A ciascuno il suo compagno di viaggio intellettuale. La modernità della filosofia crociana
Data: Domenica, 14 settembre 2014 ore 08:30:00 CEST
Argomento: Redazione


Benedetto CroceL'attività bibliografica di Benedetto Croce è imponente e si svolge su più fronti, tutti di estremo interesse. Per comodità di esposizione possiamo utilizzare le distinzioni illustrate dallo stesso Filosofo con le famose quattro categorie dello spirito nell'opera Logica come scienza del concetto puro pubblicata da Laterza nel 1909 e più volte ristampata anche con modifiche e integrazioni. Queste categorie del conoscere e dell'agire, come si sa, sono: l'estetica e la logica da una parte,l'economia e l'etica dall'altra. L'uomo è sempre un "uomo intero" e tuttavia ogni attività è esplicitamente se stessa e diversa dalle altre. Ad un solo parto nasce il sistema crociano della filosofia dello spirito, che si perfeziona e diversifica però nei vari momenti della teoresi e della pratica elaborati in poco più di un decennio dall'Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale alla Logica come scienza del concetto puro e dalla Filosofia della pratica alla Teoria e storia della storiografia.

Così l'attività di Croce attraversa tutte le forme in cui lo spirito si realizza, e in ciascuna forma egli lascia una traccia indelebile, anche se i campi prediletti dal Filosofo sono l'estetica e la storiografia. Nessuno in Italia ha prodotto più di lui e nessuno ha saputo meglio di lui organizzare il sapere e renderlo disponibile e fruibile attraverso le innumerevoli iniziative editoriali, a cominciare dalla rivista La Critica da lui fondata nel 1903. Le sue opere non subiscono l'usura del tempo, anche sotto il profilo della qualità della scrittura, il che non sarebbe certamente poco in epoca di penuria stilistica e letteraria. Non devono meravigliare le enunciazioni che potrebbero sembrare estemporanee, e non lo sono, quelle tratte possibilmente da Conversazioni critiche o dai Discorsi di varia filosofia o dai Primi e Ultimi saggi o dalle Pagine sparse, che spesso si presentano come cose minori e marginali e che invece contengono intuizioni folgoranti e di grande efficacia teoretica e storiografica. L'anticrocianesimo più o meno feroce non è riuscito ad intaccare un pensiero che rimane integro nelle opere maggiori e minori, neppure con il sostegno di bieche allusioni fondate su infamanti pregiudizi politici e scarse o incomplete letture di testi si è riusciti a distruggere un patrimonio che assume un notevole valore nella storia della cultura. Una nuova e corretta ricostruzione bibliografica e storiografica può serenamente sfatare il mito di un Croce dogmatico e ripetitivo, chiuso nella difesa delle "quattro parole" ed incapace di evolversi e far evolvere la cultura italiana. Le acute letture compiute in tempi diversi da Carlo Antoni, Eugenio Garin e Gennaro Sasso potrebbero da sole essere sufficienti a sottolineare il valore complessivo della riflessione crociana riproposta ancora in tempi più recenti da Giuseppe Galasso sia con il saggio Croce e lo spirito del suo tempo (Il Saggiatore 1990) che con la ristampa delle sue opere, a cominciare dall'eccellente e insostituibile auto-antologia Filosofia - Poesia - Storia già pubblicata da Ricciardi nel 1951.

