazioni, ma prevede un’ elaborazione dell’informazione che conduce alla consapevolezza e alla conoscenza vera e propria per un percorso di adattamento alla realtà esterna.

Le origini del “knowledge management” sono, comunque, concettualmente molto antiche e riguardano fondamentalmente la preservazione e la condivisione della conoscenza. La trasmissione del sapere, fino a poco più di un secolo fa, si basava sull’osservazione del lavoro di un maestro, il quale si preoccupava di trasmettere la propria conoscenza agli apprendisti. Questo scambio non era mediato da nessun’altra persona, istituzione o documento ed avveniva in maniera diretta. In questo modo, oltre alle conoscenze di base, venivano trasmessi anche quei piccoli segreti che ogni maestro aveva imparato nel corso degli anni; sostanzialmente avveniva quella trasmissione della conoscenza implicita che è proprio uno degli obiettivi del KM.

Il continuo progresso tecnologico, come si è evidenziato, ha poi reso la componente umana nel processo produttivo sempre più marginale, spostando le sue competenze dalla realizzazione materiale dei beni ad attività di tipo intellettuale. L’interesse per la “conoscenza”, pur rimanendo orientato all’efficienza commerciale, ha fatto sì che emergesse la convinzione che, per raggiungere obiettivi che permettano di essere competitivi, sia necessario considerare tutti gli aspetti della persona-lavoratore, a partire dalla motivazione e soddisfazione personale, come un valore aggiunto che è indispensabile capitalizzare.
La realizzazione degli obiettivi del knowledge management passa necessariamente attraverso la disponibilità di strumenti adatti allo scopo. L’information and comunication technology (ICT) risulta essere un punto di partenza quasi fondamentale; ma non deve bastare la presenza di un computer a convincere che si hanno gli strumenti adatti. Quello che serve è una tecnologia che sia orientata alla condivisione delle conoscenze in maniera semplice e veloce.

Tra le prime infrastrutture tecniche utilizzate, le reti informatiche aziendali – le cd. Intranet – hanno avuto un ruolo di rilievo. Il loro utilizzo ha permesso un facile e veloce scambio di informazioni tra i vari uffici collegati alla Rete. Inoltre possono servire anche da punto di raccolta (knowledge repository) per documenti, e materiale informativo in genere, che sia di ampia utilità e che quindi necessiti di un accesso facilitato.
In un secondo momento, grazie anche allo sviluppo delle tecnologie legate ad Internet, le reti aziendali sono diventate internazionali permettendo il collegamento delle sedi collocate in diverse parti del mondo. Questa tecnologia permette la creazione della base conoscitiva (knowledge base) aziendale che si concretizza spesso con la nascita di archivi informatici indicizzati di documenti, accessibili anche in remoto. Questi possono diventare il principale punto di raccolta in cui di volta in volta memorizzare, e successivamente ricercare, i frammenti di conoscenza recuperati dalle varie attività di “knowledge management”.

Nell’ambito delle comunicazioni, inoltre, anche la posta elettronica ed i social network hanno raggiunto una diffusione pressoché totale. La facilità d’utilizzo e la possibilità di comunicazione simultanea a più utenti li rendono ideali per la diffusione delle informazioni, soprattutto a grandi gruppi di persone.
Oltre ai mezzi tecnici è, però, necessario anche disporre delle risorse umane adatte. Nelle fasi di analisi e valutazione delle informazioni raccolte, le competenze devono essere specifiche e la riservatezza massima. In questi casi è facile sfruttare le strutture, e soprattutto le competenze del personale, per trasformarli in centri di raccolta della conoscenza (knowledge center).
Ancora più complesso è il meccanismo della diffusione delle informazioni. In questa prospettiva, i cambiamenti portati dall’esistenza di Internet e ciò che essi significano per l’E-Government sono apparentemente semplici da spiegare. Infatti se l’uso di tecnologie di informazione e comunicazione comporta notevoli risparmi relativi al materiale ed alle risorse umane, allo stesso modo, lo sviluppo del governo elettronico dovrebbe sconfiggere uno dei principi base della divisione delle funzioni nella burocrazia: la divisione delle competenze e delle funzioni dei corpi amministrativi per criteri territoriali. Si deve, infatti, tenere a mente che le amministrazioni pubbliche – così come la maggior parte delle aziende private – hanno finora adottato due principi sui quali si basano le organizzazioni: la specializzazione funzionale e la natura territoriale delle proprie attività.

I corpi regolatori delle pratiche sociali che possono svolgere le loro attività online non hanno delimitazioni territoriali e nemmeno definizioni delle loro competenze. L’ufficio delle imposte, ad esempio, può effettivamente agire in qualunque punto geografico all’interno dello Stato attraverso l’uso dei processi di E-Government. Ma questo può avvenire solo se da un lato i cittadini hanno i mezzi materiali e la conoscenza tecnica per interagire con la pubblica amministrazione online e, dall’altro, la burocrazia ha la mentalità e le necessarie competenze per tale interazione. E, nel caso specifico, solo con quelle persone fisiche o giuridiche che hanno legalmente riconosciuto i mezzi di identificazione elettronici.

Questa logica spinge il knowledge management a diventare un sorta di “filosofia” della collaborazione e della condivisione negli ambienti di lavoro. Ma, come si è visto, può anche incontrare gli ostacoli della resistenza interna, tipica di una burocrazia chiusa, a rilasciare informazioni specifiche, trasferendo il know how raggiunto in determinati ambiti, per una sorta di paura di perdere il “potere” connesso al possesso della conoscenza acquisita. In altri termini, la crescita dell’organizzazione viene vissuta quasi come un impoverimento personale. La conoscenza, in quest’ottica, sarebbe un “bagaglio” personale di chi la detiene.
Il ciclo della conoscenza può, invece, portare alla produzione di nuova conoscenza solo tramite la condivisione e l’elaborazione delle informazioni, per innescare la “spirale della conoscenza organizzativa” e di conseguenza l’apprendimento organizzativo, che crea eccellenza e competitività.

dott. Giuseppe Motta - avvocato e sociologo
Giuseppemotta.it





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