Devianza e umanità. Appunti per una storia della follia
Data: Domenica, 31 agosto 2014 ore 08:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Che cos'è la follia? La dannazione degli uomini normali, o l'esaltazione degli ultimi, dei confinati, degli esiliati? La malattia della coscienza o "qualsiasi coscienza" è malattia? La contraddizione dell'essenzialità umana o il riconoscimento del predominio sugli uomini? O, in un mondo anormale, a testa in giù, la normalità è follia? Essere normale è condizione privilegiata per gustare la cicuta quieta della follia o nelle "periferie dell'esistenza" regnano l'infelicità e la sofferenza, senza limite, senza speranza? Addentrarci in quest'abisso della a-normalità, dipinta di silenzio e soggezione, per capire di più dell'uomo, del tempo, e un po' di noi.
"Fare storia della follia, - secondo le parole dell'Histoire de la folie a l'âge classique - significa fare "l'archeologia di un silenzio", di una separazione fra la ragione moderna, che per Foucault ha origine a partire dalla fine del Rinascimento, e l'insieme delle rappresentazioni medioevali sulla follia". "navrStoria della follia nell'età classica" (Folie et déraison. Histoire de la folie à l'âge classique) è stata la tesi di dottorato e la prima opera importante dello storico e filosofo francese Michel Foucault, scritta in Svezia e pubblicata nel 1961, contiene uno studio sull'evoluzione dell'idea della follia nel corso della storia. Foucault prende le mosse da un'analisi dei lebbrosari nel Medioevo e di come i malati del morbo di Hansen venivano ghettizzati nella società del tempo.

La storia inizia nel 1656 con la fondazione, per decreto, dell'Hôpital Général di Parigi, che serviva da luogo d'internamento per folli, ma anche per poveri, eretici, criminali e libertini. La struttura era finalizzata ad isolare i folli escludendoli dall'ordine sociale e dalla vita pubblica. Chiusi in case d'internamento, i folli erano soggetti a maltrattamenti e costretti a vivere in condizioni igieniche pessime, privi anche dei beni di prima necessità come l'acqua e il cibo. L'Hôpital General, definito nel testo di Foucault "il terzo stato della repressione", è stato uno dei primi ospedali con la funzione di accogliere e "correggere" i folli e gli alienati. Più che ad un'istituzione medica, in realtà, assomigliava ad un istituto di detenzione che esercitava un'autorità assoluta sui degenti. La struttura era al contempo foriera di repressione e di carità, con una mescolanza che creava imbarazzo e confusione tra gli internati. In realtà vi erano anche dei luoghi riservati ai soli pazzi, come l'Hôtel-Dieu che accoglieva sono "alienati", il Bethlem Royal Hospital, a Londra, che era riservata ai "lunatici", ma nella generalità dei casi i folli e i furiosi erano mescolati e confusi con gli altri internati, in una sorta di prigione.

Si tratta allora di analizzare la differenza tra questi luoghi. L'internamento dei folli era dovuto ad una precisa disposizione medica che, invece, non era prevista per gli altri casi. Foucault suggerisce per le strutture sanitarie un'interpretazione diversa rispetto ai canoni moderni, si tratta di comprendere la diversità degli internati, la loro vita in comune, intesa non come un "errore", ma come un'esperienza educativa e positiva. La novità e l'originalità degli "asili", quindi, sta proprio nella coabitazione, nella "confusione" che mescola i folli e i non-folli, la carità e la repressione, la medicina e la giustizia.
In effetti, Foucault puntualizza che gli "ospedali per matti" esistevano già a Fez nel VII secolo, a Baghdad nel XII secolo, al Cairo nel XIII secolo. La follia è "malattia dell'anima", o, con l'espressione cara a Sigmund Freud, "malattia mentale". Foucault dedica speciale attenzione al modo in cui lo status di folle si evolve, come figura accettata -- se non addirittura "riconosciuta" -- nell'ordine sociale; il malato non è più la figura dell'escluso, di un malato da isolare e da rinchiudere tra quattro mura. Ne "La naissance de la clinique" (1963), Foucault esamina i testi di due alienisti: Philippe Pinel, conosciuto per la liberazione degli insani della Bicêtre e la caratterizzazione del trattamento morale, e Samuel Tuke, medico impegnato nella riorganizzazione legale dell'assistenza alla fine del XVIII secolo.