L'attività di Croce, com'è noto, conquista molto rapidamente una posizione egemone nella cultura nazionale. In poco più di un decennio, nella prima decade del Novecento, essa diventa insostituibile punto di riferimento in Italia, e nell'arco di un ventennio, dal 1917 al 1938, la produzione strettamente storica (Storia del regno di Napoli; Storia d'Italia dal 1871 al 1915; Storia dell'età barocca in Italia; Storia d'Europa nel secolo decimo nono; ecc.) contribuisce a rafforzare l'autorità scientifica del Filosofo, che peraltro aggiunge al suo positivo rilievo intellettuale anche quello civile. Dal 1952, anno della sua morte, la situazione cambia velocemente e si assiste ad un rapido declino della stessa conoscenza dell'opera crociana. Poco frequentata e per nulla studiata, essa finisce con l'essere giudicata improduttiva e persino pericolosa, perché ritenuta erroneamente responsabile del ritardo culturale e scientifico del nostro Paese: "Non è qui il caso di valutare e analizzare le influenze e i condizionamenti che l'opera complessiva di Croce ebbe sulla cultura, anche scientifica, italiana. Non possiamo tuttavia esimerci dal notare come ben difficilmente si riesca a trovare in un'altra opera un repertorio così vasto e nutrito di inesattezze, superficialità, di vere e proprie insulsaggini per quanto riguarda la logica formalistica - come Croce la chiama - e i vari tentativi di riformarla". Così Ludovico Geymonat si sbarazza di Croce nella famosa(e scolastica) Storia del pensiero filosofico e scientifico edita da Garzanti e gli attribuisce la colpa dei ritardi scientifici dell'Italia, e non soddisfatto dell'affondo va ancora all'attacco con immagini più dure come quelle di un Croce che ricava l'idea dell'economicità delle scienze "avendo presente il mercato di Pescasseroli o, a essere compiacenti, quello italiano". Inutile dire che qui manca non solo una ragionata ed equilibrata valutazione storiografica, ma anche ogni tentativo di ricostruzione complessiva di un Croce colto nel moto del suo pensiero e della sua produzione intellettuale, nelle varie fasi e nei diversi terreni d'indagine. Da posizioni critiche come questa nasce e si sviluppa, tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, un anticrocianesimo ideologico e preconcetto, e non di rado sprezzante, ignorante e provinciale, che ottiene l'avallo di grandi intellettuali, accanto a quello, assai debole culturalmente, dei tanti contestatori globali oggi rientrati nei ranghi.

Eppure bisogna ancora fare i conti con Benedetto Croce. La sua estetica, per esempio,è un campo non del tutto esplorato. E bisognerebbe indagarlo in modo più sistematico di quanto finora non sia avvenuto. La storia dell'estetica crociana è lunga e molto laboriosa, basti dire che la prima sistemazione organica delle idee estetiche risale al 1900, cioè alla Tesi fondamentale dell'estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale, ripubblicata da Sandron nel 1902 e poi in edizione definitiva da Laterza nel 1912 con il titolo leggermente più sintetico di Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale; e successivamente vengono alla luce il Breviario di estetica nel 1913, i Nuovi saggi di estetica nel 1920, la Aestetica in nuce nel 1928 e La poesia nel 1936, per non parlare dei tanti lavori di critica artistico-letteraria sparsi in una molteplicità di saggi. Ma, in sostanza, l'interesse suscitato in tutto il mondo da questa estetica contribuisce a dare all'attività di Croce uno straordinario rilievo e una speciale autorevolezza scientifica, che taluni critici italiani non gli vogliono riconoscere. Rimane tuttavia indubbio che l'arte è una forma di conoscenza nella quale entrano come in un circolo tutte le altre forme, unificate dall'intuizione e dalla produzione creativa dell'immagine fantastica. Essa non è mera imitazione della realtà, né mera sensazione, né puro furore di passione, né puro concetto, bensì pura immaginazione produttiva.: "In ogni accento di poeta,in ogni creatura della sua fantasia, c'è tutto l'umano destino, tutte le speranze, le illusioni, i dolori e le gioie, le grandezze e le miserie umane, il dramma intero del reale, che diviene e cresce in perpetuo su se stesso [...] Nel travaglio del passaggio dal sentimento immediato alla sua mediazione e risoluzione nell'arte, dallo stato passionale allo stato contemplativo, dal pratico desiderare, bramare e volere all'estetico conoscere, si è allora, invece di giungere al termine del processo, rimasti a mezzo" (B. Croce, Breviario di estetica, Laterza 1943, p.135). L'arte non è dunque frutto di immediatezza, bensì di mediazione dialettica che porta con sé tutto il resto della vita, della conoscenza, del volere e del patire nuovamente percepito e rielaborato nel fuoco sintetico della contemplazione estetica e trasferito e rivissuto nell'immagine artistica. Riconsiderare il carattere di totalità dell'intuizione estetica sarebbe davvero essenziale per ridare al Filosofo ciò che gli spetta, e cioè il suo reale contributo all'estetica.

