La Scuola che vorrei
Data: Martedì, 26 agosto 2014 ore 08:00:00 CEST
Argomento: Redazione


L'erba voglio non cresce e non è mai cresciuta da nessuna parte e tantomeno a scuola. La scuola che vorremmo e che abbiamo voluto, però, ci ha aiutato e ci può aiutare a superare le difficoltà del presente e a rendere migliore quella che abitavamo e continuiamo ad abitare.
La scuola è oggi in rotta di collisione con la vita quotidiana delle famiglie e dei giovani;gli orari, il calendario, la struttura fisica degli istituti sono espressione di un ordinamento, compatibile con altri ritmi di vita, con altre regole sociali, con altre tendenze dei rapporti umani. L'attuale scuola è lo specchio di una società che da qualche anno non esiste più.
Alla radice del disagio scolastico, che deborda in degrado, che impotente convive con le espressioni piu turpi di volgarità e talvolta di violenza, si trova questa insanabile contraddizione tra quotidianità e scuola, bisogni vitali della società e organizzazione scolastica.
La scuola italiana ancora oggi è fisicamente preordinata alla sola attività didattica delle lezioni. In molte scuole non si può fare nemmeno l'educazione fisica ( se non l'avranno abolita..) per mancanza di palestre; non si fa decentemente ricreazione per mancanza di cortili; sono entrati i laboratori, ma non ancora la didattica laboratoriale.
Se funzionasse, ma non è così, essa sarebbe funzionale solo ai compiti di istruzione, alla formazione intellettuale; oggi tutto questo, per quanto importante possa essere, non basta. I giovani in questo particolare momento della società hanno bisogno d'altro o meglio hanno bisogno di qualcosa di più. Hanno bisogno di cura della persona, dell'attenzione a tutti gli aspetti non intellettuali della loro formazione (sensibilità/affettività/disciplina/valori).
Queste nostre scuole piene di discipline, di ore di lezioni, di compiti pomeridiani, di progetti, ma privi di spazi e di momenti di convivialità cominciano a fare danni. L'adeguamento dei curricoli, che maniacalmente si sbandiera ad ogni cambio di governo, deve andare di pari passo con la trasformazione radicale degli spazi e del tempo scuola, se vuole raggiungere i risultati che si propone.
Ma non basta. Le sorti dell'innovazione e dell'efficacia del servizio scolastico sono nelle mani degli insegnanti, mai così maltrattati e mai così poco difesi ed apprezzati dalle famiglie, dall'opinione pubblica e dall'amministrazione. Con un esercito smisurato di sottoproletari della cultura è già tanto se la scuola si tiene in piedi.
Ristabilito, come il buon senso richiede e come si fa in altre nazioni, il decoro sociale dello status degli insegnanti, perchè devono poter svolgere il proprio lavoro senza imbarazzo e senza umiliazioni, bisognerebbe fare una rivoluzione professionale per cambiare un mestiere ritagliato per altri compiti o meglio solo per alcuni compiti. L'insegnante deve poter sapere non solo che cosa insegnare e come,ma anche e soprattutto chi sono i suoi allievi, in che genere di ambiente e di famiglia vivono, in che genere di società loro stessi e gli alunni vivono. Ci vuole più cultura pedagogica, più cultura istituzionale, più cultura sociologica, più cultura psicologica..
La società italiana, costi quel che costi, deve cominciare ad invertitre la rotta, a fare gli investimenti necessari per avere una scuola diversa: scuola aperta dalla mattina alla sera, scuola con spazi, scuole con mense, scuole con convitto, scuole con più e diversi operatori; scuole con più libertà, scuole con più risorse; scuole integrate nel territorio. I discorsi sulla scuola che sorvolano su questi nodi sono inutili esercizi retorici di propaganda.
Non si può continuare a pagare i ritardi, le miserie politiche, i settarismi ideologici e professionali che hanno riempito la vita quotidiana delle nostre scuole e dei nostri giovani e l'hanno impoverita.

prof. Raimondo Giunta





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