Compito di questi studi è dimostrare la nascita di una nuova idea del sapere medico sul paziente che conduce, attraverso l'osservazione e l'ascolto, a una conoscenza positiva dei sintomi, dei "segni" della patologia. In questo quadro si delinea l'inedita categoria di normale/patologico che ha come sfondo l'ospedale, luogo per eccellenza in cui lo "spettacolo" del malato si offre a una serie di costanti, riconoscibili e calcolabili. Gli spazi della società, dell'economia e della morale, sono quindi integrati nella scena della malattia, accompagnando, fra il XVIII e il XIX secolo, la riorganizzazione dell'intera scienza clinica. Il ricovero ed i metodi descritti da Tuke si risolvono essenzialmente nel castigo dei folli, perché imparino a comportarsi normalmente: sono costretti a comportarsi in modo perfettamente sottomesso e conforme alle regole accettate. Analogamente, il trattamento spiegato da Pinel sembra una versione puramente estesa della terapia dell'avversione, compresi i trattamenti coatti, quali docce gelate e camicie di forza. Foucault ravvisa in tali metodi una mera brutalizzazione reiterata del paziente, in cui si rievoca la struttura del giudizio e della punizione.

Il sociologo canadese Erving Goffman, autore nel 1961 del testo, "Asylum. Le istituzioni totali: i meccanismi dell'esclusione e della violenza", che sarà il capostipite di un filone di pensiero per il quale la "istituzionalizzazione" è la reazione dei pazienti alle strutture burocratiche e ospedaliere, sosteneva che «ciò che consideriamo sintomo di malattia mentale è la violazione delle regole cerimoniali della vita quotidiana. Una violazione grave e consistente di queste regole è innanzitutto l'internamento di una persona in un ospedale psichiatrico. Coloro che hanno compiuto violazioni più gravi sono messi in "reparti arretrati" mentre coloro che sono considerati meno "malati", o in via di guarigione, sono messi in un "buon reparto", dove sono maggiormente osservate le regole dell'interazione ordinaria». Goffman afferma che per comprendere le singole percezioni e le interazioni dell'uomo non esiste alcuna "verità vera", ma solo interpretazioni che sono "vere" per ciascun individuo.

Intorno agli anni Settanta del secolo scorso il problema del potere assume un aspetto rilevante nel pensiero foucaultiano. La gestione del corpo degli individui avviene all'interno della società stessa grazie a dispositivi disciplinari che operano non tanto sul piano dell'interdizione e del divieto, quanto sul controllo, volto a formare conoscenza, promuovere desideri, produrre soggettività.

Ma i folli, come ama dire Pasquale Musarra, psicologo e psicoterapeuta siciliano, sono uomini che vivono in "sospensione" tra cielo e terra, non poggiano mai i piedi sulla nuda terra, ed esprimono pensieri "liberanti" per loro e per il resto del mondo. E quando capita d'incontrarli in limitar di vite o in cerchi di case sparse, li riconosci subito e ti ci affezioni, "macchiati" come sono, d'invisibili colori, quasi come altri innocenti, vissuti in tempi assai lontani, segnati con lettere scarlatte e stelle gialle. E la loro stessa vita rappresenta la distanza, incommensurabile, una dimensione lunare, irraggiungibile, prospettica ed educativa, per la loro sventurata sorte e per il nostro misero umano esistere.
Necessario è continuare a prendere appunti per una storia della follia o dell'umanità folle...

Angelo Battiato
angelo.battiato@istruzione.it





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