L'arte si presenta pertanto in Croce come totalità. Essa rimane intuizione solo a patto di essere stata intellezione e travaglio morale e passionale, cioè in quanto ha attraversato la totalità delle forme e si è posata sulla forma estetica che conserva il carattere della "interezza". La "circolarità" della vita storica rende possibile e comprensibile l'arricchimento progressivo dell'intuizione estetica, che presuppone sempre il passaggio, la mediazione e la continuità di flusso morale, conoscitivo ed esistenziale, senza il quale manca ciò che riempie di contenuto l'elaborazione artistica, come è detto in un saggio del 1917, Il carattere di totalità dell'intuizione estetica, dove Croce sviluppa proprio questo punto decisivo e sottolinea la "cosmicità" dell'immagine fantastica nel suo racchiudere in sé tutto l'universo, tutto il destino umano, tutte le speranze, le illusioni, i dolori, le grandezze e le miserie umane, il "dramma intero del reale". E ne La poesia del 1936 egli finalmente chiarisce che l'estetica è scienza dell'espressione, ma che non tutte le espressioni linguistiche sono artistiche e poetiche, poiché la poesia porta l'impronta di universalità e di totalità trasformata in una pienezza d'immagine dalla fantasia creatrice. In tal modo l'arte esprime l'intero contenuto della vita e della storia sub specie intuitionis e lo traduce esteticamente in un linguaggio originale e pieno, che non può essere il semplice e comune linguaggio della quotidianità, né tanto meno quello della scienza, degli affari, degli affetti e dell'oratoria. Il senso della totalità estetica fa parte, com'è facile comprendere, dell'eredità hegeliana comune anche alla visione marxiana e lukacsiana.

Viene chiarito con tale considerazione ciò che nella prima Estetica è ancora confuso, e cioè che non ogni intuizione o rappresentazione è necessariamente espressione artistica e che la stessa attività intuitiva può esprimersi in modi diversi e presentarsi senza l'alone artistico. Esistono in effetti tanti tipi d'intuizione e ciò che si chiama arte non solo raccoglie intuizioni più profonde, raffinate e incisive, ma anche le esprime e le rappresenta nella singolarità e specificità della loro forma. Viene decisamente superata l'identificazione meccanica di intuizione ed espressione che aveva creato una difficoltà insuperabile. Un marxismo più o meno ortodosso avrebbe potuto cogliere nello sforzo faticoso e contraddittorio del giovane Croce il tentativo di fare dell'arte una dimensione comune e ordinaria del genere umano,senza ricorrere alle qualità eccezionali del "genio" di romantica memoria, e di non accreditarle un linguaggio divino e sovramondano, misteriosamente ispirato, bensì una forma terrestre di comunicazione. Ma questo non si è verificato, anche se il giovane Croce è innamorato di De Sanctis, di Herbart, di Antonio Labriola e soprattutto di Marx ed Hegel, e del rapporto organico tra l'arte e la vita reale, tanto da sistemare entro la sua concezione le istanze che provengono dal materialismo storico e che gli fanno perdere di vista la natura peculiare del fatto estetico. Solo più tardi egli avrà una più completa cognizione dell'arte e una più adeguata e autonoma considerazione dell'evento artistico, il quale rimarrà fornito di una particolarità rappresentativo-espressiva di fronte a tutte le altre e diverse attività possibili, nonostante la "circolarità" dello spirito.

