Sul caso di Stefano Cucchi
Data: Domenica, 09 novembre 2014 ore 07:30:00 CET
Argomento: Redazione


Sul caso di Stefano Cucchi il presidente del Senato, Pietro Grasso, "si è prestato al massacro delle istituzioni". E' quanto afferma il senatore di Ncd Carlo Giovanardi, interpretando i sentimenti della destra. Evidentemente, per non massacrare le istituzioni, Grasso avrebbe dovuto prendere parte alla generale esultanza della destra, cui ha dato voce e faccia un esponente del sindacato di polizia ("Se uno fa vita dissoluta, non si dia la colpa a medici e poliziotti"). Dinanzi a queste espressioni, abbiamo il dovere di dire chiaro e forte che quando una parte delle istituzioni - quale è la polizia o un senatore che conta qualcosa (purtroppo) nella politica italiana - esultano per quella assoluzione, in realtà stanno esultando per un omicidio i cui responsabili, grazie al vincolo dell'omertà con il quale si sono dati reciprocamente protezione, sono riusciti a evitare ogni sanzione.

Nella sentenza di primo grado la corte, riconosciuta la natura violenta di quelle ferite, di quelle ecchimosi, di quelle fratture riscontrate sul cadavere del povero Cucchi, si dichiarava incapace di individuarne i responsabili, pur precisando che costoro sono comunque o i carabinieri che portarono Cucchi in carcere o gli agenti della polizia penitenziaria.
Cosa hanno dunque da esultare a destra, e cosa hanno da rimproverare a Grasso, se l'assoluzione dei poliziotti "per non aver commesso il fatto" sposta soltanto la responsabilità sui carabinieri?
Si rendono conto che stanno facendo l'apologia di un omicidio e dei suoi esecutori?
Grasso massacra lo Stato?
Ma Grasso è uno che è tuttora nel mirino della mafia, per aver preso parte al maxi-processo al termine del quale è stato 25 giorni chiuso in camera di consiglio, per scrivere la sentenza che decapitò la mafia di Riina. Grasso dovrebbe prendere lezioni di senso dello stato da chi pretende che le forze dell'ordine siano esonerate da ogni vincolo di rispetto della legge?

Esiste una Costituzione che non dà privilegi a nessuno e pone l'operato delle forze dell'ordine sotto il controllo della magistratura. Rispettare queste norme è "rispetto delle istituzioni".
Se le dichiarazioni di Giovanardi e assimilati fossero condivise da poliziotti e carabinieri, noi precipiteremmo al livello di barbarie di qualche stato sudamericano, dove le forze dell'ordine si organizzano in forma di "battaglioni della morte", comportandosi come un potere alternativo allo stato.
Se mai ciò avvenisse, ci sarà magari chi dirà che così si saranno restaurate le istituzioni "massacrate".
Io temerei che saremmo diventati vittime di una nuova mafia, più temibile e feroce dell'attuale.

Prof. Maurizio Ternullo
astronomo presso Istituto Nazionale di Astronomia - Osservatorio di Catania





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