L'altro aspetto da riconsiderare in Croce è quello che riguarda la sua teoria della storia. Questa risorge continuamente dall'ombra dei secoli quando il nostro spirito si disponga ad interrogare il passato. La storiografia crociana è appunto una continua interrogazione del passato alla luce di un problema attuale:una interrogazione che sia però capace di assegnare ai fatti il loro posto e alla comprensione il suo valore. Senza fatti filologicamente accertati non si dà storia, come non si fa storia senza pensiero comprensivo. Nel giudizio storico s'intrecciano perciò alla maniera vichiana filologia e filosofia, accertamento puntuale del fatto e comprensione profonda dello stesso. La verità storica sta in questa sintesi di reale e razionale, di individuale (perché individuato) e di universale (perché ragionato). Il giudizio storico è quindi l'atto del pensare l'evento particolare, di confermarlo e qualificarlo, cioè di comprenderlo puntualmente e concettualmente. Percio la storia non può non essere sempre viva e attuale, in quanto nasce da un bisogno di dare una risposta ad un interrogativo contemporaneo che urge nella mente, di schiarire con il pensiero fatti ed eventi che hanno un significato per colui che ricerca ed interroga. Insomma, il passato non muore nella coscienza storiografica, perché in esso de nostra re agitur.
La Teoria e storia della storiografia del 1917 presenta un carattere di decisiva e netta preparazione metodologica della grande produzione storiografica. In essa si chiarisce la nota contrapposizione di cronaca e storia, si svela in tutta la sua portata il principio costitutivo della contemporaneità della storia e si determina la natura filosofica della storiografia, che rientra nell'attività teoretica, poiché non vi è altra attività conoscitiva che non sia storica e teoretica allo stesso tempo. E questo è anche il concetto crociano della filosofia come storicismo assoluto, quale si ritrova nell'opera assai esplicativa Il carattere della filosofia moderna (Laterza, Bari 1941). Storicistico è il pensiero crociano in quanto per esso la realtà si identifica con la storicità che avvolge e coinvolge lo sviluppo dello spirito nel suo concreto svolgimento e nella concreta dialettica degli opposti e dei distinti; là dove teoria e prassi si trovano distinti e collegati nel processo dei reciproci condizionamenti e superamenti. Coerentemente con tale impostazione metodologica, Croce svolge l'intensa attività storiografica per ciascuna delle quattro forme della vita spirituale, senza escludere peraltro la storia degli avvenimenti politici, sociali, culturali e religiosi, la cui ricostruzione si trova nelle opere già citate e in altre di non minore interesse scientifico, come La rivoluzione napoletana del 1799; Storie e leggende napoletane; La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza; Vite di avventure, di fede e di passione, ecc. Che sono la concreta testimonianza di un profondo impegno scientifico e di un approccio etico-politico di altissimo spessore. Basterebbe rileggere con attenzione le pagine sulla vita del calvinista marchese di Vico Galeazzo Caracciolo e sul suo doloroso distacco da Napoli nel tempo della Controriforma per rendersi conto della ricchezza dei temi e dei sentimenti che circolano nelle vicende narrate da Croce.

Non è inesatto sostenere che il significato fondamentale dello storicismo crociano consiste nella riduzione della filosofia a momento metodologico della storiografia, presente nelle primissime elaborazioni filosofiche e costituente una sorta di filo conduttore di ogni successiva ricerca. La conoscenza del pensiero marxiano, tra il 1895 ed il 1900, apre nuove affascinanti prospettive che non saranno abbandonate neppure quando viene meno la fedeltà al socialismo. Lo studio appassionato del materialismo storico offre un canone di ricchissima suggestione, utilissimo alla conoscenza storica proprio perché con esso vengono riaffermati i forti legami tra storiografia e vita reale, esattamente come avviene nei fatti estetici. La storia reale è dunque il terreno al quale la narrazione storica deve venir costantemente riferita, se vuol essere narrazione di fatti e non pura riproduzione di idee o invenzione fantastica. Ne consegue che in essa debbono poter trovare la loro radice tutti i fatti, senza discriminazioni, la cui genesi si deve individuare all'interno di questo mondo. La storia è dunque la narrazione del realmente accaduto e ha un carattere schiettamente conoscitivo e problematico.
Il pensiero storico muove pertanto da un travaglio di passioni pratiche che deve essere inevitabilmente superato nel pensiero e risolto liberamente nel giudizio, e utilizzato nell'azione in un circolo permanente di teoria e prassi, senza che la storia che si fa venga confusa con quella che si pensa ex post, perché questa e solo questa dà luogo ad una storicità teoretica che si emancipa dalla prassi nel conseguimento della conoscenza e che può preparare la nuova prassi senza determinarla. Ciò minaccia continuamente la purezza dello storicismo crociano, ma si tratta del rischio inevitabile che la "contemporaneità" della storia deve correre e alla fine uscirne trionfante con la posizione di un pensiero critico che accetta l'accaduto, lo scruta puntualmente, lo ricostruisce razionalmente e lo narra liberamente, invocando la spregiudicata e incondizionata capacità del dare forma al dramma concreto del reale e dell'esporre la verità nella varietà e attualità contraddittoria delle situazioni umane. Qui è presente, in tutta la sua portata, l'eredità vichiana del rapporto tra fatto e pensiero entro un processo di comprensione che può intendere la prassi solo in quanto è costruito sulla prassi. Ma rimane fondamentale la distinzione tra storia come pensiero e storia come azione (v. La storia come pensiero e come azione, Laterza 1938).
Nessuno ha potuto superare queste considerazioni sulla storia, e nessuno oggi può dire che la storia serve all'azione e che il suo valore è determinato unicamente dalla sua utilità pratica. L'esperienza ci insegna che ciò è pericoloso, anche se molti storici accademici di scuola materialistica ci provano, perché ritengono che ogni attività intellettuale debba avere una qualche ricaduta pratica e utilitaria o quanto meno rappresentare la soddisfazione di un imperativo etico. Il Croce insegna invece che la storia, indipendentemente da qualsiasi applicazione e utilizzazione pratica, ha la sua legittimità proprio in virtù del suo sforzo di comprensione che ci permette non una semplice elencazione ma una intelligibilità profonda e intrinseca dei fatti accaduti. Allora è necessario che la vera educazione storica cerchi soltanto di formare l'attitudine a intendere le situazioni reali, riportandole alla loro genesi e collocandole nelle loro relazioni, e indichi nella comprensione intellettuale e nell'intelligenza critica dei fatti l'obiettivo primario ed esclusivo della ricostruzione storiografica.
La lunga e faticosa elaborazione teorica di Croce risulta anche dai Taccuini di lavoro sui quali egli annota puntualmente per più di quarant'anni, dal 1906 al 1950,e cioè fino a due anni prima della morte, il lavoro svolto quotidianamente allo scopo di "invigilare" se stesso. Questo lavoro è prezioso per capire l'intimo percorso crociano, ma più in generale l'opera crociana serve a coloro che ancora nutrono interessi non faziosi e più ancora a coloro che vogliono scoprire l'animo tormentato di un Filosofo dall'apparente olimpicità, le cui conquiste intellettuali sono ottenute con estrema fatica, come la stessa trasparenza classica della scrittura levigata e lineare.
Basta rileggere, del resto, il Soliloquio di un vecchio filosofo per avvertire tutto il tormento di un'anima resa limpida dalla grande fatica intellettuale e dal tentativo di chiarire tutti gli aspetti più remoti dell'esistenza mondana ...

prof. Salvatore Ragonesi
salvatoreragonesi@hotmail.com






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